Caffè lungo – La guerra che oggi va avanti in Ucraina non deve essere vista come un conflitto a se stante. Le sue implicazioni geopolitiche influenzano un altro possibile conflitto che potrebbe scaturire nell’immediato futuro, ovvero un eventuale assalto a Taiwan da parte della Cina.
UN ‘NUOVO’ GRANDE TIMONIERE
Negli anni i leader di Taiwan hanno avuto visioni e opinioni diverse su come approcciarsi alla Cina continentale. L’attuale Presidente Tsai Ing-wen, prima donna a ricoprire tale ruolo, nel discorso inaugurale delle celebrazioni per l’anniversario dei 110 anni anni della fondazione della Repubblica di Cina ha rimarcato come Taiwan abbia dovuto resistere fermamente alle pretese di annessione della Cina e che la volontà del popolo in merito all’indipendenza dell’isola dovrebbe essere rispettata fino in fondo.
Dal lato cinese, nell’ultimo Congresso nazionale del partito, Xi Jinping ha ribadito la necessità di continuare sulla strada verso l’annessione di Taiwan, anche con l’uso della forza, e di attuare tutte le misure necessarie per ostacolare qualsiasi tipo di intervento esterno.
Gli anni in cui Pechino cercava una via di annessione pacifica per Taiwan attraverso il soft power sembrano ormai essere lontani.
Sebbene l’immagine internazionale che la Cina vuole continuare a dare di se stessa sia quella di un attore benevolo attento a non interferire nelle faccende degli altri Stati lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia le ha permesso di osservare la reazione della comunità internazionale e di fare eventuali previsioni su un possibile intervento armato per annettere l’isola, riconsiderando, se necessario, alcune delle sue strategie politiche.
Tuttavia il Presidente Xi ha ribadito più volte come l’annessione di Taiwan sia uno degli obiettivi fondamentali del Partito. Inoltre ciò gli consentirebbe di elevarsi al pari degli altri grandi leader del Partito e di ricevere il titolo di “timoniere” del popolo cinese.
Fig. 1 – La Presidente taiwanese Tsai Ing-wen durante una celebrazione pubblica nell’ottobre 2021
L’OCCHIO DI PECHINO
La Cina sa bene di essere osservata con attenzione da parte della comunità internazionale in merito alla questione Taiwan. Il Governo cinese non ha però desistito dal continuare con le “esercitazioni” militari intorno all’isola con un unisco scopo: mostrare che il proprio esercito è pronto per un’eventuale invasione.
Dopo le recenti proteste che hanno portato all’abbandono della politica Zero-Covid, Xi vuole continuare a dare un’immagine forte della propria presidenza e l’eventuale annessione di Taiwan potrebbe essere un modo per rinsaldare la leadership dopo la discutibile gestione della pandemia.
Nel clima di incertezza prodotto dalla guerra in Ucraina, tutto ciò rappresenta una grande scommessa per Xi: egli sa bene che in caso decidesse di invadere Taiwan dovrebbe puntare a “una guerra lampo”, sfruttando a proprio vantaggio la geografia dell’isola e tagliando tempestivamente le sue linee di rifornimento. Gli Stati Uniti e i loro alleati agirebbero come fatto in Ucraina, cioè fornendo supporto logistico e diplomatico a Taipei. Ma Taiwan verrebbe completamente annessa nel giro di poco tempo, con buona pace della comunità internazionale, che si troverebbe impossibilitata e non invogliata a intervenire, soprattutto per il rischio di una rapida escalation del conflitto.
Uno scenario differente si verificherebbe in caso in cui la Cina dovesse trovarsi a combattere una guerra di attrito, logorante e dispendiosa, come quella in atto in Ucraina.
Nonostante un’economia che sta facendo della parola resilienza il proprio dogma, una guerra combattuta anche su un piano economico a suon di sanzioni risulterebbe devastante per Pechino, oggi più che mai dopo il rallentamento della crescita del PIL provocato dalla pandemia.
Infine, c’è anche da considerare la possibilità che Putin possa perdere la guerra in Ucraina e l’appoggio dei propri oligarchi. Ciò rappresenterebbe un altro fattore importante per Xi in caso di guerra con Taiwan. Una sconfitta della Russia e un conseguente cambio di potere al vertice del Paese aprirebbe di fatto la porta a una maggiore presenza dell’Occidente e degli Stati Uniti in territorio asiatico. Xi Jinping si troverebbe a vedere seriamente minati gli sforzi per imporre un ordine sinocentrico nella regione. In caso di annessione forzata di Taiwan potrebbe quindi mancare l’appoggio, economico e diplomatico, di un partner importante come Mosca.
Fig. 2 – Una corvetta della Marina taiwanese impegnata in un’esercitazione, gennaio 2022
PREPARARSI AL PEGGIO: LA REAZIONE DI TAIWAN
Il conflitto russo-ucraino e le possibili mosse di Pechino non hanno lasciato impassibile la controparte taiwanese, che dall’inizio della guerra ha cercato legami ancora più stretti con l’Occidente, come testimoniano la visita di Nancy Pelosi ad agosto e quella di altre delegazioni statunitensi nei mesi successivi. I legami tra Taipei e Washington sono più coesi da un punto di vista diplomatico e da un punto di vista di acquisto di armamenti.
Ciò anche in risposta alle incursioni cinesi nello spazio aereo e marittimo dell’isola, che sono diventate più frequenti negli ultimi tempi. La risposta a queste “esercitazioni”, come le definisce Pechino, è stato l’aumento del budget per la Difesa, che per il 2023 si attesta intorno al 2,4% del PIL, ovvero più di 18 miliardi di dollari. Questo incremento è accompagnato da significativi acquisti di armi per un’ipotetica difesa dell’isola, tra cui un sistema radar di ultima generazione e missili antiaerei e antinave, forniti dagli Stati Uniti, fatto che ha provocato non poche tensioni nelle già fragili relazioni sino-statunitensi.
Taiwan spera di instaurare un dialogo ancora più concreto con gli altri Paesi asiatici vicini alla NATO e agli Stati Uniti, nella speranza che possa essere un valido deterrente contro una possibile invasione cinese. Resta da osservare come si evolverà la guerra in Ucraina, per meglio prevedere e interpretare i prossimi passi di Xi.
Antonio Giudice
“五月二十日 中華民國第十四任總統、副總統就職慶祝典禮” by Taiwan Presidential Office is licensed under CC BY