Analisi – Il 16 settembre le giunte golpiste di Burkina Faso, Mali e Niger hanno firmato la Carta del Liptako-Gourma, che istituisce l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES). L’obiettivo è quello di stabilire un’architettura di difesa collettiva e di assistenza reciproca contro le sfide comuni. Un segnale della frammentazione delle alleanze sugli obiettivi di sicurezza nella regione.
UNA NUOVA ALLEANZA PER LA SICUREZZA
Il 16 settembre Burkina Faso, Mali e Niger hanno stretto un accordo firmando la Carta del Liptako-Gourma nell’omonima regione chiamata “zona delle tre frontiere”, ovvero uno degli epicentri dei problemi securitari dei tre Paesi. Tale accordo all’articolo 1 istituisce l’Alleanza degli Stati del Sahel e stabilisce un’architettura di difesa collettiva e di mutua assistenza (art.2). Già il nome indica una proiezione ampia e sottolinea la volontà di estendere potenzialmente la partecipazione a quegli Stati che ne abbracceranno le finalità. Il Presidente della giunta militare al potere in Mali, ha annunciato la firma sul suo profilo X (ex Twitter) citando l’importanza dell’accordo per la sicurezza e il benessere dei popoli dei Paesi firmatari. L’alleanza potrebbe cambiare i rapporti di forza nella regione, compattando Paesi dalle problematiche diverse ma che presentano vulnerabilità simili, e fornendo un’alternativa all’influenza di ECOWAS e delle potenze euroatlantiche.
COSA PREVEDE LA CARTA
La Carta del Liptako-Gourma si sviluppa su 17 punti e si focalizza principalmente sull’assistenza reciproca, il ripristino della sicurezza e la prevenzione delle ribellioni. L’articolo 4 stabilisce che gli Stati membri “si impegnano a lottare contro il terrorismo in tutte le sue forme e contro la criminalità organizzata nello spazio comune dell’Alleanza” mentre l’articolo 5 annunci che i membri si adopereranno per prevenire, gestire e risolvere qualsiasi ribellione armata o altra minaccia all’integrità territoriale e alla sovranità di ciascuno dei Paesi dell’Alleanza, dando priorità ai mezzi pacifici e diplomatici ma anche con l’uso della forza. In base all’articolo 6, che è simile all’articolo 5 della NATO, “qualsiasi attacco alla sovranità e all’integrità territoriale di una o più parti contraenti sarà considerato un’aggressione contro le altre parti”. L’articolo 8 invece annuncia l’impegno a non ricorrere “alla minaccia, all’uso della forza o all’aggressione, contro l’integrità territoriale o l’indipendenza di uno degli Stati membri; a non mettere in atto blocchi navali, autostradali, marittimi o delle infrastrutture strategiche attraverso le forze armate; a non perpetrare attacchi o aggressione contro un altro Stato membro o a Stati terzi, a partire dal territorio messo a disposizione da uno degli Stati firmatari”. Un’alleanza contraria non solo all’intervento di Paesi esterni nei territori di Stati sovrani ma anche verso tattiche di guerra economica come le sanzioni, che però prevede l’intervento nei territori reciproci per combattere le insurrezioni. L’articolo 10 della Carta specifica che il finanziamento dell’Alleanza degli Stati del Sahel sarà fornito principalmente dai tre paesi firmatari e l’articolo 11 apre all’ingresso di altri membri.
Fig. 1 – L’indice misura annualmente le capacità militari dei singoli Paesi. Un punteggio di 0.0000 è considerato “perfetto”. Solo la Nigeria è al di sotto dell’1 (con un punteggio di 0.5587, quarta nel continente africano Egitto, Algeria, e Sud Africa). Per Capo Verde, Guinea, Guinea-Bissau e Togo i dati non sono disponibili. Fonte: Global Firepower Index
GLI OBIETTIVI DELL’ALLEANZA DEI GOLPISTI
“Questa alleanza sarà una combinazione di sforzi militari ed economici tra i tre paesi”, ha detto ai giornalisti il ministro degli Esteri del Mali Abdoulaye Diop. “La nostra priorità è la lotta contro il terrorismo nei tre Paesi”. Se pure non è certo che le Forze Armate dei tre Paesi membri di questa nuova alleanza tripartita seguiranno effettivamente la fornitura reciproca di supporto, la sua formalizzazione ne approfondisce il legame politico e securitario, di coordinamento nella lotta contro le insurrezioni, principale preoccupazione delle parti contraenti. L’Alleanza presenta quindi una triplice funzione, che in ordine di priorità sono: coordinare gli sforzi contro i movimenti insurrezionali; indebolire il peso politico-diplomatico dei vicini della Comunità Economica dell’Africa Occidentale (Ecowas) e contrastare le influenze occidentali nella regione. La giunta golpista del Mali sta vivendo una ripresa delle ostilità, dopo l’inizio del ritiro della missione di peacekeeping MINUSMA a fine agosto, con gli indipendentisti tuareg (o kel tamasheq) del Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad (CMA) che avanzano al nord contro le Forze Armate e il gruppo Wagner. Questa sembra al momento la principale preoccupazione di Bamako. Ma anche la penetrazione delle formazioni islamiste come Jamaat Nusrat al-Islam wal Muslimin (JNIM) e lo Stato islamico nel Sahel (IS Sahel) è costante, nonostante questi siano mossi da rivalità reciproche. Questi gruppi hanno oggi sostanziale libertà di movimento grazie alla fine della missione di peacekeeping e della presenza francese, soprattutto nel Liptako-Gourma, dove l’accordo è stato simbolicamente firmato.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Combattenti del Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad (CMA) pattugliano la città durante il Congresso per la fusione dei movimenti a Kidal, il 28 agosto 2022
FRAMMENTAZIONE E RICERCA DI SOVRANITÀ
Dopo il fallimento dell’alleanza militare G5 Sahel (composta dai Paesi parte della nuova alleanza con Mauritania e Ciad e sponsorizzata dalla Francia) questo ennesimo accordo, definito “la Nato del Sahel”, presenta molteplici incognite relative alla sua efficacia, soprattutto a causa della debolezza militare dei Paesi membri. Tuttavia, la firma può essere al momento considerata un successo sia diplomatico che interno per i golpisti. Dopo aver capitalizzato la percezione della corruzione e dell’impunità dei governi appoggiati dei Paesi europei, ora le giunte mettono a segno un accordo regionale reciproco e paritario per la sicurezza che rimarca gli obiettivi comuni. Ma senza un impegno sulle cause dell’instabilità, l’aumento della militarizzazione porterà solo scontri violenti più frequenti e a nuovi crimini di guerra lasciati impuniti, che stimoleranno il reclutamento di separatisti e jihadisti. Il tempo dirà se quello che afferma l’art. 3 della Carta, che esorta l’istituzione di organismi e meccanismi di funzionamento dell’Alleanza, sarà all’altezza del compito. Una risposta ci sarà al momento dell’esito di un intervento di uno dei contraenti a fianco o all’interno di un Paese alleato. Un banco di prova potrebbe già essere quello degli indipendentisti tuareg in Mali, scontro più caldo rispetto al confronto tra Ecowas e giunta golpista nigerina – che ha visto la mobilitazione del Burkina Faso. Ma, se ci fosse, l’intervento di Niamey in supporto di Bamako potrebbe verosimilmente acuire i problemi di sicurezza nel nord del Niger, dove altre popolazioni tuareg sono alla ricerca di maggiore autonomia.
Daniele Molteni