In 3 sorsi – Dodici anni dopo il disastro di Fukushima, Tokyo rilascia le acque trattate nell’Oceano Pacifico allarmando i Paesi vicini. Il tema caldo è la sicurezza ecologica dell’operazione.
1. UN TRAGICO BACKGROUND
L’11 marzo 2011 il Giappone è stato il teatro di una triplice catastrofe. In quel giorno la centrale nucleare di Fukushima Daiichi venne fortemente danneggiata da due cataclismi. Dapprima un terremoto di magnitudo 9.1, successivamente uno tsunami si abbatterono sulla stessa porzione di costa giapponese, causando la distruzione dell’infrastruttura. Come documentato dal report dell’epoca dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), nonostante gli sforzi disperati degli addetti ai lavori per mantenere stabile la temperatura dei reattori, non si riuscì a prevenire la fusione del nocciolo di tre fra i principali reattori, generando esplosioni radioattive incontrollate. Le conseguenze furono tragiche. Oltre alle migliaia di vittime e dispersi, la questione relativa alla contaminazione idrica delle acque circostanti diventò il cuore delle successive battaglie sulla sicurezza ambientale legata alla catastrofe, generando un vero e proprio dibattito internazionale.
Fig. 1 – Il Primo Ministro Fumio Kishida conferma a giovedì 24 agosto 2023 l’inizio dello sversamento
2. TENSIONI REGIONALI
Nel 2021, il Primo Ministro nipponico (PM) Yoshihide Suga ha comunicato il rilascio di 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva trattata nell’Oceano Pacifico a partire dal 2023 per esigenze legate alla scarsità di spazio di stoccaggio. L’annuncio ha suscitato tensioni tra il Giappone e i suoi vicini, attirando l’attenzione anche di altri attori internazionali. In primis la Corea del Sud, ma anche l’organizzazione Greenpeace e alcuni esperti ONU responsabili del caso. Il 24 agosto 2023, Tokyo ha dato ufficialmente il via al rilascio delle acque trattate, un’operazione supervisionata dalla Tokyo Electric Power Co. (TEPCO) che proseguirà gradualmente nei prossimi trent’anni circa. Come due anni prima, le reazioni non si sono fatte attendere. Su tutte quelle della Cina, che ha definito la decisione come “egoista e irresponsabile” per mezzo di una nota del Ministero degli Esteri. Pechino ha anche avviato un boicottaggio del pesce da 10 prefetture nipponiche e sta attualmente incitando altri Paesi a voltare le spalle al Giappone. Più cauto il Primo Ministro sudcoreano Han Duck-soo, il quale, a dispetto di una movimentata reazione della società civile, ha richiesto trasparenza sui dati che TEPCO pubblicherà durante tutta la lunga operazione di rilascio.
Fig. 2 – Il Direttore Generale della AIEA Rafael Mariano Grossi ha considerato sicura l’operazione
3. CONSEGUENZE AMBIENTALI
Allargando lo sguardo oltre le discussioni tra Paesi viziate dagli allineamenti geopolitici, la questione centrale ruota attorno alla sicurezza in termini ecologici dello scarico delle acque trattate nell’Oceano Pacifico. Per questo l’AIEA ha organizzato una task force di esperti provenienti da undici Paesi differenti, tra cui Cina e Corea del Sud, con lo scopo di monitorare tutto il processo di rilascio, invitando TEPCO ad agire in caso di anomalie. La rigorosa procedura denominata ALPS (Sistema avanzato di trattamento dei liquidi) è stata certificata dagli esperti come sicura poiché minimizza la concentrazione di trizio, isotopo radioattivo dell’idrogeno, in una quantità becquerel/litro ben sotto la soglia critica definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità . Tuttavia la comunità scientifica è preoccupata sull’impatto nel lungo periodo, temendo “effetti negativi diretti su piante e animali”, oltre a denunciare una “incapacità del Governo giapponese di monitorare ciò che accade negli organismi marini”. Per gli esseri umani, tuttavia, gli effetti sono trascurabili. In ogni caso, lo sversamento dell’acqua di Fukushima rimarrà un tema caldo che continuerà a caratterizzare il dibattito globale sul nucleare.
Lorenzo Avesani
“Japan Apocalypse _DDC3522” by Abode of Chaos is licensed under CC BY