Editoriale Caffè Americano – Donald Trump ha avuto l’istante più fortunato della sua vita, in un clima USA infiammato, ma non nuovo, al quale si aggiungono persone, non solo locali, che saprebbero il movente dell’attentatore prima dell’FBI.
Non usiamo giri di parole. Il clima negli Stati Uniti è pessimo. Il Paese che si è sempre considerato la guida delle democrazie occidentali vive un momento di profonda crisi d’identità e di democrazia. Quest’ultima non è intesa, come molti provano a far credere, come “andare a votare”, ma comprende anche quelle regole basilari di convivenza civile e politica che implicano come prima cosa il concetto che l’altro schieramento non è il nemico, ma semplicemente avversario. Non è una problematica recente, gli USA sono stati da sempre terreno di violenza a scopo politico. Se ci pensate, l’assetto attuale della Federazione, l’abolizione della schiavitù e tanto altro sono il frutto di una Guerra Civile (che vide poi l’assassinio del Presidente che l’aveva vinta, Lincoln, tanto per cambiare). Più recentemente, vi ricordate cosa è successo il 6 gennaio 2021 a Washington DC? Al tutto va poi aggiunta la facilità con cui si può reperire legalmente un’arma nel Paese, anche un fucile d’assalto. Il tiratore che ha colpito Trump e ucciso uno spettatore del comizio aveva un fucile d’assalto AR-15 acquistato legalmente da suo padre. Un po’ è ironico, visto che proprio il Partito Repubblicano si è fatto promotore per anni del diritto ad avere un’arma quasi senza se e senza ma. Per non parlare delle recenti decisioni della Corte Suprema, a maggioranza conservatrice, che sostengono un ampio margine di libertà nel campo del possesso delle armi da fuoco.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Trump alza il pugno dopo essere stato colpito di striscio all’orecchio mentre la scorta lo porta via dal palco
Prima di andare avanti è necessario chiarire un punto: è altamente improbabile che l’attentato sia una messa in scena di Trump e del suo staff. Al momento non ne avrebbe il motivo. È avanti in tutti i sondaggi degli stati chiave, la Corte Suprema gli ha garantito una larga immunità che si ripercuoterà su tutti i processi a suo carico e il suo avversario è in un momento decisamente “no”, dopo la pessima prestazione al dibattito televisivo. Si può tranquillamente dire che questo sia stato l’istante più fortunato della vita di Trump, che è riuscito anche a capitalizzare, per intuizione o istinto, alzandosi e mostrando il pugno alla folla, simbolo di forza e di mascolinità, uno dei messaggi chiave che cerca di trasmettere in ogni occasione. Anche l’intera macchina mediatica e comunicativa che ruota intorno a Trump è appunto già in azione per appaiare l’immagine di martire politico, già largamente usata nella dialettica trumpiana, con quella dell’inarrestabile combattente. L’uso di questa retorica che richiama esplicitamente alla lotta, ricordiamo nient’affatto una novità nel linguaggio di Trump, a seguito di un evento così significativo non sembra quindi uno degli auspici migliori per sperare in una distensione di questo clima sociale in tumulto.
Pertanto, accusare i democratici quando l’FBI non ha ancora concluso le indagini sull’attentatore e sulle sue motivazioni, è speculazione politica. Come tra l’altro sta avvenendo anche in Italia, dove un politico molto famoso, Ministro e vicepresidente del Consiglio ci si è buttato subito. Lee Harvey Oswald, l’uomo che uccise John Fitzgerald Kennedy, non era mosso da alcun movente politico vero, ma da una semplice mania di protagonismo data da una vita che lui considerava insoddisfacente. E, tra l’altro, il sospettato dell’attentato a Trump è registrato come elettore repubblicano attivo. Vuol dire qualcosa? Ovviamente no, ma solo questo dovrebbe instillare cautela prima di accusare i democratici.
“Eh ma loro con la retorica del Trump dittatore infiammano gli animi”… se si guarda ai piani politici per un eventuale secondo mandato, l’ex Presidente non fa mistero di voler usare il Dipartimento di Giustizia per perseguire i propri avversari, di usare l’Esercito con funzioni interne, di licenziare funzionari pubblici che non hanno superato un test di lealtà. Non sappiamo se questo porterebbe a una dittatura, ma non sarebbe certo un fulgido esempio di democrazia. Poi, sin da prima di lanciarsi in politica, Trump è sempre stata una persona pronta alla provocazione e all’infiammazione degli animi. Degli eventi del 6 gennaio 2021, per fare l’esempio più clamoroso, la colpa quantomeno morale è sua.
Emiliano Battisti, Daria Vernon De Mars
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