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Burkina Faso: mobilitazione generale e violenza – Speciale Sahel

Special SahelIl 30 settembre 2022 l’ennesimo colpo di Stato ha travolto il Burkina Faso; la violenza nel Paese tra insorti e militari è aumentata, coinvolgendo sempre più civili. Mentre a Ouagadougou vengono ridisegnate le relazioni internazionali, l’assenza di una strategia di riconciliazione allontana la transizione democratica.

L’articolo è parte di uno speciale sul Sahel a cura del desk Africa subsahariana.

1. IL PAESE DEI GOLPE

Il 30 settembre 2022 un colpo di Stato in Burkina Faso ha deposto il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, sospeso la costituzione ed esautorato il governo instauratosi con il golpe del 23 gennaio dello stesso anno. Al suo posto il controllo del Paese è passato ai militari guidati dal capitano Ibrahim Traoré, esponente come Damiba del Mouvement patriotique pour la sauvegarde et la restauration (MPSR) d’ispirazione sankarista e capo di Stato più giovane al mondo con i suoi 35 anni. Le motivazioni sarebbero legate a disaccordi sull’approccio verso l’estremismo violento, alla decisione di Damiba di continuare la cooperazione con la Francia e all’opposta volontà di Traoré di diversificare le alleanze politiche e militari in favore di un avvicinamento alla Russia. Tutti segnali di un allontanamento del Paese dalle influenze euroatlantiche.

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Fig. 1 – L’escalation di violenza in Burkina Faso

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Fig. 2 – Le vittime civili della violenza in Burkina Faso

2. LA MOBILITAZIONE COME STRATEGIA

In Burkina Faso il conflitto tra Governo e insurrezione jihadista, diffusasi nel Paese a partire dal 2016, ha provocato la morte di migliaia di civili e costretto circa due milioni di persone su quasi 23 milioni di abitanti ad abbandonare le proprie abitazioni. La situazione securitaria continua ad essere problematica e il supporto della popolazione per la giunta militare vacilla. Tra le principali criticità troviamo il mancato rispetto del programma di transizione, i malumori per la coscrizione forzata di parte della popolazione all’interno delle milizie di autodifesa, Volontaires pour la défense de la patrie (VDP), e le ambiguità relative al grave episodio nella cittadina di Karma, dove sono stati uccisi almeno 156 civili da un gruppo di militari che Traoré ha affermato, senza prove, essere jihadisti con equipaggiamento dell’esercito. Le voci sulla presenza del gruppo Wagner nel Paese si intensificano e continua la propaganda antioccidentale della giunta, mentre a maggio anche il Governo italiano ha annunciato una nuova missione bilaterale di supporto a Ouagadougou, coerentemente con la strategia di esternalizzazione delle frontiere europee.

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Fig. 3 – La violenza politica dopo il secondo colpo di Stato in Burkina Faso

3. NESSUNA PACE SENZA RICONCILIAZIONE

Il ritiro di Parigi e l’avvicinamento a Mosca stanno portando il Burkina Faso a un esito politico simile a quello del Mali. Come Bamako, anche Ouagadougou manifesta la tendenza ad accettare solo un grado limitato di ingerenza estera negli affari nazionali, con aiuti militari senza condizioni umanitarie. Ovvero quanto offre la Russia, emersa come partner strategico significativo e apertamente ringraziata al recente Summit di San Pietroburgo per le forniture di grano promesse. Sul piano regionale il colpo di Stato in Niger ha acuito le divergenze all’interno dell’ECOWAS, dove da un lato vediamo alcuni Stati pronti a intervenire militarmente – ma intimati a non farlo dall’Unione Africana – e, dall’altro, i golpisti di Mali, Burkina Faso e Guinea che hanno espresso congiuntamente il loro supporto agli omologhi di Niamey guidati dal generale Abdourahamane Tiani. Dal punto di vista delle forze armate burkinabé va sottolineata una maggiore fragilità rispetto alle controparti maliane, evidenziata dalle divisioni interne e dal rango inferiore del leader dei golpisti e capitano Traoré rispetto al colonnello Assimi Goita. Quanto all’aspetto securitario interno, se la precedente giunta Damiba aveva considerato l’ipotesi di un dialogo con gli insorti, Traoré sembra maggiormente concentrato sull’approccio militare e  sul concetto di difesa popolare, come dimostrato dalla mobilitazione generale annunciata a metà aprile e dal prolungamento dello stato di emergenza in diverse province per riconquistare territori. La spinta autoritaria e l’assenza di una vera strategia di riconciliazione rendono probabile l’ampliamento delle linee di faglia (di potere, religiose, etniche, ed economiche) che alimentano il conflitto interno e regionale e allontanano la transizione a un governo civile prevista per il 2024.

Daniele Molteni

Gli articoli dello speciale sul Sahel a cura del desk Africa subsahariana:

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Il Burkina Faso ha visto succedersi due colpi di Stato nel corso del 2022, motivati dalle difficoltà di contrasto all’insurrezione armata jihadista.
  • Il Governo di transizione del capitano Ibrahim Traoré ha sospeso la costituzione e adottato un approccio militare di mobilitazione generale, mentre la spirale di violenza continua.
  • Tra nuove alleanze e militarizzazione, la transizione democratica prevista per il 2024 sembra un orizzonte lontano.

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Daniele Molteni
Daniele Molteni

Nato in provincia di Como, ha conseguito la laurea triennale in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee e quella magistrale in Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano, con tesi relative alla Responsibility to Protect e al terrorismo internazionale. Le sue aree di interesse sono Africa e Medio Oriente, con un particolare focus su questioni legate a sicurezza e rule of law. Dal 2018 è redattore di La Beula, rivista culturale indipendente della Brianza comasca, e in passato ha scritto per alcune Onlus specializzate in politica internazionale e diritti umani. È appassionato di cinema d’autore e libri, principalmente saggistica e reportage.

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