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Condanna a Marine Le Pen: cosa cambia per la Francia e per l’Europa

Analisi – La condanna di Marine Le Pen apre una frattura nella politica francese che va oltre il Rassemblement National: rivela l’incapacità del sistema istituzionale di produrre stabilità, rigenerare leadership e arginare la polarizzazione dentro e fuori l’Europa.

IL VOLTO GIUDIZIARIO DELLA CRISI FRANCESE

Il 31 marzo 2025 il Tribunale di Parigi ha condannato Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese e figura centrale della politica europea, a quattro anni di reclusione (due senza condizionale), 100mila euro di multa e cinque anni di ineleggibilità, con effetto immediatamente esecutivo. L’accusa riguarda l’uso improprio di fondi pubblici del Parlamento Europeo, per circa 3 milioni di euro, con cui avrebbe finanziato attività del partito allora noto come Front National, oggi Rassemblement National (RN). In particolare, tra il 2004 e il 2016, diversi assistenti parlamentari – tra cui la storica collaboratrice Catherine Griset – risultavano retribuiti con fondi UE, pur lavorando esclusivamente per il partito in Francia: in un anno, Griset avrebbe trascorso appena 740 minuti al Parlamento europeo. Già nel 2023, Le Pen era stata condannata in sede amministrativa e obbligata a restituire 300mila euro, ma la sentenza penale rappresenta un salto di qualità nell’escalation giudiziaria.
Il processo è frutto di un’inchiesta avviata oltre dieci anni fa, innescata da rapporti giornalistici e indagini dell’OLAF, l’organismo antifrode dell’UE. La Procura finanziaria francese ha contestato al RN un vero e proprio sistema parallelo di finanziamento per risollevare i conti del partito – allora in grave crisi economica – approfittando dell’aumento dei seggi conquistati a Strasburgo (da 3 a 23 tra 2009 e 2014). Per presentarsi alle presidenziali del 2027, Le Pen dovrebbe concludere sia l’appello che l’eventuale ricorso in Cassazione entro metà 2026: scenario tecnicamente possibile, ma politicamente improbabile.

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Fig. 1 – Marine Le Pen e Louis Alliot, in qualità di Presidente e vicepresidente dell’allora Front National (FN), durante una sessione di voto al Parlamento europeo, nel contesto delle indagini avviate per presunte irregolarità sui fondi destinati agli assistenti parlamentari. Strasburgo, 10 marzo 2015

RN: FERMEZZA IDEOLOGICA, INCERTEZZA POLITICA, ECO GLOBALE

La sentenza mira dritto al cuore dell’intenzione decennale di Le Pen: estirpare le radici estremiste del partito fondato dal padre in un’ottica di de-radicalizzazione, perseguendo la rispettabilità formale e l’adattamento al linguaggio delle Istituzioni – la cosiddetta “strategia della cravatta”. La débâcle reputazionale è anche un colpo al tentativo di normalizzazione istituzionale dell’estrema destra, oltre a prestare il fianco a rimostranze anti-sistema. Infatti, le reazioni della leader e degli altri esponenti di spicco del partito, immediatamente successive alla lettura del verdetto, si sono risolte in un “lancio della cravatta”: si è gridato alla “decisione politica” che viola lo Stato di diritto, ai “giudici rossi”, alla “bomba atomica” usata contro un partito prossimo al potere. Salvo poi convocare a Parigi una manifestazione – quella del 6 aprile – con posizioni critiche, ma non di certo eversive. È lecito a questo punto chiedersi se il “marinisme” sia, come lo definisce Jean-Philippe Tanguy – deputato RN all’Assemblée nationale – un andirivieni tra strategia della cravatta e populismo, o un edulcorante per un atteggiamento che rimane in sostanza ascrivibile al “lepenismo”.

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Fig. 2 Jordan Bardella durante il suo intervento sul palco in occasione di un comizio a sostegno di Marine Le Pen, condannata per uno scandalo di impieghi fittizi al Parlamento europeo. Parigi, 6 aprile 2025

La condanna ha aperto una crepa profonda nella catena di comando del partito. La figura emergente è Jordan Bardella, giovane presidente del RN e favorito per la candidatura nel 2027. Tuttavia, la sua leadership – pur in crescita e sostenuta dal 60% degli elettori del RN che hanno recentemente dichiarato di preferirlo a Le Pen – poggia ancora sull’investitura della leader storica. In un partito strutturalmente personalistico e costruito come un’eredità familiare, il rischio di frammentazione è alto: l’assenza definitiva di Le Pen potrebbe innescare una competizione interna, con l’eventuale ritorno in campo di Marion Maréchal (nipote di Le Pen) e altri pretendenti. D’altro canto, una candidatura Le Pen sospesa fino all’estate 2026 sarebbe altrettanto destabilizzante: lascerebbe il partito senza margine temporale per preparare un’alternativa competitiva all’Eliseo.
Le onde d’urto non si fermano ai confini francesi. La condanna è stata accolta con solidarietà dai principali attori del populismo transnazionale: da Orbán a Salvini, da Wilders a Trump Jr., fino alla Russia di Putin, tramite il portavoce Dmitry Peskov. La sentenza viene descritta come una “violazione della democrazia” e una prova che l’establishment usa la giustizia per eliminare l’opposizione. Il parallelo con le vicende giudiziarie di Trump è immediato. Per l’internazionale populista, le élite “transnazionali” non sono altro che una forza repressiva travestita da democrazia. Ogni condanna, ogni esclusione, rafforza la narrativa che il sistema è irriformabile – e nemico del popolo.

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Fig. 3 Sostenitore del Rassemblement National (RN) con un cartello “Je suis Marine” durante il raduno a favore di Marine Le Pen, dopo la sua condanna per impiego fittizio presso il Parlamento europeo. Parigi, 6 aprile 2025

UN TERREMOTO EUROPEO

L’impatto interno è profondo. Il RN è oggi il partito più votato di Francia: nel secondo turno delle legislative 2024 ha ottenuto il 37% dei consensi, ma è stato escluso dal potere grazie a un’inedita convergenza delle forze centriste e di sinistra. La condanna rafforza l’idea che il sistema sia “truccato” e potrebbe spingere parte dell’elettorato verso la radicalizzazione. In questo quadro, la tenuta del Governo appare più come un riflesso di paralisi generale che di stabilità. Il Primo Ministro François Bayrou, politicamente indebolito e coinvolto in un’inchiesta simile per l’uso di fondi europei (scagionato l’anno scorso “con il beneficio del dubbio”), ha espresso preoccupazione per le possibili reazioni dell’opinione pubblica. Paradossalmente, l’uscita di scena di Le Pen finisce per rafforzarlo: con il RN privo della sua guida, è difficile immaginare che l’opposizione chieda elezioni anticipate.
Ma questo equilibrio è apparente. La macchina dello Stato si muove per inerzia, mentre le Istituzioni faticano a costruire una narrativa coerente. Emmanuel Macron, che negli ultimi mesi ha rilanciato il proprio profilo internazionale, ha scelto il silenzio prudente, limitandosi a ribadire il rispetto per le sentenze. Dietro la cautela, però, affiora un timore più profondo: che si radichi nell’opinione pubblica l’idea di un’estromissione “pilotata” della candidata favorita, aprendo la strada a una campagna 2027 giocata sul mito dell’elezione rubata.
A livello europeo, la sentenza cade in un momento delicatissimo per la tenuta della democrazia liberale. Il caso Le Pen si somma ad altri episodi – come l’invalidazione delle elezioni in Romania o la condanna del leader di opposizione in Turchia, Ekrem Imamoglu – che alimentano una narrazione trasversale secondo cui i sistemi democratici vengono manipolati dalle élite centriste. L’ex ministro delle Finanze greco di estrema sinistra, Yanis Varoufakis, ha equiparato la Francia alla Turchia, parlando di “ipocrisia dei liberali”. In questo contesto, anche partiti non direttamente legati all’estrema destra – come alcuni segmenti della sinistra radicale – potrebbero essere tentati da un allineamento tattico con le forze anti-sistema.
Questa deriva rappresenta un paradosso strategico per l’UE: da un lato è necessario difendere l’indipendenza della magistratura e la legalità nell’uso dei fondi pubblici, dall’altro si rischia di offrire carburante ai nemici della stessa costruzione europea. La risposta non può essere solo tecnica: serve una nuova legittimità politica, costruita su trasparenza, partecipazione e lotta alla disuguaglianza. Se la democrazia liberale si limita a essere procedurale, è destinata a essere divorata da una retorica populista che offre emozioni, identità e appartenenza. In gioco non c’è solo la candidatura di Le Pen, ma la sopravvivenza culturale e simbolica del progetto europeo.

Ginevra Dolce

Marine Le Pen, Leader of the French National Front” by theglobalpanorama is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Il 31 marzo 2025 Marine Le Pen è stata condannata in Francia a quattro anni di carcere, cinque di ineleggibilità e 100mila euro di multa per appropriazione indebita di fondi UE. La sentenza, immediatamente esecutiva, la esclude dalla corsa all’Eliseo del 2027.
  • La condanna non colpisce solo una leader: mette a nudo la crisi di rigenerazione del sistema politico francese e rafforza, su scala europea e globale, le retoriche populiste che denunciano la politicizzazione della giustizia e la debolezza della democrazia liberale.

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Ginevra Dolce
Ginevra Dolce

Ho una laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, con specialistica in European Studies e un Master di II livello in Geopolitica e Sicurezza Globale, gioco a Twilight Struggle e se interrogata su consigli di lettura rispondo “1984” di Orwell, ma ho anche dei difetti.

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