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Intervista al professor Yaroslav Hrytsak (II): l’identità ucraina e il suo futuro

Le interviste del CaffèNella seconda parte dell’intervista, con il professor Hrytsak abbiamo parlato della nazione ucraina, dell’UE e delle prospettive di pace: quale dopoguerra aspetta l’Ucraina?

La prima parte dell’intervista è disponibile qui.

Ho l’impressione che la guerra abbia creato la nazione ucraina…

Sì e no. Prima della guerra, la società ucraina era molto diversificata e c’erano innumerevoli lotte interne sulle questioni più diverse. C’era, però, sempre consenso su un elemento fondamentale: l’indipendenza dell’Ucraina. Le crisi permettono di vedere quello che prima c’era ma non si vedeva: tutti pensavano che l’Ucraina sarebbe crollata e si sarebbe dissolta appena cominciata l’aggressione russa. Invece l’Ucraina è ancora qui, più omogenea che mai. Questo vuol dire che esisteva anche prima del conflitto. Al momento, il più grande fattore omogeneizzante è proprio Putin. Con le sue bombe, ha cambiato drammaticamente le attutidini degli ucraini, a cominciare dagli abitanti di Kharkiv e di Odessa. Soprattutto a Kharkiv, che è vicina al fronte e subisce bombardamenti quotidiani. A Odessa è stata rimossa la statua di Caterina la Grande, cosa inimmaginabile prima del 2022, e ci sono discussioni sul diritto all’uso del russo non come lingua di Stato, ma come lingua utilizzata nei luoghi pubblici. La guerra è un catalizzatore di cambiamenti e, cosa molto importante, ci ha aperto le porte dell’integrazione europea.

Fig. 1 – Kharkiv dopo l’ennesimo bombardamento russo, settembre 2024 | Foto: Christian Eccher

Pensa che l’Ucraina possa essere una opportunità anche per l’UE?

Prima della guerra, l’Unione Europea non funzionava al meglio. C’era bisogno di una crisi per costringerla a scuotersi, a svegliarsi. Ed ecco la crisi: la guerra in Ucraina. Sono serviti però anni per arrivare a un cambiamento: c’era bisogno di qualcos’altro, e questo qualcos’altro era Trump: è lui ad aver causato un vero mutamento. L’Europa deve pensare alla propria sicurezza, adesso è da sola. C’è dell’ironia in tutto questo, perché nel continente europeo l’esercito più grande ed efficiente è proprio quello ucraino. In queste nuove circostanze, l’Ucraina sembra essere non più il problema, ma la soluzione.

Cosa ci si può aspettare dopo la fine della guerra in Ucraina?

L’Ucraina ha ottime chance, ma le chance non si realizzano automaticamente. Quando pensiamo all’Ucraina post-bellica, dobbiamo prendere in considerazione non solo la stanchezza degli ucraini a causa del lungo conflitto, ma anche il dramma della guerra, con tutte le forti e gravi implicazioni psicologiche che comporta per la popolazione.
In Ucraina c’è poi un fortissimo bisogno di giustizia. Non solo giustizia per via dell’aggressione russa, ma anche giustizia per quello che è accaduto durante la guerra: ci sono persone che hanno approfittato della situazione, per arricchirsi o per altri fini e la gente vuole giustizia, ma non è ancora stato possibile fare giustizia. La gente si aspetta giustizia dopo la guerra. Stiamo parlando di una situazione sociale esplosiva e delicata, che, se non risolta nell’immediato dopoguerra, potrebbe portare a conseguenze molto serie, come per esempio – nel peggiore dei casi – a una guerra civile. Dobbiamo darci da fare per evitare questo scenario. Che non si arrivi a una pace che porti alla paura della pace stessa. Noi di solito pensiamo che si può perdere una guerra, in realtà si può perdere anche la pace. E Putin lavora anche in questo senso, verso una pace che faccia litigare gli ucraini.

Fig. 2 – Odessa: al posto della statua di Caterina II di Russia ora sventola la bandiera ucraina | Foto: Christian Eccher

Nel Suo libro parla molto delle differenze che hanno caratterizzato la storia del popolo ucraino e portato a scontri e guerre civili. C’è il rischio che queste differenze possano riaffiorare dopo la guerra?

Le differenze ci sono, e sono soprattutto di carattere linguistico, ma sono minime. Direi che fra il popolo ucraino c’è molta più unità che differenze. L’unico vero, grande gap è quello fra la Chiesa ortodossa russa e le altre confessioni. Qualcosa di molto importante, quando parliamo di divisioni, sarà legata a chi ha combattuto e ha fatto qualcosa durante la guerra e chi no. Molte persone tornano dalla guerra in buone condizioni, hanno maturato un’ideologia nazionalista e hanno le armi…

Come è successo da noi nei Balcani…

Esatto. Quello che ci servirà per evitare possibili scontri è un Governo di unità nazionale, con il consenso più ampio possibile. Mi chiedo se Zelensky possa garantirlo…

Ho l’impressione che Zelensky sia un ottimo Presidente di guerra, ma non altrettanto efficace in tempi di pace, come Churchill…

Sì, Zelensky non potrà certo governare da solo. Ha un forte carattere e una spiccata personalità, ma dovrà scendere a compromessi. Una possibile soluzione è Zelensky Presidente e Zaluzhny premier. Ci sono comunque diverse possibilità sul tavolo e tutto dipenderà dalle circostanze. Di nuovo, l’Ucraina ha ottime chance di avere in futuro un ottimo Governo. Ci sono molti giovani competenti che potrebbero diventare ministri. Tutto sommato, anche se preoccupato per il futuro, sono ottimista. Ripeto, dobbiamo puntare su un élite di giovani politici, parlo dei quarantenni, al massimo dei cinquantenni. L’Ucraina ha chance di farcela, la guerra è anche un’opportunità. In più, il fattore generazionale è importantissimo e una nuova generazione sta lentamente prendendo il potere.

C’è uno storico, matematico e biologo che ha scritto di guerra e pace. Dovresti leggerlo, i suoi libri sono molto difficili perché contengono molte formule matematiche, ma dimostra che la guerra è anche un’opportunità, e che è tutto molto difficile per un paese durante la guerra, ma poi le cose migliorano, se si sopravvive ovviamente. Il suo nome è Peter Turchin. Con questo, voglio solo dire che l’Ucraina ha buone chance per il futuro.

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Fig. 3 – L’ex Presidente ucraino Petro Poroshenko scherza con Friedrich Merz durante l’ultimo Congresso del Partito Popolare Europeo a Valencia, 29 aprile 2025

Nel corso dei miei ultimi viaggi attraverso l’Ucraina, mi è capitato spesso di sentire, da persone delle più svariate età, questa frase: “Se nel 2019 avesse vinto Poroshenko al posto di Zelensky, la guerra non ci sarebbe stata”. È d’accordo con questa affermazione?

Non lo so. Davvero non so dire nulla a riguardo. Conosco personalmente Poroshenko, abbiamo lavorato insieme. Il 1° dicembre del 2013 ci fu un grande meeting a Kiev. Parliamo di Euromaidan: Maidan è stato un evento che ha cambiato tutti i giochi. Maidan ha permesso alle persone di vivere meglio e anche di comportarsi meglio. Quel giorno, vicino a via Bankov il Governo aveva organizzato provocazioni che avrebbero potuto causare la morte di parecchie persone. Lì è cominciata l’ascesa di Poroshenko, che con decisione è riuscito a evitare stragi. In quel momento io ho pensato: “Questo è il futuro Presidente!”. Poi, però, Poroshenko ha perso in popolarità, per cui non aveva più chance di guidare il Paese. Quindi non ha senso dire “Se avesse vinto Poroshenko”: semplicemente non poteva vincere. Poroshenko, però ha un quid in più rispetto a tutti gli altri politici, un aspetto che lo rende unico: è un eccellente negoziatore. È la persona ideale per parlare con Putin e lui stesso lo sa. In un Governo di unità nazionale, potrebbero esserci Zelensky Presidente e Poroshenko ministro degli Esteri. Ma è ancora tutto da vedere.

a cura di Christian Eccher

Family United for Ukraine” by Geoff Livingston is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Secondo il professor Hrytsak, l’Ucraina non è più un problema per l’UE, ma un’opportunità.
  • Zelensky non potrà continuare a governare da solo e ciò che di cui avrà bisogno l’Ucraina, non appena terminata la guerra, sarà un esecutivo di unità nazionale.

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Christian Eccher
Christian Eccher

Sono nato a Basilea nel 1977. Mi sono laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove ho anche conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sulla letteratura degli italiani dell’Istria e di Fiume, dal 1945 a oggi. Sono professore di Lingua e cultura italiana all’Università di Novi Sad, in Serbia, e nel tempo libero mi dedico al giornalismo. Mi occupo principalmente di geopoetica e i miei reportage sono raccolti nei libri “Vento di Terra – Miniature geopoetiche” ed “Esimdé”.

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