In 3 sorsi – Il lockdown adottato dalla maggior parte dei Paesi Europei ha colpito duramente il sistema scolastico. Ma i Governi si sono mostrati determinati nel riaprire le scuole, mettendo in atto un vero e proprio esperimento di convivenza col virus.
1. UNA RIAPERTURA COMPLICATA
Nonostante i contagi legati al coronavirus siano in rapido aumento in tutta Europa, le scuole hanno riaperto i battenti. Secondo alcune stime dello Human Rights Watch e dell’ONU, il lockdown ha avuto un forte impatto sul sistema scolastico europeo e il livello di istruzione di bambini e ragazzi, contribuendo in particolare ad acuire le disuguaglianze in termini di accesso a tale diritto fondamentale. Nei fatti, ben 1,6 miliardi di studenti in 190 Paesi sono stati colpiti dagli effetti negativi della necessaria chiusura totale. La riapertura delle scuole viene vista da molti come un gesto simbolico e di cruciale importanza, ma è stata accompagnata da molte difficoltĂ e polemiche, legate ai timori per il sorgere di possibili nuovi focolai e alle evidenti difficoltĂ organizzative dovute alla necessitĂ di garantire le minime misure di sicurezza.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una bambina segue una lezione in didattica a distanza
2. IL NUOVO ANNO SCOLASTICO IN FRANCIA, SPAGNA, GERMANIA
Uno dei primi Paesi a tentare di avviare la didattica in presenza è stata la Francia, dove bambini e ragazzi sono tornati in aula giĂ da metĂ maggio, con rigide misure a garanzia del distanziamento sociale. Ciononostante, giĂ una settimana dopo il riavvio delle lezioni, il Governo francese si è visto costretto a chiudere una settantina di plessi in cui si erano registrati casi di Ccovid-19. Ma la nazione non si è arresa, avviando il nuovo anno scolastico in presenza e riservandosi l’opzione di attivare modalitĂ di didattica a distanza qualora necessario. Il ritorno in classe, per gli studenti francesi, prevede l’obbligatorietĂ delle mascherine al di sopra degli undici anni, l’aerazione e sanificazione degli ambienti e ingressi a scaglioni. Misure simili sono state adottate in Spagna, dove la scuola riapre dopo piĂą di sei mesi. Nella penisola iberica, in particolare, vi è grande attenzione per l’igiene delle mani, che andranno lavate almeno cinque volte nell’arco di una giornata scolastica, e per la creazione di classi piĂą piccole, con un massimo di quindici alunni. La necessitĂ di procedere con gruppi classe piĂą esigui si è manifestata anche in Germania, dove si è deciso di creare piccole unitĂ di studenti, in modo da limitarne i contatti e le possibilitĂ di contagio. In caso di focolai sarĂ così possibile isolare le singole unitĂ senza dover necessariamente chiudere interi istituti scolastici. Sempre in Germania, la mascherina non è obbligatoria e la decisione di imporla è demandata ai singoli Länder.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Una lezione in presenza in Germania e le misure di sicurezza da mantenere in classe messe per iscritto dagli alunni
3. LA RIPRESA DELLE SCUOLE NEI PAESI SCANDINAVI
Gli approcci dei Paesi scandinavi si discostano da quelli dell’Europa continentale e mediterranea, seppur non in modo omogeneo. In Svezia le scuole non hanno sono state mai interrotte, e ciò all’interno di un approccio piĂą soft alla pandemia, in cui si è preferito non optare per una chiusura generalizzata. All’interno delle scuole svedesi le mascherine non sono obbligatorie e le misure di sicurezza sono a carico dei singoli istituti, che quindi hanno maggiore libertĂ decisionale. In Danimarca, invece, si sono scelte misure leggermente piĂą rigide, con la creazione di micro-classi, l’adozione di orari scaglionati per l’ingresso e l’uscita degli studenti e l’imposizione di una distanza di sicurezza di ben due metri, che rende superfluo l’uso delle mascherine. Nonostante le differenze, dunque, emerge in Europa la volontĂ di garantire la didattica in presenza il piĂą a lungo possibile, con nuovi investimenti in un campo spesso dimenticato dalle politiche economiche dei vari Stati.
Federica Barsoum
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