In 3 Sorsi – Nonostante le elezioni nigerine promettano una transizione democratica, non si arrestano le tensioni a seguito della proclamazione dei risultati ufficiali, con la vittoria di Mohamed Bazoum.
1. I RISULTATI DELLE ELEZIONI
Il primo turno delle elezioni generali in Niger si è svolto lo scorso 27 dicembre ed è stato seguito da un secondo turno, il 21 febbraio 2021, che ha portato alla vittoria di Mohamed Bazoum. Quest’ultimo, capo del Parti NigĂ©rien pour la DĂ©mocratie et le Socialisme (PNDS-Tarayya) e giĂ ministro degli Interni, nonchĂ© degli Affari Esteri, è il delfino del Presidente uscente e con il 55,75% dei voti si è aggiudicato la guida del Paese per i prossimi cinque anni. Il suo principale oppositore, Mahamane Ousmane, candidato per il Renouveau DĂ©mocratique et RĂ©publicain (RDR-Tchanji), aveva giĂ servito come Presidente dal 1993 al 1996 e ha ottenuto il 44,25%. A caratterizzare però parte del processo elettorale è stata la scelta del Presidente uscente Mahamadou Issoufou, il quale aveva infatti annunciato con largo anticipo che non si sarebbe ricandidato per un terzo mandato, rispettando così il termine dei due mandati previsti dalla Costituzione e andando in controtendenza con quanto recentemente accaduto in Guinea-Conakry o in Costa d’Avorio.Â
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il nuovo Presidente del Niger, Mohamed Bazoum
2. LESSONS LEARNED
Se da un lato le urne in Niger possono rappresentare un esempio verso una strada democratica più consolidata per l’intero continente, dall’altro, come spesso accade, non ci sono elezioni “perfette”. Non sono infatti mancati episodi di violenze durante l’intero processo, dubbi sui candidati esclusi per la corsa alla presidenza, proteste a seguito della proclamazione dei risultati e denunce da parte del partito di opposizione. Il tutto riconduce in linea generale a un malcontento che ha origini più profonde ed è da riscontrarsi nello scollamento tra quella che è la politica di un Paese, la dimensione sociale e gli interessi sovranazionali. A ciò nel caso specifico si aggiunge il fatto che, seppure una transizione ci sia stata, il popolo nigerino avrebbe forse voluto una scelta meno “guidata” a capo del Paese.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Proteste nella capitale Niamey dopo la proclamazione dei risultati elettorali il 23 febbraio
3. MULTIDIMENSIONALITĂ€ DI UN CONFLITTO
Le dimensioni politica, sociale e internazionale, quasi impossibili da separare, ma estremamente difficili da far convergere, sono da inquadrarsi in un contesto regionale alquanto complesso. Sa la transizione democratica è stata garantita, per quanto con una continuità politica, la necessità di mantenere la stabilità nel Paese a livello regionale rimane una priorità . L’insicurezza nella regione del Sahel, infatti, intensifica la necessità di coesione nel combattere le minacce terroristiche e quindi una politica interna per i Paesi dell’area che sia quanto più possibile stabile. A livello nazionale le tensioni sociali sono aggravate da un crescente numero di rifugiati dagli Stati limitrofi, in particolare Nigeria e Mali, in un Paese già affetto da una profonda crisi e che si colloca all’ultimo posto (189°) per Indice di Sviluppo Umano. Infine non si può non considerare come il Niger sia al centro dell’importante presenza militare occidentale nel Sahel, rendendolo quindi essenziale per le operazioni antiterrorismo nell’intera regione. In un sistema più ampio di interrelazioni tra Stati le elezioni in Niger potrebbero quindi essere viste come una scelta guidata, ma forse obbligata, oltre che confermare che nessuna elezione è a sé stante, ancor meno in questo caso.
Veronica Frasghini
N.d.A. – Le opinioni espresse nel presente documento sono quelle dell’autrice e non riflettono necessariamente le opinioni delle Nazioni Unite.
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