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L’agenda di Hezbollah nel conflitto siriano

In 3 sorsi –  A cinque mesi dalla conquista di Aleppo la formazione sciita libanese diventa sempre più un fattore determinante nell’intricato mosaico siriano. Gli uomini di Hassan Nasrallah, dopo aver dato un contributo di un certo peso a favore del fronte governativo, potrebbero adesso giocare un ruolo guida nel futuro della regione e mettere in difficoltà il presidente Bashar al Assad accrescendo il loro peso politico nel sud del Paese e oltre

1. DA DOVE ARRIVA IL PARTITO DI DIO – Hezbollah, che letteralmente significa “Partito di Dio”, nasce nel 1982 come risposta armata all’occupazione israeliana del Libano: fin dai suoi esordi il gruppo ha potuto contare sull’appoggio dell’Iran, e in particolare delle Guardie Rivoluzionarie, l’unità d’élite dell’esercito di Teheran che ha svolto un ruolo decisivo per l’addestramento dei militanti libanese. La data che segna l’esordio sulla scena internazionale del ‘Partito di Dio’ è il 1989 quando, con gli accordi di Taif, venne posta fine alla guerra civile libanese sancendo al contempo la presenza dell’esercito siriano nel Paese dei cedri. A Hezbollah, che poteva contare fin da allora sull’appoggio dell’Iran e della stessa Siria, non furono però tolte le armi e tre anni dopo il gruppo partecipò alle elezioni nazionali per la prima volta nella sua storia. Da allora Hezbollah ha iniziato a giocare un ruolo politico a tutto campo nella politica libanese non abbandonando però la lotta armata contro Israele con cui, nel 2006, ha ingaggiato una vera e propria guerra che non l’ha visto soccombere nonostante l’evidente disparità di forze in campo. L’opportunità per il ‘Partito di Dio’ di espandere la propria base di consensi oltre confine è poi arrivata con la guerra in Siria dove il gruppo di Nasrallah è intervenuto a difesa del regime del presidente Assad.

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Fig. 1 – Manifesto pro Assad a Damasco

2. LE FORZE IN CAMPO – Fin dal suo intervento in Siria Hezbollah ha orientato la sua strategia su tre linee direttrici: l’addestramento e il supporto alle milizie sciite e all’esercito siriano, la creazione di hotspot militari nel sud del Paese per chiudere a cerniera il confine tra la Siria e il Libano anche in funzione di posizionamento anti-Israeliano e accrescere il proprio peso nella regione garantendo la sopravvivenza del regime di Assad, vitale per l’arrivo dei rifornimenti dal proprio sponsor principale, l’Iran. Si tratta di una strategia di medio-lungo periodo che ha già portato a dei primi risultati grazie all’evoluzione maturata sul fronte militare. La presenza su alcuni dei principali campi di battaglia dei miliziani dal Libano si è rivelata decisiva per le sorti del regime di Assad, basti pensare alla battaglia per la riconquista della città siriana di Qusayr nel 2013 e quella di Aleppo est di alcuni mesi fa: vittorie ottenute con l’intervento diretto dei miliziani di Hezbollah, che hanno anche pagato un caro prezzo in termini di vite umane e che di fatto hanno salvato il regime dal crollo proprio nel 2013. Proprio in Siria Hezbollah ha riportato in auge le tecniche di guerriglia già sperimentate nella guerra contro Israele come la costruzione di gallerie sotterranee tra la zona del Qalamoun e quella più a ridosso della valle della Bekaa contro i guerriglieri di Al Nusra e altre forze di stampo salafita. La legittimazione cercata dal gruppo attraverso tali azioni ha una doppia matrice, interna e esterna. Per quanto riguarda il primo punto Hezbollah ha più volte motivato il sostegno ad Assad giustificandolo come tentativo di difendere la sovranità e l’indipendenza politica del Libano contro i jihadisti. A livello internazionale, o meglio regionale, il gruppo continua a mostrare la propria vicinanza ideologica all’Iran, dal quale di fatto è fortemente influenzato, pur restando attento a non esacerbare potenziali conflitti ideologici tra sciiti e sunniti all’interno dei confini libanesi. Nelle ultime settimane però il peso militare di Hezbollah è apparso sempre più evidente con le milizie Ridwan che, insieme a centinaia di forze speciali russe e ai lealisti pro-Assad, puntano a creare una sorta di zona cuscinetto nel sud del Paese, in direzione della città assediata di Deir-ez-Zor.

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Fig. 2 – Funerali pubblici di un militante Hezbollah

3. QUALI ASPETTATIVE PER IL FUTURO – Il contributo fin qui dato al fronte pro-Assad e il gran numero di perdite subite potrebbero dunque essere utilizzate da Hezbollah come fattore negoziale nel futuro prossimo venturo quando bisognerà ricostruire il territorio siriano. L’influenza che Hezbollah potrà e saprà esercitare non riguarderà soltanto il fronte economico ma anche la politica siriana. Prima dell’inizio della guerra, Assad aveva mostrato di volersi avvicinare ad alcune monarchie del Golfo e aveva avviato timidi contatti in tal senso: adesso la situazione è radicalmente cambiata e il Presidente siriano non potrà non tenere conto dei ‘desideri’ dei suoi alleati. La presenza di Hezbollah nel futuro siriano inoltre non può non preoccupare il suo principale nemico, Israele, che fin qui ha mantenuto un ruolo defilato nel conflitto siriano evitando di farsi coinvolgere direttamente. L’attivismo dei miliziani sciiti potrebbe però rimescolare ancora una volta le carte innescando nuovi e più pericolosi focolai di tensione.

Stefano Di Bitonto

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Un mese e mezzo fa Hezbollah ha annunciato la creazione di una speciale brigata per la liberazione delle alture del Golan, territorio posto al confine tra Israele e Siria e conquistato dall’esercito della stella di Davide durante la guerra dei Sei giorni del 1967.

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Foto di copertina di upyernoz Licenza: Attribution License

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Stefano Di Bitonto
Stefano Di Bitonto

Sono Stefano e ho 34 anni. Giornalista pubblicista da cinque anni, vanto esperienza decennale in diversi quotidiani e portali della mia Napoli dove mi sono occupato prevalentemente di cronaca e politica. Appassionato da sempre di relazioni internazionali e di geopolitica sono laureato in relazioni e politiche internazionali all’Università orientale. Vanto inoltre due master in economia e in studi diplomatici. Il mio interesse principale è per la Russia e per l’America latina anche se negli ultimi anni mi sono letteralmente appassionato di Medio Oriente. Ho deciso di scrivere per ‘Il caffè geopolitico’ perché ha un approccio alla realtà internazionale innovativo. Napoletano verace, amo la pizza ma non so suonare il mandolino.

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