Analisi – La mediazione cinese nell’accordo tra Arabia Saudita e Iran segnala un cambiamento significativo degli equilibri geopolitici a livello globale. La Cina, a differenza degli Stati Uniti troppo spesso coinvolti nei conflitti regionali, non si schiera e rimane neutrale. Questa neutralità, riconosciuta e apprezzata dalle parti, la agevola nel suo ruolo di mediatrice. La credibilità e il peso politico cinese aumentano mentre l’accordo garantisce al Paese un guadagno anche in termini economici.
IL CONTESTO
L’accordo è stato firmato da due Paesi che da decenni sono impegnati in sanguinose proxy war in diverse parti della regione. In Yemen, ad esempio, Teheran supporta gli Houthi mentre Riyadh spalleggia il Governo. L’evento scatenante che interruppe, nel 2011, le relazioni diplomatiche tra i due Paesi fu la condanna a morte del religioso sciita Nimr al-Nimr insieme ad altre 47 persone per terrorismo interno da parte di Riyadh. L’uomo avrebbe favorito le proteste antigovernative che eruppero in una provincia ad est del Paese dove da tempo la comunità sciita lamentava forti discriminazioni.
Nel 2021 i rapporti si restaurarono debolmente grazie ai “silenti” investimenti cinesi nel Golfo.
Ciò che cambia oggi dal 2021 è che la Cina ha manifestato pubblicamente la volontà di giocare un ruolo attivo e decisivo nella regione, ergendosi a mediatrice dell’accordo. Considerando e sfruttando l’ostilità degli USA nei confronti dell’Iran, ora la Cina sente di aver guadagnato un peso politico importante in seguito agli investimenti del 2021.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Giornali iraniani annunciano l’accordo raggiunto con l’Arabia Saudita grazie alla mediazione cinese, 11 marzo 2023
L’ACCORDO TRA IRAN E ARABIA SAUDITA
L’accordo tra Iran e Arabia Saudita prevede il ripristino dei rapporti diplomatici, la riapertura delle relative ambasciate nell’arco di due mesi, il rispetto per la sovranità territoriale e l’assoluta non interferenza negli affari di Stato interni. Riyadh, Teheran e Pechino “hanno espresso la volontà di esercitare tutti gli sforzi per rafforzare la pace e la sicurezza regionale e internazionale”, si legge nell’accordo. L’agenzia di stampa iraniana IRNA, citando il Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale (SNSC) Ali Shamkhani, ha definito i colloqui di Pechino “chiari, trasparenti, completi e costruttivi”.
“L’eliminazione dei malintesi e l’orientamento al futuro delle relazioni tra Teheran e Riyadh porteranno sicuramente a migliorare la stabilità e la sicurezza regionale e ad aumentare la cooperazione tra le nazioni del Golfo Persico e il mondo dell’Islam per gestire le sfide attuali”, ha dichiarato Shamkhani.
L’accordo viene quindi visto come un primo passo verso un graduale miglioramento della situazione relativa alla sicurezza nella regione.
Le due parti hanno espresso apprezzamento e gratitudine alla leadership e al Governo della Repubblica Popolare Cinese per aver ospitato e sponsorizzato i colloqui e per gli sforzi profusi per il loro successo. Il ruolo della Cina come mediatrice nella risoluzione delle annose questioni tra i nemici regionali non era stato reso pubblico prima dell’annuncio.
Adnan Tabatabai – amministratore delegato del Center for Applied Research in Partnership with the Orient, un think tank con sede in Germania – ha dichiarato che la Cina ha un grande interesse a non vedere la situazione della sicurezza regionale “scendere nel caos”, come nel 2019, quando lo Stretto di Hormuz fu teatro di diverse esplosioni e attacchi.
Ci sono interessi intrinseci per i cinesi a cercare di bilanciare queste relazioni e portare a termine ciò che gli iracheni e gli omaniti hanno di fatto iniziato con i cicli di dialogo svolti negli anni 2021-2022.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Stretta di mano a Pechino tra il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e quello saudita Faisal bin Farhan Al Saud, 6 aprile 2023
LA PERCEZIONE CINESE DELLA SICUREZZA GLOBALE E IL SUO COMMERCIO IN MEDIO ORIENTE
La Cina ha lanciato l’anno scorso l’Iniziativa per la sicurezza globale (GSI). Sulla base di questa il Paese ha anche pubblicato un documento sulla sua percezione della sicurezza globale. Per quanto riguarda il Medio Oriente, la Cina ha proposto un nuovo quadro di sicurezza che prevede come uno dei punti principali proprio un dialogo attivo tra Iran e Arabia Saudita (e anche tra Iran e gli altri Paesi del CCG).
La Cina ha un interesse comune con i Paesi della regione e la sua politica si basa sul principio di mutuo interesse: se viene a mancare l’interesse reciproco, manca anche il guadagno. I settori energetico, finanziario, manifatturiero e infrastrutturale sono i settori sui quali la Cina punta per far crescere il suo commercio con il Medio Oriente. Ma questo non cresce se la regione è instabile, se i livelli di sicurezza nella regione sono troppo instabili.
L’approccio della Cina riguardo al commercio estero è definito dagli studiosi cinesi come “prima civile, poi militare” (先民后军). In base a questa strategia, la Cina investe in infrastrutture per scopi commerciali e successivamente le converte per sostenere le forze armate.
Questi progetti, che hanno lo scopo di rafforzare il peso politico del Paese a livello internazionale, oggi le hanno permesso di trasferire questo peso politico acquisito sul piano diplomatico, dimostrando abilità e capacità diplomatiche raffinate.
Prima dell’apertura della base a Gibuti, — uno degli snodi principali del commercio cinese con il Medio Oriente, — la Cina ha investito milioni di dollari per la costruzione di porti, stazioni ferroviarie ed aeroporti proprio vicino allo stretto di Bab El-Mandab ( باب المندب), collegamento strategico tra l’Oceano Indiano e il Mar Mediterraneo attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez.
Negli Emirati, la Cina ha costruito diverse strutture nel porto di Khalifa, oltre a un oleodotto che si estende fino al porto di Fujairah; in Oman sta investendo miliardi nel nascente porto di Duqm.
Nel 2021 ha importato dai Paesi del Golfo e da quelli che si affacciano sullo Stretto di Hormuz 128 miliardi di dollari di greggio, tre volte superiore a quello degli Stati Uniti e dell’Unione Europea messi insieme. Gli analisti cinesi hanno avvertito che circa il 45% delle importazioni di petrolio del Paese passa attraverso lo Stretto e hanno chiesto di rafforzare la cooperazione con i partner regionali per garantire un passaggio sicuro delle risorse energetiche.
Quale occasione migliore per la Cina per rispondere e soddisfare queste richieste se non la facilitazione di un accordo diplomatico tra Iran e uno dei principali Paesi del Golfo con cui commercia?
Embed from Getty ImagesFig. 3 – Il Presidente iraniano Raisi (al centro) durante la sua recente visita in Cina, 14 febbraio 2023
SCENARI FUTURI
Lo scenario peggiore per la Cina sarebbe quello di uno scoppio di un conflitto nel Golfo che comprometterebbe il suo approvvigionamento energetico e i suoi interessi economici. In realtà però per la Cina la mediazione dell’accordo è stata un’attività relativamente a basso rischio e alto guadagno. Uno conflitto, di questi tempi, nel Golfo è un’ipotesi abbastanza remota.
Questo, infatti, non servirebbe gli interessi di nessuno: né quelli dell’Arabia Saudita o degli Emirati, che recentemente hanno subito attacchi alle le loro navi commerciali, né quelli dell’Iran, vittima delle sanzioni americane e quindi economicamente debole, e non di meno quelli di terzi che desiderano una regione del Golfo stabile per ragioni strategiche o economiche. E, cosa forse più importante, nemmeno gli interessi degli abitanti della regione – in particolare gli yemeniti, che hanno sofferto più direttamente delle tensioni all’interno del Golfo.
Secondo quanto riferito da Wang Yi, ex Ministro degli Esteri e ora Consigliere di Stato, la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nella gestione dei problemi della regione e a dimostrare la propria credibilità politica anche e soprattutto in seguito agli ingenti investimenti iniziati nel 2021 nel Golfo.
Migliori legami diplomatici tra l’Arabia Saudita e l’Iran ridurranno la probabilità di un conflitto regionale e questo è un bene anche per gli USA perchè può contribuire a ridurre le tensioni, ad evitare conflitti e a frenare le azioni considerate destabilizzanti dell’Iran, riducendo quindi gli impegni gravosi di Washington nella regione. E si tratta ovviamente di uno sviluppo vantaggioso per gli attori regionali, ma soprattutto per la Cina che continuerà a soddisfare il suo chiaro interesse nella zona essendo una delle fonti principali per l’importazione di energia.
Desiree Di Marco
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