In 3 sorsi – Dopo il fallimento delle trattative per una web tax a livello UE, si è aperto un tavolo all’OCSE. Ma il brusco ritiro degli Stati Uniti e la minaccia di dazi comportano una battuta d’arresto che getta ombre sulle possibilitĂ di un accordo multilaterale.
1. LA NECESSITĂ€ DI UNA TASSA SUL DIGITALE
L’economia del digitale è oggi sempre piĂą in espansione e presenta inevitabilmente sfide nuove per gli Stati, anzitutto a livello fiscale. I sistemi fiscali vigenti, infatti, si ispirano a principi in parte obsoleti, in una realtĂ costituita da imprese in grado di fare profitti senza essere ancorate al territorio, con un distacco fra il luogo in cui viene creato valore e quello in cui vengono pagate le imposte. La questione è emersa con forza all’interno delle Istituzioni europee, che dal 2017 si sono adoperate per la ricerca di una soluzione comune, un percorso che si è comunque rivelato molto tortuoso.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Da alcuni anni è attivo un dibattito per definire il giusto livello di tassazione delle multinazionali del web
2. LA RICERCA DI UN APPROCCIO MULTILATERALE E L’OPPOSIZIONE DEGLI STATI UNITI
Nonostante i buoni propositi, I negoziati in seno alla Commissione Europea si sono rivelati infruttuosi, ciò soprattutto a causa dell’opposizione di Olanda, Irlanda, Malta, Cipro e Lussemburgo, che sfruttano un sistema di tassazione agevolata per attrarre le grandi multinazionali del digitale. A inizio 2019 gli Stati membri dell’Unione Europea hanno così deciso di cercare una soluzione globale, portando la discussione in seno all’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), cui hanno preso parte anche gli Stati Uniti, Paese di nazionalitĂ delle maggiori multinazionali del digitale. Ciononostante nel mese di giugno questi ultimi si sono ritirati da trattative che avvertono come discriminatorie nei propri confronti, accusando inoltre gli altri Paesi di pratiche commerciali sleali. Il Segretario del Tesoro statunitense, Steven Mnuchin, ha inviato delle lettere ai Ministri delle Finanze di Italia, Francia, Regno Unito e Spagna, nelle quali annuncia formalmente la fine delle trattative coi Paesi Europei, minacciando inoltre nuovi dazi verso i Paesi che proseguiranno con l’adozione di una digital tax. Bruxelles ha accolto con rammarico la decisione statunitense, ma ha comunque dichiarato che se non sarĂ possibile un accordo multilaterale entro la fine del 2020, l’Unione Europea proseguirĂ per la propria strada. La determinazione della Commissione Europea nel perseguire una digital tax a livello comunitario non è legata solamente alla volontĂ di applicare un sistema fiscale equo e omogeneo in tutti gli Stati membri, ma anche alla ricerca di ulteriori introiti con cui finanziare strumenti quali il Recovery Fund, al fine di sostenere i Paesi piĂą colpiti dall’emergenza coronavirus. Secondo le stime il gettito previsto da tale misura corrisponderebbe a quasi 2 miliardi di euro l’anno sul bilancio comunitario.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Commissario all’economia Paolo Gentiloni durante una conferenza stampa
3. WEB TAX E ITALIA
Nonostante le minacce degli Stati Uniti, anche il ministro italiano dell’Economia Gualtieri ha dichiarato che il proprio Paese andrĂ avanti per la sua strada. L’Italia è il secondo Stato europeo ad aver adottato una tassa sul digitale, in vigore da gennaio 2020. La digital tax italiana è molto simile a quella prospettata dalla Commissione Europea, con un’aliquota del 3% sui ricavi delle aziende del settore digitale con un fatturato globale di 750 milioni di euro e piĂą di 5 milioni di servizi digitali erogati in Italia, andando a colpire quindi i big del tech come Facebook, Amazon, Google. Tuttavia l’imposizione di questo nuovo strumento fiscale si è sin da subito rivelata tutt’altro che semplice sul piano pratico, a partire dalla definizione delle transazioni imponibili, che basandosi sulla geolocalizzazione si scontra anche con la legge sulla privacy. Per questo e altri problemi sono in molti ad augurarsi che si giunga presto a una soluzione multilaterale, che non comprometta la competitivitĂ delle singole economie nazionali e consenta un loro sviluppo e un’applicazione su larga scala delle piĂą moderne tecnologie.
Federica Barsoum
Photo by Negative Space is licensed under CC0