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Attentati di Beirut: l’Iran tra il Libano e la Siria

Ieri a Beirut due attentatori suicidi hanno agito vicino all’ambasciata iraniana, nel pieno di un quartiere sciita, uccidendo 23 persone, tra le quali un funzionario diplomatico di Teheran, proprio alla vigilia della ripresa delle negoziazioni di Ginevra sul nucleare. La rivendicazione è giunta da un gruppo sunnita: le ripercussioni della crisi siriana possono essere sempre maggiori in un Paese già di per sé costantemente in bilico.

 

1. GLI ATTENTATI – Ieri mattina a Beirut, nei pressi dell’ambasciata iraniana, è stato condotto un duplice attentato che ha causato 23 morti, compreso Ebrahim Ansari, addetto culturale della rappresentanza diplomatica di Teheran, e almeno 146 feriti. Secondo la ricostruzione delle Autorità, che si basa anche sulle riprese delle telecamere di sicurezza e su testimonianze dirette, le esplosioni sarebbero state provocate da due attentatori suicidi, uno a piedi e l’altro su un’auto. Le deflagrazioni hanno interessato un quartiere meridionale a maggioranza sciita di Beirut, nel quale è particolarmente radicata la presenza di Hezbollah, un aspetto ripreso anche nella rivendicazione dei fatti per opera delle Brigate “Abdullah Azzam”: «È il martirio di due eroi sunniti libanesi». In questo senso, l’attentato potrebbe essere connesso agli equilibri della guerra civile in Siria, laddove i due maggiori rami dell’Islam sono tendenzialmente divisi tra il sostegno ad Assad di Iran e sciiti (con Hezbollah), e la partecipazione agli schieramenti dell’opposizione di sunniti e Paesi del Golfo.

 

2. LA REAZIONE IRANIANA – In un primo momento, comunque, l’ambasciatore iraniano aveva attribuito la responsabilità dell’attentato a Israele, una posizione che può essere interpretata a metà strada tra la linea ufficiale della propaganda di Teheran e un preciso calcolo politico. Probabilmente le Autorità del Libano, così come quelle dell’Iran, erano consapevoli sin da principio che la strage di Beirut fosse opera di un gruppo sunnita e che quindi rientrasse da un lato nelle dinamiche del Paese dei Cedri, dall’altro nelle conseguenze della vicenda siriana, la più evidente camera di compensazione delle tensioni mediorientali – e per certi versi mondiali. Oggi, a Ginevra, riprenderanno le negoziazioni tra il gruppo del 5+1 (Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti) e l’Iran sulla questione del nucleare: come ribadito recentemente da Netanyahu a Hollande, Israele è del tutto contrario all’eventualità di una concessione di credito a Teheran. Non c’è da stupirsi, pertanto, se l’ambasciatore iraniano abbia subito incolpato gli israeliani dell’attentato di ieri. Allo stesso tempo, però, sarebbe un errore limitarsi a tale aspetto. Anzi, è necessario compiere un passo avanti nella lettura: l’Iran, che senz’altro sapeva da principio della matrice dell’azione, ha evitato di accusare apertamente i sunniti, per non aggravare ulteriormente la frattura socio-politica in Libano, legittimando eventuali rappresaglie su ampia scala e spingendo di fatto il Paese nel pieno del conflitto siriano. Assad sta tenendo il campo senza particolari rischi, mentre Hezbollah conta ancora su una forza notevole: la conservazione dello status quo a Beirut è utile sia per l’Iran (in vista di Ginevra e in relazione allo stallo in Siria), sia per Israele, che, infatti, non si è scomposto più di tanto di fronte alle accuse.

 

Immagine ripresa poco dopo l’attentato

3. I NEGOZIATI SUL NUCLEARE – Come ricordato poco sopra, oggi il gruppo 5+1 e l’Iran riprenderanno la mediazione con la delegazione iraniana per raggiungere un accordo sulla questione del nucleare. Tutte le parti, sebbene con distinzioni anche profonde sull’impostazione delle trattative, si dicono ottimiste sulla possibilità di trovare una soluzione, tanto che Obama ha chiesto al Senato di rimandare l’approvazione di nuove sanzioni. L’Iran si sta mostrando piuttosto collaborativo, dichiarandosi disponibile ad accettare i controlli della comunità internazionale e rallentando i lavori per l’ampliamento delle centrali, ma ribadendo il proprio diritto a procedere con l’arricchimento dell’uranio. A restare scettico e pretendere maggiore rigidità è invece Israele, convinto – con la sponda della Francia – della necessità di impedire la prosecuzione del programma nucleare iraniano.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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