In 3 sorsi – La guerra in Yemen sembra non avere fine. Il Paese resta animato dai conflitti interni sia a nord, tra i ribelli Houthi e il Governo di Hadi, che a sud, dove i separatisti del Consiglio di Transizione Meridionale hanno rifiutato i precedenti accordi per un esecutivo di unità nazionale.
1. I SEPARATISTI DEL SUD NON SI FIDANO DI RIYADH
Le tensioni politiche e militari in Yemen continuano a interessare sia il versante nord che quello meridionale, tenendo il Paese sull’orlo di una escalation che potrebbe risultare devastante per una popolazione alle prese con una situazione umanitaria insostenibile, acuita dall’incedere della pandemia da Covid-19. Il conflitto tra i ribelli Houthi e il Governo yemenita di Abd Rabbo Mansour Hadi continua a dispetto del cessate-il-fuoco raggiunto il 9 aprile scorso, dopo l’appello dell’inviato speciale ONU per lo Yemen Martin Griffiths. Se da una parte proseguono i bombardamenti della coalizione a guida saudita sulle zone controllate dai ribelli, dall’altro lato gli attacchi Houthi al Regno condotti con droni e missili pongono una minaccia esistenziale a Riyadh. Gli insorti sciiti, inoltre, non cessano le incursioni nella regione di Marib, nel Governatorato settentrionale di al-Jawf e a Hodeida, sperando di arrivare a futuri negoziati di pace da una posizione di forza sul campo.
Lo scacchiere meridionale, però, non è meno bellicoso. A fine agosto i separatisti del Consiglio di Transizione Meridionale (Southern Transitional Council STC) si sono ritirati dai colloqui di pace con l’Arabia Saudita volti a creare un Governo di unità nazionale con l’esecutivo di Hadi. Il STC ha motivato la sua decisione criticando la gestione dei servizi pubblici nel sud da parte del Governo centrale e accusando le forze lealiste di provocazioni militari nella regione di Abyan. Nessun progresso, quindi, dopo che il 29 luglio il STC si era detto disposto a rinunciare a qualsiasi forma di autonomia e a sostenere gli sforzi della coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti Houthi.
Fig. 1 – Il Presidente yemenita Abd Rabbo Mansour Hadi e il Principe saudita Mohammed Bin Salman durante un meeting a Jeddah, 31 maggio 2018
2. LA LOTTA PER L’INFLUENZA SULL’ISOLA DI SOCOTRA
La contrapposizione tra gli attori in campo, animati da interessi e alleanze mutevoli, rende il conflitto sempre più frammentato. Un esempio è rappresentato dall’isola di Socotra, in cui per anni Abu Dhabi ha esercitato una forte influenza politica, scontrandosi intensamente con quella che dovrebbe essere sua alleata nella coalizione anti-Houthi, l’Arabia Saudita.
Patrimonio dell’UNESCO per la sua biodiversità, con i suoi 60mila abitanti l’isola di Socotra è terra di contesa geopolitica tra diverse potenze regionali. L’arcipelago, infatti, occupa una posizione strategica tra il Mar Arabico e il Golfo di Aden, dove ogni giorno, attraverso lo Stretto di Bab el-Mandeb, transitano navi cisterna cariche di petrolio dirette verso il Mediterraneo. Tra i Paesi coinvolti nella guerra in Yemen, gli Emirati hanno un ruolo molto attivo in quello che è conosciuto anche come il gioiello del Golfo di Aden. Dopo aver ottenuto la simpatia di buona parte degli abitanti dell’isola, a giugno gli Emirati hanno appoggiato un golpe attuato dai separatisti del STC contro le strutture governative a Socotra. L’obiettivo sembra quello di fare leva sulla volontà di autonomia dei socotri per allontanare l’isola dal Governo di Hadi. Inoltre la rilevanza strategica dell’isola sta attirando le attenzioni anche di Israele, il quale, approfittando della storica normalizzazione dei rapporti, sta lavorando con gli Emirati per stabilire una base spionistica congiunta a Socotra.
Fig. 2 – Uomini armati appartenenti ai ribelli sciiti Houthi manifestano a Sanaa per protestare contro la normalizzazione dei rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Israele, 22 agosto 2020
3. L’INTERESSE DEGLI ATTORI È CONTINUARE LA GUERRA
La pace è ancora molto lontana, perché tutti gli attori coinvolti nella guerra sembrano voler approfittare del caos della crisi economica e di quella sanitaria per avanzare territorialmente e consolidare le loro posizioni per negoziare da una posizione di forza. L’Iran, maggiore sponsor degli Houthi, continuerà a finanziare e supportare militarmente i ribelli sciiti – anche se non si tratta di un appoggio incondizionato – per contrastare l’influenza saudita in Yemen. L’utilizzo dei proxies da parte della Repubblica Islamica serve per destabilizzare il Governo filo-saudita di Hadi ed espandere la propria influenza in un Medio Oriente che si appresta a diventare molto ostile per Teheran. Se Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sono legati dalla necessità di combattere gli Houthi e, per estensione, l’Iran, i due Paesi sono però in competizione sull’isola di Socotra, con una tensione crescente di Riyadh per l’appoggio di Abu Dhabi ai separatisti del STC. La vera novità è Israele, il quale, mettendo piede a Socotra col beneplacito emiratino, è intenzionato a monitorare i movimenti iraniani ed evitare che prima l’isola e poi il Paese possano essere conquistati dalle milizie filo-Teheran. Un quadro tutt’altro che roseo, quindi, mentre le Nazioni Unite, marginalizzate dal risorgere della politica di potenza, gettano luce sulle atrocità commesse dalle forze in campo contro i civili.
Vittorio Maccarrone
Immagine di copertina: “Haraz Mtn Village“, by Rod Waddington is licensed under CC BY-SA