Il 13 novembre scorso si è chiuso il XXII summit dell’APEC, l’accordo d’associazione Asia-Pacifico che riunisce 21 Paesi dei tre continenti bagnati per  l’appunto dall’oceano Pacifico. Si è trattato di un appuntamento importante ma non solo  per ciò che riguarda il futuro di questa Organizzazione Intergovernamentale. Piuttosto, per un nuovo accordo in procinto di nascere: il Trattato Transpacifico, (Trans-Pacific Partnership – TTP) che  include 13 Paesi, di cui 5 americani e 8 asiatici e oceanici. Spicca la presenza degli Stati Uniti
USA AL CENTRO – Il TPP è l’approfondimento dell’APEC, nel senso che si tratta di un trattato di libero scambio. Per alcuni si tratta della versione Sud-Orientale del TTIP, il trattato commerciale transatlantico che l’UE e gli USA stanno negoziando attualmente. Secondo i detrattori dell’accordo, sarebbe Washington a guadagnarci piĂą delle sue controparti europee: in base a questa interpretazione, il mercato europeo verrebbe inondato da prodotti americani dove gli standard di sanitĂ , leggi del lavoro e di protezione dei consumatori sono inferiori a quelli europei.
Anche nel caso del TPP il peso specifico degli Stati Uniti solleva qualche perplessitĂ . A partire dal fatto della composizione degli Stati che partecipano a quest’accordo: Washington ha una valenza di molto superiore a qualsiasi altro membro. La Cina per esempio, che è membro dell’APEC, non partecipa al trattato. Sembrerebbe quindi scontato pensare che l’accordo verrĂ spinto nella direzione degli interessi nordamericani.
Non è la prima volta che gli USA spingono per la messa in atto di un trattato di libero scambio a carattere regionale (o interregionale come in questo caso). GiĂ Â al giro di boa del millennio Washington aveva promosso l’ALCA (Area di Libero Scambio Americano), l’equivalente per il Sudamerica di quello che era giĂ stato sottoscritto con i vicini del Nord, Messico e Canada, con il NAFTA. L’ALCA però non riuscì mai a decollare, frenata dalle critiche riguardanti l’influenza americana nella regione, le diffidenze manifestate da alcuni membri come  Brasile e Argentina riguardo la salvaguardia di industrie chiave (nell’agricoltura, nei diritti per le licenze dei prodotti biologici), e la dichiarata opposizione del Venezuela chavista che replicò con la creazione di un’area commerciale alternativa, l’ALBA, dalla quale però vennero esclusi gli Stati Uniti.
NEGOZIATI SEGRETI – Al di lĂ del peso specifico statunitense e del fatto che le imprese nordamericane nutrano interessi prioritari a favore del TPP per aprire i loro mercati, specialmente attraverso gli investimenti esteri, un elemento di critica di questo accordo è rappresentato dal fatto che i negoziati si siano svolti nel piĂą assoluto riserbo, senza la partecipazione e informazione dei cittadini. Questa attitudine ha aumentato ancor piĂą i timori attorno alla firma di questo trattato e le sue possibile conseguenze, in particolare per i paesi dell’emisfero meridionale che ne sono parte.
Nel 2013 sono emerse le prime indiscrezioni riguardanti i documenti ufficiali dell’accordo – nello specifico relative al capitolo ambientale – che rivelerebbero una bassa attenzione per queste tematiche. La conseguenza è stata un intensificarsi dei movimenti sociali che sollecitavano quindi di rendere trasparenti i negoziati ed includere la societĂ civile nel dibattito. In Cile, per esempio, con il cambio di leadership avvenuto all’inizio del 2014, il governo ha imposto un rallentamento dei negoziati introducendo il principio che il trattato non deve rappresentare un passo indietro nei diritti sociali riconosciuti dalla legislazione nazionale. Allo stesso tempo, per rendere trasparente il processo ha aperto un tavolo di dialogo nel quale sono state finalmente ammesse le organizzazioni sociali.
LA STRATEGIA DI WASHINGTON – Fallita l’iniziativa dell’ALCA, il TPP rappresenta quindi una sorta di rilancio nelle strategie d’apertura commerciale statunitensi. Infatti, opportunamente, sono esclusi dell’accordo i paesi latinoamericani della sponda atlantica, quelli che – per l’appunto – criticavano l’ingerenza di Washington nelle loro politiche nazionali. Messico, Cile e PerĂą – membri del TPP – invece sono storicamente favorevoli a stringere accordi col gigante nordamericano. E a questo gruppo potrebbe aggiungersi la Colombia che come i tre suoi vicini del Pacifico giĂ detiene un Trattato di Libero Scambio con gli USA. Il TPP, tra l’altro, ventila la possibilitĂ di approfondire ulteriormente gli accordi bilaterali giĂ sottoscritti da Washington con gli altri membri, e fra tutti i membri fra loro, che comunque vantano anch’essi un cospicuo numero di “bilaterali” giĂ in funzionamento. Ma è proprio qui che entra in scena la protesta della societĂ civile contro questa possibilitĂ che minaccia di rendere vani gli sforzi che a suo tempo furono profusi dalla cittadinanza organizzata per limitare l’impatto sui diritti sociali di questi accordi di stampo neo-liberali.
Manifestazione di protesta contro il TPP
LE CRITICHE – Quali sono quindi gli elementi del TPP che vengono maggiormente criticati? Innanzitutto si tratta di settori specifici quali il diritto al lavoro, alimentazione, sanitĂ ed internet, settori tanto di grandi prospettive economiche e di sviluppo, quanto essenziali nelle politiche sociali di equitĂ e benessere che finora sfuggono in gran parte ai dettami del mercato. La libertĂ di investimenti che promuove l’accordo aumenterĂ la facilitĂ con cui le imprese potranno delocalizzare la produzione. La capacita di negoziazione dei lavoratori sarĂ quindi ridotta davanti alla facoltĂ di muoversi delle grandi imprese da un paese all’altro, privilegiano quelli dove i diritti dei lavoratori sono piĂą deboli. Al contempo, le grandi aziende pubbliche, o partecipate degli Stati, saranno – nell’accordo – soggette allo stesso regime di concorrenza delle private. Le multinazionali premono per questo regime in modo da assicurare la maggior stabilitĂ dei mercati dettata dalla prevedibilitĂ degli stessi. In questo senso l’accordo crea un sistema di soluzione giuridica delle controversie che sottopone i governi alla giurisdizione di tribunali internazionali. In concreto, per gli Stati sarĂ quindi impossibile correggere con politiche pubbliche la direzione economica del paese nel caso in cui “tali azioni pregiudichino i guadagni delle imprese private”.
Lo stesso principio, si applica nel settore della sanità per quanto riguarda la produzione e commercializzazione dei medicinali generici che oggigiorno molti Paesi, attraverso i loro sistemi sanitari nazionali, mettono a disposizione della popolazione. Da adesso in poi, questi medicinali potrebbero essere vietati per preservare gli interessi delle case farmaceutiche che ne detengono i brevetti. Nel campo di Internet, la difesa del diritto d’autore penetrerà con forza come principio nelle regioni latinoamericane e asiatiche dove fino ad ora la vigilanza era stata piuttosto blanda. Ciononostante, sotto la pressione statunitense per difendere gli interessi generati dall’industria di Hollywood, con l’applicazione del TPP i fornitori dei servizi d’accesso a Internet verranno incaricati di sorvegliare e sanzionare coloro che si rendano colpevoli di queste violazioni. Non si tratta qua soltanto dei film scaricati illegalmente da Internet. La disposizione potrebbe includere l’utilizzo, anche a scopi educativi, di qualsiasi tipo di materiale -o parte di esso- che sia stato etichettato dalle case editrici come detentore di diritti. Appare chiaro, che misure restrittive potrebbero minacciare il principio di libertà d’espressione e informazione sulla rete globale e non solo. Ed in poche parole, rilancia il dibattito sull’uso della rete e di chi la controlla.
MA ANCHE VANTAGGI PER TUTTI – Con queste premesse, essendo chiaro l’obbiettivo statunitense ed i suoi interessi in questo trattato, c’è da chiedersi quali sono i vantaggi che gli altri partner cercano d’ottenere al sottoscrivere il TPP. Innanzitutto si tratta d’accedere al piĂą grande mercato mondiale, quello dell’America del nord, per poter dare sbocco agli abbondanti prodotti dell’agricoltura e alle materie prime, che restano i principali motori delle economie meno sviluppate. In secondo luogo esistono ragioni geopolitiche, strategiche e d’affinitĂ in generale, che spingono questi paesi a cercare vie di commercio alternative. In questo senso va letta la creazione del TPP e prima ancora di questo dell’APEC, che sfugge alla logica delle regioni e privilegia quella delle macro-regioni.
Non deve essere sottovalutata infatti, la (a volte) profonda frattura ideologica che divide i Paesi latinoamericani, così come quelli asiatici fra loro, riguardo alle loro relazioni con  giganti come Stati Uniti e Cina. In terzo luogo, proprio per questo, i paesi del TPP da anni hanno sviluppato una relazione privilegiata con gli Stati Uniti, tra l’altro con la forte inclusione a livello nazionale, giĂ da tempo con i citati trattati bilaterali, di capitali nordamericani . Per cui, la realizzazione di un trattato multilaterale di libero scambio, appare la logica conseguenza di questo processo.
É logico aspettarsi, quindi, un flusso di capitali da Nord verso Sud che da molti verrĂ associato a livelli di crescita importanti. Al contempo però, si assisterĂ molto probabilmente ad un livellamento verso il basso di standard commerciali e sociali che potrebbero con influenzare negativamente il giĂ grave problema dell’ ineguaglianza che attanaglia l’Asia sudorientale e l’America latina.
Gilles Cavaletto
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Un chicco in piĂą
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