Miscela strategica – Alla fine del dicembre scorso, il Ministero della difesa cinese, tramite un suo portavoce, ha ufficialmente annunciato la costruzione di una portaerei nei cantieri di Dalian, nella provincia del Liaoning. La portaerei in questione costituirebbe la seconda piattaforma di questo tipo a disposizione della PLAN (People’s Liberation Army Navy), e la prima di design e produzione interamente cinese.
UN PROGETTO AMBIZIOSO – Le iniziative del Governo cinese, specialmente per quanto attiene al comparto militare, sono spesso ammantate da un’aura di mistero e indeterminatezza. Per questo motivo, la pubblicità riservata al progetto implementato dalla PLAN costituisce un fattore di grande interesse, viste le sfide che Pechino dovrà affrontare nel portare avanti la costruzione della sua prima portaerei “indigena”. Prime indiscrezioni in merito erano uscite già nei mesi scorsi, quando IHS Jane’s aveva pubblicato delle immagini satellitari che mostravano una piattaforma in costruzione presso i cantieri di Dalian, identificata proprio come una portaerei. In mancanza di una conferma ufficiale, analisti ed esperti militari avevano in ogni caso dato il via a speculazioni circa il nuovo vascello, riportando diverse dichiarazioni dei vertici militari cinesi per avallare tale tesi. L’annuncio arrivato a fine dicembre ha dunque aperto il campo a un ampio dibattito in merito alle caratteristiche della nuova portaerei e al suo ruolo nella strategia navale cinese.
Fig. 1 – La portaerei Liaoning, entrata in servizio nell’autunno del 2012. La nuova unità progettata dalla PLAN dovrebbe avere un design diverso e un migliore sistema di propulsione.
CARATTERISTICHE TECNICHE – Fonti interne alla PLAN hanno dichiarato che il nuovo vascello sarà totalmente differente dalla Liaoning, la prima portaerei ad entrare in servizio nella flotta cinese. La Liaoning è una piattaforma di origine sovietica, acquistata da Pechino negli anni Novanta, rinnovata e attualmente utilizzata essenzialmente per l’addestramento delle truppe. La portaerei in costruzione a Dalian, stando a quanto dichiarato da ricercatori cinesi, dovrebbe avere uno scafo dal design inedito, lavorato dalle acciaierie nazionali, e anche un innovativo sistema di propulsione.
Fig. 2 – Un modellino in scala della Liaoning presentato in anteprima al Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese nel 2012.
Esperti occidentali come l’americano James Holmes si sono detti scettici circa una sostanziale differenza fra il design della nuova portaerei e quella della Liaoning. Se è vero che le capacità operative di una Marina militare si basano sull’esperienza in mare, la PLAN dovrà necessariamente progettare un vascello in linea con quanto appreso dai propri tecnici e soldati in questi anni di utilizzo della Liaoning. Per queste ragioni, è probabile che la nuova piattaforma presenterà molti punti in comune con la Liaoning, costituendo al contempo una versione migliorata del vascello di origine sovietica. Il dibattito riguarda anche le dimensioni e il tonnellaggio della nuova portaerei: le stime fornite dagli esperti cinesi riportano un peso vicino alle 50.000 tonnellate, il che farebbe ricadere il vascello nella categoria delle navi da trasporto anfibio, piuttosto distante dalle portaerei delle classi Nimitz e Ford, i giganti statunitensi da 100.000 o più tonnellate. Anche il numero e il tipo di aerei da combattimento ospitati dalla piattaforma in costruzione restano argomento di dibattito: probabilmente, viste le dimensioni sopracitate, la portaerei cinese opererà come base per una cifra compresa fra 40 e 50 velivoli, compresi i caccia multiruolo J-15, attualmente in produzione presso la Shenyang Aircraft Corporation.
UNA NUOVA STRATEGIA PER LA PLAN? – L’aspetto forse più importante del dibattito riguardante la nuova portaerei cinese consiste nel ruolo che tale vascello avrà all’interno della strategia navale di Pechino. Se la Liaoning, come detto, è stata impiegata per l’addestramento, la piattaforma in costruzione sarà la prima ad assumere tutte le funzioni operative richieste a una nave del genere, in particolare le missioni in contesti regionali e internazionali citate nel più recente Libro Bianco per la Difesa pubblicato da Pechino. Naturalmente una singola portaerei operativa non basterebbe alla PLAN per assumere una posizione dominante nelle acque dell’Asia orientale o dell’Oceano Indiano. Alcuni analisti prevedono quindi la costruzione di un gruppo di almeno sei portaerei, in aggiunta alla Liaoning, così da permettere alla People’s Liberation Army Navy di mantenere costantemente due vascelli a disposizione. In una dinamica ideale, infatti, ogni gruppo di tre portaerei vedrebbe alternativamente un vascello dislocato in mare, uno impiegato per l’addestramento e un terzo destinato ai cantieri per riparazioni e controlli.
Fig. 3 – Marinai cinesi a bordo della fregata lanciamissili Ma’anshan, impegnata a lungo in operazioni anti-pirateria al largo della Somalia.
Poter contare su sei portaerei renderebbe la Marina cinese la seconda al mondo dopo quella statunitense, e darebbe concreta credibilità alle aspirazioni di power projection di Pechino, per ora inevitabilmente frustrate dall’esiguità della propria flotta. Con due piattaforme contemporaneamente disponibili, la PLAN sarebbe finalmente in grado di presidiare sia le acque all’interno della first island chain (l’area compresa fra il Giappone, Taiwan e l’arcipelago delle Filippine), sia le SLOC – sea lines of communication– al fine di controllare i traffici nevralgici fra Oceano Indiano e Sud-est asiatico. Uno scenario in cui la Cina disponesse di due distinti gruppi da battaglia portaerei cambierebbe notevolmente gli equilibri strategici e diplomatici asiatici, consentendo a Pechino di assumere una posizione più assertiva nelle dispute regionali, in particolare quelle concernenti gli arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale.
Fig. 4 – Rivali nel Pacifico: alti ufficiali della PLAN discutono con un loro collega americano durante una recente visita della Settima Flotta statunitense nel porto di Qingdao, agosto 2014.
D’altro canto, tale programma di ampliamento della flotta appare quantomeno ambizioso, se si pensa che la PLAN allo stato attuale dispone di una sola portaerei, e che solo negli ultimi anni i vertici politici e militari cinesi sembrano aver definitivamente abbracciato l’idea di sviluppo di una blue-water navy, mettendo in secondo piano la postura prevalentemente difensiva del passato (che coinvolge l’area costiera e persiste sotto forma di sistemi A2-AD). L’evoluzione delle dinamiche nell’Asia orientale passerà dunque attraverso le velleità espansive della flotta cinese e la risposta che arriverà dagli Stati Uniti e dai loro alleati regionali, in primo luogo il Giappone.
Francesco Marino
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
La storia della Liaoning è piuttosto curiosa: varata nel 1988 con il nome Riga, poi cambiato in Varyag, nei cantieri dell’allora Unione Sovietica, dopo il 1990 venne trasferita al neonato Stato ucraino. La piattaforma risultava ancora incompleta, mancando quasi completamente della parte elettronica. Nel 1998 la portaerei venne venduta ad un gruppo privato cinese, che avrebbe dovuto utilizzarla come hotel e casinò galleggiante; dopo lunghe peripezie burocratiche, la nave fu definitivamente trasferita nel cantiere di Dalian. Nel corso degli anni 2000 divenne progressivamente chiaro che l’acquisizione era stata fatta per conto della PLAN, interessata ad utilizzare la Varyag come base per lo sviluppo di una portaerei cinese e come futura nave da addestramento. Nel 2011 sono iniziate le prove in mare, e nell’anno successivo la ormai ri-battezzata Liaoning è entrata ufficialmente in servizio all’interno della flotta cinese. [/box]
Foto: See-ming Lee 李思明 SML