In 3 sorsi – Continua la nostra trattazione (qui la prima parte) di un fenomeno poco conosciuto e poco trattato, le migrazioni sud – sud. Analizziamo il fenomeno dei desplazados forzados, i migranti dell’America Centrale
1.I DESPLAZADOS FORZADOS IN CENTRO-AMERICA: MIGRAZIONI A SEGUITO DI VIOLENZA – Secondo uno studio condotto dal Centro delle Nazioni Unite per lo sviluppo degli insediamenti umani (CNUAH-HABITAT) assieme a vari centri di investigazione di diritti umani della regione, è stato calcolato che all’incirca 3 milioni di persone (il 10% dell’intera popolazione centroamericana) si sono spostati dalle loro comunità durante il periodo di conflitto armato interno in Paesi come El Salvador, Guatemala e Honduras.
A seguito di queste migrazioni, il tessuto sociale è uscito fortemente alterato, con sostanziali modifiche relative all’occupazione territoriale, nonché alla fisionomia rurale e urbana dei vari Stati. Come conseguenza di questa trasformazione sociale si è avuto un completo ridimensionamento e inasprimento delle migrazioni, dovuto anche al persistere dei livelli di povertà e al peggioramento delle condizioni di violenza civile.
A fronte di questo fenomeno, l’UNHCR considera necessario che gli Stati offrano una legislazione rispettosa dei diritti dei migranti alla luce delle obbligazioni di diritto internazionale e di diritto internazionale umanitario. Di fatto gli Stati della regione riconoscono uguali diritti e libertà sia ai nazionali che agli stranieri. Questa sarebbe la regola generale.
Fig. 1 – Il problema dei flussi migratori è avvertito anche in America Centrale
2.DIRITTO SOSTANZIALE E INCLUSIONE – Tuttavia, le Costituzioni dei singoli Stati operano distinzioni di diritto sostanziale a seconda che l’individuo sia nazionale o meno, soprattutto in tema di diritto del lavoro. Ad esempio in Guatemala, a parità di condizioni e titoli, hanno via preferenziale i connazionali rispetto a uno straniero, ed è fatto divieto che un cittadino guatemalteco possa avere uno stipendio inferiore a quello di uno straniero, oppure che il nazionale sia sottoposto a condizioni lavorative inferiori.
La questione migratoria dovrebbe essere affrontata in termini di inclusione nel territorio e di integrazione dei migranti con il resto della popolazione locale. L’integrazione non implica perdita della propria individualità per creare omogeneità, bensì consiste nel riconoscimento della popolazione che si inserisce in un determinato territorio e nel relativo riconoscimento dei suoi diritti universali. In questi termini, l’integrazione comporta l’accesso a beni e servizi e lo scambio culturale.
3.CONCLUSIONI – In sintesi, la sfida che devono affrontare gli Stati è quella di propiziare lo sviluppo di una società che sia il più possibile pluralista e inclusiva, onde evitare che si versi in una situazione di segregazione territoriale nei barrios marginali, rendendo propizia la strada per la nascita di nuove vulnerabilità sociali e nella qualità della vita.
Le migrazioni non sono di certo un fenomeno transitorio e circoscritto a determinate aree geografiche. Per citare a titolo di esempio la popolazione nicaraguense, i migranti provenienti da questo Stato rimangono sempre in stretto contatto con la loro famiglia di origine, e ciò implica che il flusso di migranti dal Nicaragua sia ancora costante poiché molti di loro migrano e migreranno per congiungersi con i loro familiari.
Claudia Pillosu
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””] Un chicco in più
- Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) nel 2013 in America Latina è presente l’8% dei rifugiati del mondo.
- La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati offre una definizione di “rifugiato”. Si legge nella pagina ufficiale dell’UNHCR che i rifugiati sono persone in fuga da conflitti armati o persecuzioni. La loro situazione è spesso così pericolosa e così intollerabile che attraversano i confini nazionali per cercare protezione nei paesi vicini. Così facendo diventano internazionalmente riconosciuti come “rifugiati” che hanno accesso all’assistenza da parte degli Stati, dell’UNHCR e di altre organizzazioni. Gli viene riconosciuto questo status proprio perché per loro sarebbe troppo pericoloso tornare a casa e hanno bisogno di trovare protezione altrove. Si tratta di persone per le quali il rifiuto della richiesta di asilo ha conseguenze potenzialmente mortali. [/box]
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