Cina e Corea del Nord hanno una lunga storia alle spalle, che affonda addirittura le sue radici nell’antico passato imperiale cinese. Ripercorriamola brevemente nel primo di due articoli dedicati alle attuali difficoltà dell’alleanza tra Pechino e Pyongyang, messa in crisi dalle ambizioni nucleari del regime di Kim Jong-un.
LUNGO IL FIUME YALU – Situata nel grande nord-est cinese, la regione del Dongbei, corrispondente all’antica Manciuria, è composta da tre province: Liáoníng (辽宁), Jílín (吉林) ed Hēilóngjiāng (黑龙江). La zona rappresenta un’area industriale strategica, che fornisce prodotti petroliferi e petrolchimici, acciaio, carbone, ferro, auto oltre ad una vasta gamma di beni di consumo. La popolazione, in crescita, risente delle massicce immigrazioni dell’etnia han che dovevano bilanciare la presenza di numerose minoranze, tra cui quella coreana. Il fiume Yalu, che scorre tra Liaoning e Jilin, segna il confine con la Corea del Nord, insieme ad una parte del corso del Tumen. Questa zona è stata, nel corso dei secoli, di estrema importanza, rappresentando una sorta di trincea, ma anche una zona di espansione per il Celeste Impero, nella quale ha preso forma, nella sua peculiarità, il sistema tributario e di vassallaggio.
Fig. 1 – Il Ponte dell’Amicizia Sino-Coreana sul fiume Yalu, che collega la città cinese di Dandong a quella nordcoreana di Sinuiju
UNA STORIA ANTICA – Un’antica leggenda narra che il principe Qizi, esiliato dalla dinastia cinese Shang, fu il primo a diffondere nella zona il sistema di valori della madre patria. Dopo l’unificazione dello Stato di Mezzo, nel 221 a. C., il “Regno del calmo mattino” (Choson) si sottomise spontaneamente al primo Imperatore Qin Shi Huangdi, diventando poi dal 108 a.C. uno Stato vassallo del sovrano Wudi. Nella fiorente capitale, Wangxian, (nei pressi dell’attuale Pyongyang), venne creata una prefettura cinese, la cui giurisdizione si estendeva dalla Corea al Liaodong e fino a parte della Manciuria, che lasciò sul territorio un’impronta indelebile. Man mano che la dinastia Han (206 a. C. – 220 d. C.) costituiva la sua struttura burocratica, colonna vertebrale dell’impero, si andarono specificando le modalità con cui amministrare la Cina ed i territori su cui la cultura confuciana si stava diffondendo a raggiera. Attraverso le vie idrografiche naturali ed una sofisticata rete stradale e di canali, viaggiavano mercanti e merci di ogni genere, tributi e, in cambio di questi, i doni di restituzione, sovente di valore più elevato.
Fig. 2 – Una rassegna di antichi vasi coreani esposti in un museo di Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang
In questo contesto il Regno di Corea era sempre oggetto di mire espansionistiche, tanto che la dinastia Sui cadde nel 618 d. C., anche in seguito alla fallita annessione della penisola. Dopo tre disastrose spedizioni nel 612, 613 e 614, la Corea non fu annessa ma non guadagnò nemmeno una completa indipendenza, oscillando dallo status di provincia, di quell’impero che sotto i Tang (618 – 907) raggiunse la massima espansione e l’acme della civiltà, a Stato satellite sotto le successive dinastie che utilizzarono il “Paese ad Est del mare” (海东 Hǎi dōng per i cinesi), impregnato di civiltà cinese ma con una peculiare individualità, come avamposto per i tentativi di conquista del Giappone nel 1274 e nel 1281. Nel periodo Ming (1368 -1644) la politica imperiale, tesa a pacificare le frontiere ed implementare gli scambi, determinò il mantenimento dello status quo che il “Regno Eremita” pagò con alti tributi.
Fig. 3 – La Città Proibita di Pechino, dove gli imperatori Ming ricevevano l’omaggio dei governanti del vicino regno vassallo di Corea
UNITI CONTRO IL GIAPPONE – Negli anni 1592, nel 1596 e nel 1597 il Regno Celeste difese la Corea dall’invasione giapponese, costringendo l’esercito del Sol Levante prima a ritirarsi nella zona di Pusan, poi ad abbandonare il territorio appena conquistato. Questi eventi, proiettati ai giorni nostri, ci inducono a riflettere sul fatto che la storia si ripete anche a distanza di secoli, per la forte influenza esercitata da alcuni fattori geopolitici. Sotto la dinastia Qing (1644 – 1911), la tutela cinese sullo Stato coreano venne istituzionalizzata con un formale tributo annuale che i re doveva pagare al loro protettore. La stabilità che il regno di Koryo aveva raggiunto, perno dell’equilibrio strategico che, per secoli, era stato mantenuto nel nord-est, venne spazzata via dall’aggressione del colonialismo occidentale ad un impero ormai decadente. La crisi, che aprì alla Cina un destino semicoloniale, si riflesse anche sul piccolo Stato satellite, considerato “un pugnale strategico indirizzato al cuore del Giappone”. Per questo, dopo l’umiliazione dei trattati ineguali e la sconfitta dell’Impero Celeste nella guerra sino-nipponica scoppiata nel 1894, la Corea ottenne una breve indipendenza che cessò nel 1910 con l’annessione all’emergente potenza giapponese, che mantenne la sovranità sull’isola fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. I coreani, come gli altri popoli dominati, venivano iscritti nei registri anagrafici in qualità di appartenenti a “territori esterni”, ai quali non era garantita alcuna forma di eguaglianza con i giapponesi.
Fig. 4 – Soldati giapponesi marciano per le campagne coreane nei primi anni del XX secolo. L’annessione della Corea al Giappone nel 1910 permise a Tokyo di lanciare le sue successive campagne espansionistiche contro la Cina
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, la Corea fu considerata terra di conquista in funzione anti nipponica anche dagli Alleati che, per consentire alle truppe sovietiche da nord e a quelle statunitensi da sud di incontrarsi per accettare la resa del Giappone, crearono una zona smilitarizzata (DMZ, Demilitarized Zone) intorno ad una linea identificata in corrispondenza del 38° parallelo. I vincitori della Seconda Guerra Mondiale pensarono poi di creare un’amministrazione fiduciaria con un Governo unico, ma la Russia si dimostrò contraria a tale soluzione e, in mancanza di un accordo, il 38° parallelo divenne il confine definitivo che divideva, come stava accadendo anche in Germania, una nazione in modo assolutamente artificiale. Le pressioni di Mao, il cui carisma politico era in costante ascesa, produssero il ritiro dei sovietici dal territorio a nord, dove Kim Il Sung instaurò un rigido regime comunista, e degli americani dal sud, dove Syngman Rhee, ultranazionalista corrotto, divenne Presidente. Era il settembre del 1948 e la Corea era finalmente libera ma tagliata in due.
LA GUERRA DI COREA – Il 26 giugno 1950, mentre ancora si discutevano i trattati di pace della Seconda Guerra Mondiale, in particolare quello con il Giappone, scoppiò un aspro conflitto in un momento di altissima tensione tra gli ex alleati, sulle cui origini dubbi e dissensi si accavallarono: la Corea del Nord rispose, si disse, ad un presunto attacco della Corea del sud occupandone i territori fino al porto di Busan, il cui perimetro coincideva con i cannoni della VI Flotta americana. In pratica, i nordcoreani avevano tentato un’improbabile unificazione sostenuti dal protettore di sempre, ovvero la Cina (ora novello Stato comunista). La Corea del Sud chiese l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che fu reso possibile dall’assenza dell’URSS, che praticava la politica della “sedia vuota” per protestare contro la mancata attribuzione del seggio permanente alla Cina Popolare. In base al principio di effettività, il nuovo Governo di Pechino doveva sedere all’Onu con un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza, come auspicavano i Paesi comunisti. L’appoggio degli Stati Uniti al Governo di Chang Kai-Shek aveva lasciato alla Cina nazionalista di Taiwan il ruolo di successore del Governo precedente e fu così che nessuno pose il cd. “veto” all’intervento militare.
Fig. 5 – Un giovanissimo Kim Il Sung, fondatore della Repubblica Democratica Popolare di Corea nel 1948
Le forze internazionali delle Nazioni Unite, sotto il comando statunitense, riconquistarono i territori sudcoreani invasi dai fratelli del nord mentre il generale vittorioso sul Giappone, Douglas MacArthur, decise prima di colpire le basi di partenza dell’invasione (operazione autorizzata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 7 ottobre 1950) e poi minacciò l’uso della bomba atomica sul territorio cinese da cui affluivano, sotto le mentite spoglie di corpi di volontari, aiuti alla Corea del Nord da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione. La vittoria elettorale di Truman e la politica del containment portarono alla destituzione del generale, nonostante la sua fama, e ad un approccio più prudente. Scartata l’idea di aprire un fronte di guerra contro la Cina, fu ristabilito lo status quo ante e i combattimenti, che erano costati migliaia di morti, devastazioni territoriali ed economiche, cessarono e l’oblio sembrò coprire il nazionalismo coreano.
Fig. 6 – Soldati americani camminano a fatica nella neve durante la tragica ritirata da Pyongyang nell’inverno del 1950
L’ARMISTIZIO DI PANMUNJOM – L’armistizio venne firmato il 26 luglio 1953, a Panmunjom, il “villaggio della tregua”, e venne fissato la “Northern Limit Line” che limita l’accesso al porto strategico di Haeju e toglie ai nordcoreani la sovranità su acque ricche di risorse ittiche. I politologi sostennero che l’URSS lasciò fare i due antichi alleati sperando che lo Stato di Mezzo si mettesse in una posizione pericolosa e quindi non fosse ammesso alle Nazioni Unite al posto in cui sedeva la Repubblica di Cina, come in realtà accadde. D’altro canto i “volontari” cinesi sorpresero il mondo per l’efficienza militare dimostrata e, all’interno, le loro azioni permisero a Mao di assestare la stoccata finale alla classe borghese. L’impressione che gli eventi suscitarono in Europa diede una forte spinta alla creazione della CED, la Comunità Europea di Difesa, che prevedeva l’estensione in ambito militare della cooperazione già esistente in ambito economico tra gli Stati della CECA, progetto che fallì di lì a poco. Nel 1954 a Ginevra si riparlò di riunificazione delle Coree, ma senza esiti, e la caduta del muro di Berlino nel 1989 non produsse variazioni sul 38° parallelo, spartiacque tra fratelli, dove ancora si ripete il rito della constatazione della vigenza dell’armistizio.
Fig. 7 – Hillary Clinton, allora Segretario di Stato, visita la Zona Demilitarizzata (DMZ) tra le due Coree sotto lo sguardo vigile di una sentinella nordcoreana, luglio 2010
Elisabetta Esposito Martino
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Il Dongbei ha una struttura produttiva fondata principalmente sulle imprese di Stato, sulle materie prime e sulle risorse naturali. Ciò provoca naturalmente un’eccessiva dipendenza dai prezzi dell’energia con pesanti conseguenze per lo sviluppo economico locale. Non a caso l’attuale rallentamento della crescita economica nazionale viene avvertito maggiormente in tale regione che in altre aree del Paese, che possono contare su una struttura industriale più diversificata.[/box]
Foto di copertina di Roman Harak Rilasciata su Flickr con licenza