giovedì, 14 Novembre 2024

APS | Rivista di politica internazionale

giovedì, 14 Novembre 2024

"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

Associazione di Promozione Sociale | Rivista di politica internazionale

L’intesa tra Russia e Turchia alla prova dei fatti

In 3 sorsi Nei mesi scorsi il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha incontrato il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu per discutere del memorandum d’intesa riguardante la Siria per l’attuazione delle quattro zone di sicurezza che dovranno interessare il Paese. Una rinnovata intesa che non si ferma a questioni geopolitiche ma che interessa anche gli armamenti, il turismo e il commercio. Con importanti ricadute in ambito NATO

1. DA ASTANA A DAMASCO PASSANDO PER IDLIB – Per comprendere le ultime evoluzioni del rapporto tra Mosca e Ankara bisogna ritornare allo scorso maggio quando ad Astana, in Kazakhstan, è stato firmato un memorandum d’intesa per la creazione di quattro zone di sicurezza in Siria, decisione patrocinata anche dall’Iran. Si tratta di un accordo di primaria importanza soprattutto per la zona di Idlib divenuta roccaforte di ribelli con tendenze qaediste: la cittadina infatti, da capitale dei ribelli filoturchi è diventata progressivamente centro di reclutamento per gruppi terroristi, come sottolineato in più occasioni anche dal Ministro degli Esteri di Mosca Lavrov. Un cambiamento ben noto a Mosca visto che nei mesi scorsi si era prospettata anche la possibilità che Ankara lasciasse il controllo della zona ai russi pur di avere rassicurazioni sul fronte curdo. Russia, Iran e Turchia nei negoziati di Astana hanno accettato di stabilire quattro zone di sicurezza in tutto il territorio della Siria: una proprio nella provincia di Idlib, un’altra a nord nei pressi di Homs, una più a sud nelle province di Daraa e Quneitra e infine, quella più grande, nei sobborghi di Damasco. Parlando di Idlib lo stesso Lavrov aveva spiegato: “Presumiamo che Iran, Russia e Turchia, così come altri attori, compresi gli Stati Uniti possano avere un’influenza su tutti i miliziani e i gruppi armati, esclusi i terroristi. Se utilizzeremo simultaneamente l’influenza su certi attori, penso che sarà trovato il compromesso che porterà al cessate il fuoco”. Nel corso del sesto round negoziale dei giorni scorsi si è affrontata proprio la questione di Idlib con la paventata ipotesi di un’azione militare turca a fianco dei gruppi dell’opposizione armata siriana finalizzata proprio a espellere i gruppi jihadisti. Dietro le parole di Lavrov e dietro questa nuova iniziativa per molti è possibile vedere l’inizio di una nuova fase. Lontani i tempi in cui tra Putin ed Erdogan era sceso il gelo a causa dell’abbattimento di un caccia russo nel novembre del 2015. Da circa un anno infatti si registra un certo avvicinamento delle posizioni turche su quelle di Mosca anche se sono in molti a vedere dietro tutto ciò una precisa scelta da parte di Erdogan: il Presidente turco sa che sarà alquanto improbabile trovare una soluzione sulla Siria senza la cooperazione con Mosca, collaborazione che potrebbe poi creare altre sponde favorevoli con lo stesso presidente turco che ha mostrato notevoli aperture al suo interlocutore per la costruzione del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe portare energia in Europa tagliando fuori l’Ucraina. Come confermato nelle ultime ore da Agenzia Nova il consiglio di amministrazione della società energetica russa Gazprom ha valutato positivamente la costituzione di una joint venture con la compagnia turca Botas per il progetto di trasporto di gas naturale inerente il progetto Turkish Stream divenuto il termometro attraverso cui misurare le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. In aggiunta Putin ha calato da tempo l’asso più importante: ha ottenuto che il presidente siriano Bashar al Assad resti al suo posto confermando quanto già compreso da tempo dallo stesso Erdogan e cioè che non c’è futuro in Siria senza la parola di Mosca.

Embed from Getty Images

Fig. 1 –  Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu e il suo omologo russo Sergej Lavrov

2. SUGLI ACCORDI COMMERCIALI I DUE PAESI SI GIOCANO TUTTO – L’intesa è attesa però alla prova dei fatti. Lo scorso maggio i produttori di frutta e verdura turchi, attraverso il loro presidente, Nevzat Akcan, hanno inscenato una dura protesta contro il Cremlino denunciando la mancata apertura dei loro prodotti al mercato russo. Gli agricoltori infatti, proprio in considerazione del miglioramento dei rapporti tra i due Paesi, si aspettavano una maggiore apertura da parte di Mosca dopo le sanzioni che Putin aveva stabilito dopo l’abbattimento del caccia. Il divieto di importazione pesa ancora come un macigno sui rapporti commerciali tra le due controparti. A ciò si aggiunge anche l’obbligo di visto per i cittadini di Ankara in visita sul suolo russo, che impatta il turismo tra i due Paesi. In molti, tra Istanbul e dintorni, hanno iniziato a riflettere sulla convenienza di quest’‘abbraccio’ con Mosca che potrebbe alla lunga essere controproducente. Eppure nel momento più acuto della crisi ucraina quando gli alleati della NATO hanno imposto le sanzioni a Mosca, Ankara si è defilata guardandosi bene dall’imitarli. I rapporti commerciali con Mosca restano dunque vitali e questo tra l’altro è uno dei motivi, se non il principale, del perché Erdogan abbia accettato, in parte, le condizioni di Putin giocando un ruolo secondario in questa fase così delicata per il futuro regionale. A conferma di questa volontà di non guastare l’attuale stato dei rapporti tra i due Paesi sono intervenute anche le parole dello stesso presidente turco che ha ribadito il desiderio di Ankara di aumentare il volume commerciale reciproco con la Russia fino a 100 miliardi di dollari. Obiettivo che interessa soprattutto l’ambito energetico: da qui l’importanza di Turkish Stream coronamento della strategia energetica di Mosca che ha sempre saputo sfruttare il suo vantaggio geostrategico attraverso un sistema di gasdotti che collegano i giacimenti della Russia e della Siberia occidentale all’Europa con Mosca che ha un chiaro e preciso interesse a mantenere la sua posizione di fornitore dominante di gas al mercato del Vecchio continente.

Embed from Getty Images

Fig. 2 – Manifestazione congiunta turco-russa durante la visita di Lavrov in Turchia il 1 dicembre 2016

3. TRA PUTIN E LA NATO C’E’ ERDOGAN – L’attuale stato delle relazioni russo-turche potrebbe dunque dirsi ispirato a ‘mutua convenienza’. A conferma di quanto già ipotizzato dal Caffè Geopolitico e smentendo coloro che profetizzavano un inasprimento delle relazioni dei due Paesi dopo l’attentato che costò la vita all’ambasciatore russo Karlov (19 dicembre 2016), i rapporti tra Putin e il suo omologo sono addirittura migliorati. Tante, troppe le questioni in gioco: anzitutto la Siria con il già citato memorandum d’intesa sulle zone di sicurezza con Erdogan che ha come priorità il mantenimento dell’enclave in Siria, al fine di bloccare le aspirazioni curde e la fase finale della guerra contro l’Isis dimostratosi capace di destabilizzare la Turchia all’interno. A ciò bisogna aggiungere che lo scorso luglio turchi e russi hanno firmato un accordo sulla fornitura dei sistemi missilistici S-400. Ad annunciarlo era lo stesso presidente Erdogan nel corso di una riunione del suo partito, l’Akp (Giustizia e sviluppo).  La Turchia ha poi concluso l’affare con i russi nei giorni scorsi, fatto questo che comporterà inevitabili conseguenze. L’acquisto di tali materiali avrà sicuramente ricadute in ambito strategico e politico: Ankara sarebbe infatti il primo Paese NATO ad acquisire un sistema strategico russo non integrabile nella rete di difesa dell’Alleanza. L’accordo, ed è questo il timore maggiore nelle cancellerie occidentali, potrebbe essere un preludio a un maggiore riduzione, a causa turca, della coesione della NATO, dove comunque Ankara mantiene diritto di veto nel processo decisionale basato su consensus. Sul piano politico infine verrebbe sancito il definitivo distacco ‘morale’ della Turchia dall’Occidente e in particolare dall’Unione Europea con cui i rapporti sono ai minimi storici.

Stefano Di Bitonto

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Circa 17,5 miliardi di metri cubi di gas via pipeline sono stati già trasportati in Turchia dalla Russia dall’inizio dell’anno. A riferirlo il Ministro dell’Energia di Mosca Alexander Novak nel corso di un incontro alla fiera internazionale di Izmir. [/box]

Dove si trova

Perchè è importante

Vuoi di più? Iscriviti!

Scopri che cosa puoi avere in più iscrivendoti

Stefano Di Bitonto
Stefano Di Bitonto

Sono Stefano e ho 34 anni. Giornalista pubblicista da cinque anni, vanto esperienza decennale in diversi quotidiani e portali della mia Napoli dove mi sono occupato prevalentemente di cronaca e politica. Appassionato da sempre di relazioni internazionali e di geopolitica sono laureato in relazioni e politiche internazionali all’Università orientale. Vanto inoltre due master in economia e in studi diplomatici. Il mio interesse principale è per la Russia e per l’America latina anche se negli ultimi anni mi sono letteralmente appassionato di Medio Oriente. Ho deciso di scrivere per ‘Il caffè geopolitico’ perché ha un approccio alla realtà internazionale innovativo. Napoletano verace, amo la pizza ma non so suonare il mandolino.

Ti potrebbe interessare