Il ritrovamento di un corpo nel fiume Chubut, identificato come Santiago Maldonado, rappresenta una svolta nel caso dell’attivista per i diritti dei Mapuche. Ma chi sono i Mapuche? Per cosa lottano?
MALDONADO E MAPUCHE, UN POPOLO IN LOTTA
Sebbene la comunità Mapuche esista da prima che gli europei arrivassero in America Latina, e nonostante la loro storia sia legata al continente anche per via del ruolo svolto nella guerra per l’indipendenza argentina, – il generale San Martin elogiò gli indios per aver combattuto al suo fianco mentre i ricchi figli dell’aristocrazia argentina preferivano restare al di fuori del conflitto –, la nostra storia di italiani incontra quella del popolo della Patagonia in tempi molto recenti, precisamente nel 1991. In quell’anno il gruppo leader dell’industria tessile italiana Benetton compra 900.000 ettari all’interno della regione, in cui stabilisce un allevamento di circa 100.000 pecore, da cui viene prodotto il 10% della lana dell’azienda.
In quel vasto appezzamento di terra, dai tempi della sottomissione e della diaspora portata avanti dagli argentini alla fine del XIX secolo, si erano stabiliti i mapuche, i quali avevano l’intenzione dichiarata di ricostruire il proprio popolo in quella regione. Lo scontro fra gli interessi economici dei proprietari terrieri e dei gruppi industriali da una parte e dei popoli originari dall’altra è stato inevitabile e cruento. Sebbene la costituzione argentina permetta il reclamo delle terre da parte degli indigeni, Benetton si oppose, assicurando che i Mapuche vennero dal Cile, opinione sostenuta anche dal proprietario della Compañía de Tierras del Sud Argentino, Ronald McDonald.
I Mapuche proseguirono lo stanziamento con un piccolo agglomerato di tende e un totale di venti persone stanziate permanentemente, ma erano estremamente organizzati e tenaci. L’ultimo tentativo di sgombero, di circa due anni fa, lasciò in totale 14 feriti, uno dei quali colpito da una pallottola della polizia.
Fig. 1 – Foto di un gruppo di mapuche.
LA SITUAZIONE ATTUALE
La zona occupata è a pochi chilometri da Vuelta del Rio. L’obiettivo dei nativi era la creazione di un nuovo stato fra il territorio cileno ed argentino, per un popolo che “si estende da mare a mare”. La causa Mapuche è giunta persino in Italia, sulle gambe di Atilio e Rosa Curiñanco che, nel 2007, occuparono una parte della terra di Benetton e arrivarono nel nostro Paese per convincere il patrono dell’azienda, Luciano, senza riuscirci.
Attualmente continuano ad occupare 500 ettari senza dar segni di cedimento e senza approvare la violenza. Contro di loro vi è la forza del denaro, degli interessi e delle minacce: il 10 ottobre di quest’anno, come riporta FM RIACHUELO, si è tenuta una conferenza stampa presso la Liga Argentina por los Derechos del Hombre, per ripudiare le minacce indirizzate contro Moira Millán Weichafe, referente della comunità Mapuche. Durante la conferenza si è ribadito il nesso fra le minacce e le rivendicazioni territoriali che la comunità avanza nella provincia di Chubut.
“Sono a Buenos Aires per chiedere agli organismi di diritti umani che si possano articolare alcuni tipi di tutele per la situazione del popolo mapuche”, ha dichiarato Moira Millán Weichafe, la quale ha anche aggiunto che “ci sono 135 mapuche scomparsi a Chubut e la sparizione di Maldonado ha solamente messo in evidenza la situazione”.
MALDONADO, CRONACA DI UNA MORTE (QUASI) ANNUNCIATA
Come molti ricorderanno, Santiago Maldonado risultava scomparso dal 1 agosto di quest’anno. La mobilitazione dell’opinione pubblica, a partire dalla marcia dell’11 agosto a Plaza de Mayo, Buenos Aires, è stata costante e dopo 3 mesi le possibilità di trovare il ventottenne vivo si sono ridotte di volta in volta. La notizia che ha riacceso i riflettori su quello che sembrava il caso di una persona scomparsa senza alcuna possibilità di scoprire la sua fine, è stata il ritrovamento, in data 14 ottobre, di un cadavere nel fiume Chubut – sottoposto ad un ulteriore rastrellamento per ordine del giudice Gustavo Lleral –, proprio nella stessa zona in cui Santiago Maldonado svolgeva la sua attività di sostenitore dei diritti dei Mapuche ed alla Ruta 40, dove è stato visto per l’ultima volta durante una protesta. Il corpo, traslato dalla polizia in un’operazione interamente registrata tramite telecamere, è stato portato tramite aereo sanitario nella capitale argentina, dal momento che solamente lì si trovino gli strumenti necessari per effettuare le analisi di riconoscimento e l’autopsia. Venerdì 20 ottobre, Sergio Maldonado, fratello maggiore di Santiago, ha riconosciuto il cadavere come appartenente al ragazzo scomparso, confermando le più tristi ipotesi sulla sua sorte.
Fig.2 – Installazione commemorativa in occasione di un mese dalla scomparsa di Santiago Maldonado.
Le reazioni al riconoscimento ufficiale, come immaginabile, sono state estremamente dure anche per i tremendi fantasmi del passato che riportano a galla: la cofondatrice delle Madres de Plaza de Mayo Nora Cortiñas ha affermato sabato 21 ottobre che la morte di Maldonado sia il prodotto di un “crimine patrocinato, programmato e perpetrato totalmente dallo Stato”. “La sparizione forzata di una persona”, ha aggiunto, “può essere avvenuta solamente a partire dallo Stato”, riportando il Paese a confrontarsi con i fatti che macchiarono gli anni ’70 e ’80 del secolo precedente.
A seguito di dubbi della stampa sulle ipotesi del giudice Lleral, la famiglia di Santiago Maldonado ha dichiarato tramite un comunicato che non siano state scartate da parte dell’inquirente, ipotesi legate ad un epilogo violento, capace di causare la morte della vittima. Sulla pagina Apariciòn con Vida de Santiago Maldonato, si spiega il comunicato affermando che “Riguardo alcune interpretazioni suscitate a partire dall’assenza di lesioni visibili sul corpo di Santiago, crediamo che siano premature, fraintendano il giudice e cerchino una restrizione intenzionale, opportunista e con obiettivi meschini”. Inoltre, i familiari di Santiago hanno richiesto che il presidente Macri esiga spiegazioni dettagliate da parte del ministro della sicurezza nazionale, Patricia Bullrich, essendo la Gendarmeria Nazionale sotto le sue dipendenze. Con le elezioni di ottobre, il caso Maldonado si prospetta particolarmente influente per la Presidenza Macri, alle prese con le elezioni regionali e con un primo bilancio di metà mandato.
Riccardo Antonucci
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in più
Sulla vicenda Maldonado è intervenuto anche il presidente boliviano Evo Morales, il quale auspica che si faccia luce sul “codardo e condannabile omicidio” e ha inviato le proprie condoglianze alla famiglia della vittima. Trovate più informazioni su quanto ha detto cliccando qui. [/box]