La disuguaglianza mina lo sviluppo del paese. Il fenomeno è globale ed è la prima tra le sfide economiche del prossimo secolo, ma assume in Brasile un carattere sfaccettato tra le differenze regionali. La prima parte è qui.
DISUGUAGLIANZA, CAUSE, POLICIES E RISULTATI
Nonostante la raffigurazione del problema data fin ora sia dura, è fondamentale discutere gli enormi passi avanti fatti dal Brasile negli ultimi due decenni. Ciò può aiutare molto ad approfondire cause e modi di approcciarsi al problema. L’indice di Gini si è ridotto in venticinque anni di 12 punti, mostrando un trend costantemente positivo. E simili traiettorie si possono evidenziare in altri aspetti del problema, da quello razziale a quello di genere. Le risposte che si possono dare per spiegare tale “miracolo” sono tante ed in parte politiche, ma tutte volte a evidenziare cause che possono agire alla radice del fatto. Prima di tutto, considerando parte rilevante del problema il livello educativo, il fatto che negli ultimi due decenni il ritorno medio dell’istruzione sia diminuito può spiegare parte del fenomeno. Un altro fattore che ha contribuito al miglioramento è sicuramente la stabilità macroeconomica portata dal Piano Real del 1994, che ha calmato l’iperinflazione, portatrice d’impatti regressivi sulla distribuzione di reddito.
Ma una determinante significativa del fenomeno è lo sforzo governativo sul piano sociale. Individuando come main target la fascia più povera della popolazione, dal 1994 a oggi i redditi derivanti da trasferimenti sono aumentati molto, grazie a programmi come il Projeto Alvorada o la Bolsa Familia. Portatori di questa “filosofia politica” d’ingente aiuto ai più poveri, seppur accusati di assistenzialismo e scarsa lungimiranza, sono stati i recenti governi del PT. Non sono, tuttavia, i meri trasferimenti di reddito o il prolungato aumento del salario minimo a rappresentare una soluzione più comprensiva, bensì il legame con educazione e salute. Una recente ricerca promossa dall’Imperial College ha evidenziato i grandi risultati ottenuti dall’espansione della salute universale in Brasile sui tassi di mortalità della popolazione nera o meticcia. Anche gli sforzi sul piano educativo, in particolare riguardanti il maggior accesso, le opportunità create e i soldi investiti, sono stati importanti in questo senso. Nonostante ciò, la pessima qualità dell’educazione primaria e secondaria pubblica crea in questo momento varie distorsioni, per cui un’alternativa educazione privata porta più facilità di accesso alle ottime università pubbliche, rendendo ancora più difficile abbattere le barriere della disparità di opportunità
Fig.1 – Un’immagine di Rocinha, la più grande favela dell’America Latina
DISUGUAGLIANZA, LE DECISIONI DI TEMER
Che cosa sta facendo in tutto ciò il governo del contestato Michel Temer? Opinione diffusa è che, nonostante la lieve recente ripresa, l’austerity di stampo brasiliano promuova questo sistema regressivo. Per rilanciare l’occupazione è stata varata una riforma del lavoro simile alla recente legge Spagnola, che ha portato occupazione e crescita a spese di protezione e salari, il che potrebbe avere effetti ancora più iniqui in un paese già di per sé mal distribuito e complicato come il Brasile. I tagli a sanità e educazione per ridurre la spesa pubblica non sembrano di buon auspicio in questo senso. La recente manovra riguardo all’educazione presenta interpretazioni discordanti. Se da una parte Temer ne rileva l’aspetto efficiente, di aumento della qualità e della flessibilità, la differenziazione dei cicli scolastici in cinque grandi macro aree potrebbe portare a una maggiore differenziazione tra scuole di qualità, in grado di garantire un’offerta adeguata, e scuole, specialmente in zone povere, non in grado di offrire lo stesso pacchetto, limitando le opportunità per una larga fetta di giovani.
fig 2 – Il presidente Temer in una foto emblematica
DISUGUAGLIANZA E SISTEMA TRIBUTARIO
Se tutto quanto appena detto è importante per capire il problema nel suo complesso, un aspetto fondamentale per arrivare a percepire la qualità del problema consiste nel soffermarsi sul complesso sistema tributario brasiliano. Il grande problema di quest’ultimo, infatti, è il suo carattere regressivo, quindi privo di equità fiscale e a vantaggio delle fasce più ricche della popolazione.
Secondo l’Oxfam, chi guadagna circa cinquecento volte il reddito minimo in Brasile, paga, al netto, circa la stessa percentuale di chi ne guadagna cinque volte tanto. Ciò avviene a cause di varie distorsioni, le quali caratterizzano un sistema in cui il gettito fiscale è comunque molto alto. Innanzitutto il Brasile, dal 1995, è uno dei pochi paesi OCSE a non tassare i dividendi. In secondo luogo, le aliquote d’imposta del sistema sono solamente quattro, la più alta arrivando al 27,5%, il che non consente di differenziare adeguatamente le categorie reddituali. Le imposte indirette, al contrario, sono abbastanza alte, penalizzando il consumo e l’equità del sistema. Nel 2011 rappresentavano il 50% del carico fiscale (contro una media OCSE del 34%).
Questo sistema tributario, unito alla burocrazia del paese, penalizza anche le piccole-medio imprese, che, al contrario delle grandi corporation, si ritrovano a operare in un ambiente ostile, preferendo talvolta rimanere nell’economia informale. Manca infine una vera e propria tassa patrimoniale, nonostante la garanzia costituzionale. Il mancato confronto nel corso di questi decenni riguardo ciò ha portato sicuramente a peggiorare l’attuale situazione, ma il potere politico di quest’élite è forse ancora troppo forte o il momento storico troppo burrascoso per intravedere qualche apertura in tal senso.
Mario Lorenzo Janiri
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più – In un recente discorso tenutosi a San Paolo dall’ex presidente Statunitense Obama, particolare importanza è stata attribuita al problema della disuguaglianza, vista in particolare come ostacolo alla stabilità politica. [/box]