In 3 sorsi – Il Governo spagnolo di Pedro Sánchez ha approvato un indulto per i leader catalani condannati dopo il referendum del 2017 e il tentativo di secessione, una decisione che viene contrastata sia dai partiti di centro-destra che da quelli catalani.
1. L’APERTURA DI SÁNCHEZ
Il 22 giugno il Governo spagnolo ha annunciato che sarà garantito l’indulto ai nove leader catalani che avevano preso parte al tentativo di secessione nell’ottobre 2017: la dichiarazione unilaterale di indipendenza catalana era stata la conseguenza del referendum tenutosi il 1° ottobre, votato dal 40% degli aventi diritto e dichiarato illegale da Madrid. I secessionisti, accusati di sedizione, erano stati condannati a trascorrere in carcere tra i nove e i tredici anni, una pena definita qualche settimana fa dal Consiglio Europeo “sproporzionata”. L’apertura di Sánchez, guidata da interessi domestici e pressioni internazionali, si colloca in un periodo politico molto dinamico: il 10 luglio il Governo è stato rimodellato, ci si appresta a gestire i fondi del Recovery Plan e il Consiglio dei ministri dovrà discutere la nuova legge contro l’apologia del fascismo nei prossimi giorni.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il premier spagnolo Sánchez
2. INDULTO MA NON AMNISTIA: LE CRITICHE DEI PARTITI
Questo annuncio ha suscitato le critiche sia di partiti di destra come Vox (neo-franchista) e il Partido Popular (PP, centro-destra), sia degli esponenti dei partiti catalani. Vox e il PP accusano infatti Sánchez di aver tradito la patria per ottenere i voti dell’ERC (Esquerra Republicana de Catalunya): la maggioranza in Parlamento si basa infatti sull’astensione di questo partito. Anche il Govern (l’esecutivo catalano), l’ERC e Junts (Uniti per la Catalogna) si sono opposti. Il Presidente catalano Pere Aragonès ha definito questa misura incompleta, richiedendo l’amnistia e definendo l’indipendenza l’unica soluzione possibile: l’amnistia infatti, al contrario dell’indulto, elimina non solo la pena, ma anche il reato. Questa decisione è certamente impopolare, però deriva dal desiderio di riappacificare il Paese. Come infatti è stato osservato anche l’ex premier Zapatero fu criticato quando cominciarono le trattative con l’ETA (l’associazione indipendentista basca), ma oggi il terrorismo basco non è più un problema in Spagna.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Presidente catalano Pere Aragonès
3. UNA DECISIONE POLITICA IN UN QUADRO COMPLESSO
Il quadro politico spagnolo è certamente complesso: la nuova legge della memoria democratica vorrebbe eliminare definitivamente alcune fondazioni come quella intitolata a Francisco Franco, ma è già stata oggetto di contestazioni da parte di chi ritiene che violi la libertà di espressione (nonostante la legge si concentri su apologia del franchismo ed esaltazione della guerra). Inoltre il Governo è stato recentemente “ringiovanito” a seguito del cambio dei vari ministri socialisti della coalizione: non solo l’età media è scesa, ma l’esecutivo è composto da un numero maggiore di donne, tra cui Nadia Calviño, già direttrice del bilancio della Commissione Europea, che è stata nominata vicepresidente (sembra questo un chiaro segnale a Bruxelles in vista dell’arrivo dei fondi del Plan de Recuperación Nacional, approvato il mese scorso). Sánchez tenta dunque di mantenere la maggioranza creando un Governo più politico, che però viva in armonia con le diverse fazioni interne e sopporti le pressioni esterne. L’apertura verso gli indipendentisti catalani potrebbe rivelarsi una mossa decisiva per sbloccare una situazione che è in stallo da tempo, ma i risultati si potranno vedere solo tra qualche mese.
Livia Scalabrelli
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