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Le relazioni euro-russe all’ombra della crisi del gas

AnalisiParallelamente all’ambizioso processo di transizione energetica, l’Unione Europea si ritrova alle prese con una grave crisi di approvvigionamento di gas naturale, le cui dinamiche economiche celano una dimensione securitaria legata alla crescente dipendenza dalle forniture russe. Dietro quella che si configura come un’insidia energetica, si cela una partita strategica destinata a condizionare le sorti del complicato rapporto tra Europa e Russia.

L’EXPLOIT DEI PREZZI DEL GAS IN EUROPA

I postumi della crisi pandemica stanno mettendo alla prova la ripresa economica europea, le cui performance rimangono strettamente legate alle capacità di approvvigionamento energetico, e ciò vale soprattutto per quello di gas naturale, la meno inquinante tra le fonti combustibili, oltre che la più idonea a sopperire all’endemica volatilità della produzione di energia rinnovabile. Rilevanza ribadita dalla poderosa espansione della domanda, il cui rimbalzo è naturale conseguenza del generalizzato degrado dei consumi del 2020 pandemico. Domanda destinata a trainare la ripresa economica attesa nel continente europeo, traducendosi in un incremento dei prezzi talmente sostanzioso da indurre i Governi a intervenire per contenerne l’ascesa incontrollata. Prospettive su cui, tra l’altro, pesa l’incognita della stagione invernale, la cui rigidità climatica rischia di incidere ulteriormente sulla sostenibilità dei consumi energetici europei, contribuendo ad alimentare i timori di una possibile crisi energetica.

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Fig. 1 – Un terminale di ricevimento del gas in Germania

LE CONSEGUENZE DI UN’INADEGUATA DIVERSIFICAZIONE

Alla base delle difficoltà energetiche europee c’è una strutturale carenza di risorse continentali, acuita da una lacunosa strategia di diversificazione delle forniture, i cui timidi progressi (vedi il Corridoio meridionale del gas) non sono riusciti nell’intento di ridimensionare la dipendenza dalla Federazione Russa. L’inadeguato processo di diversificazione promosso dall’Unione Europea ha così precluso l’accesso a fornitori di gas alternativi, consolidando gli schemi di approvvigionamento attuali, che vedono la Russia come l’unico attore potenzialmente in grado di soddisfare i picchi di domanda come quello attuale. A tal proposito vale la pena ricordare che circa il 40% del metano inoltrato via gasdotto e il 15% del gas naturale liquefatto (GNL) importato in Europa nel 2020 provenivano proprio dalla Russia.
Sul piano meramente economico la volatilità dei prezzi del gas che sta interessando i mercati europei è legata alla propensione continentale a preferire sempre di più formule di contrattazione a breve termine, in luogo di quelle di lungo termine privilegiate da Mosca, la cui offerta, spesso giudicata strumentalmente ristretta, è in realtà coerente con gli impegni contrattuali sottoscritti, come rilevato dalla stessa Unione Europea, la cui delusione è circoscritta ai limitati volumi collocati da Gazprom sul mercato spot. Situazione peraltro aggravata dal basso livello delle riserve di gas stoccate a livello continentale, intaccate sensibilmente all’inizio dell’anno per fronteggiare una domanda stagionale di entità decisamente superiore alle aspettative.
E se è vero che l’offerta di GNL configura un’alternativa al metano russo, è altrettanto vero che l’incremento dei prezzi del gas è conseguenza della poderosa espansione della domanda di questa particolare risorsa sui mercati asiatici, dove i prezzi più alti inducono gli operatori del settore a preferirli a quelli europei, costretti ad adeguare le tariffe per reggere la concorrenza.

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Fig. 2 – Il logo di Gazprom sulla stazione di Slavyanskaya, parte del gasdotto Nord Stream 2

LA PARTITA STRATEGICA SULLO SFONDO DEL DOSSIER NORD STREAM 2

La precaria situazione energetica europea va poi inquadrata sul piano strategico, specialmente alla luce del progressivo degrado delle relazioni con la Federazione Russa, il cui nodo centrale rimane la crisi ucraina. Contrapposizione strategica che continua a polarizzare le attenzioni sul Nord Stream 2, il gasdotto con cui a Mosca intendono soppiantare definitivamente l’instabile corridoio ucraino. Ambizione che, se realizzata, priverebbe l’Ucraina delle cospicue entrate derivanti dai sostanziosi diritti di transito del gas russo sul proprio territorio nazionale, peraltro oggetto di un conflitto che nelle ultime settimane sembra aver riacquisito vigore, mettendo alla prova gli accordi di Minsk del 2014. Di certo l’incognita della ripresa delle ostilità non contribuisce a rasserenare le prospettive della sicurezza energetica europea, rievocando lo scenario della crisi degli approvvigionamenti del 2009. Situazione ulteriormente complicata dai recenti fermenti al confine tra Polonia e Bielorussia, soprattutto dopo la minaccia di Lukashenko di bloccare il flusso del gasdotto Yamal, in risposta alle nuove sanzioni prospettate dall’Unione Europea. Dinamiche che, se proiettate sul piano negoziale, sembrano favorire la posizione della Russia a discapito di quella dell’Unione Europea, contribuendo a degradare i rapporti fiduciari su cui si fonda la loro storica partnership energetica.

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Fig. 3 – Un altro particolare della stazione di Slavyanskaya, situata circa 100 chilometri a ovest di San Pietroburgo

Che sia casuale o meno, il degrado della situazione in Ucraina e Bielorussia sta evidenziando il dilemma relativo al Nord Stream 2, i cui lavori sono stati ultimati a inizio settembre. Dal canto loro i russi contavano di attivare il gasdotto entro la fine del 2021, e lo stesso Vladimir Putin ha recentemente evidenziato come ciò possa venire tempestivamente incontro alle esigenze della domanda europea. E sebbene lo scoglio delle sanzioni statunitensi sia stato sostanzialmente aggirato, il recente congelamento dell’iter autorizzativo del Nord Stream 2 da parte delle Autorità tedesche rischia di precludere la realizzazione di questo scenario, peraltro fermamente osteggiato dalla Polonia e dai Paesi baltici. A complicare questo stallo burocratico, contribuiscono le prospettive della prossima coalizione di Governo della Germania post-Merkel, dove la posizione favorevole al gasdotto dei socialdemocratici è decisamente meno convinta tra i verdi e i liberal-democratici, entrambi soddisfatti dal congelamento dell’iter di certificazione. Ma al netto delle posizioni politiche, con buona probabilità, dopo l’accordo trilaterale che nel 2019 ha garantito il transito in Ucraina del gas russo diretto in Europa fino al 2024, l’indirizzo strategico del nuovo Governo di Berlino sarà quello di mantenerlo fino al 2034, avvicinando le posizioni di Kiev e Mosca. Ad ogni modo, sorvolando su questi scenari futuri, se l’attuale crisi dei prezzi del gas degenererà nell’immediato in una vera e propria crisi energetica dipenderà innanzitutto dagli sviluppi delle crisi in Ucraina e Bielorussia, ma in buona sostanza anche dalla celerità con cui la Germania si approccerà al dossier Nord Stream 2, accelerandone o rallentandone l’iter di attivazione. Situazioni come questa confermano che il tempo è denaro, ma il problema che rende particolare questo specifico caso è che non sempre i tempi e le regole dell’economia coincidono con quelli della politica.

Antonino Spina

Photo by Magnascan is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

• La significativa espansione dei prezzi del gas naturale sta mettendo alla prova la ripresa economica europea, rischiando di ridimensionarne le prospettive.
• La crisi dei prezzi evidenzia l’inadeguato processo di diversificazione delle forniture di gas, accentuando la dipendenza europea dalle importazioni russe.
• I fermenti in Ucraina e Bielorussia fanno da sfondo strategico al dossier Nord Stream 2, i cui sviluppi influenzeranno il futuro delle relazioni internazionali euro-russe nell’era post-Merkel.

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Antonino Spina
Antonino Spina

Siciliano, laureato in Scienze politiche e delle relazioni internazionali presso l’Università degli studi di Catania. Appassionato di storia e geopolitica. Seguo con particolare interesse la politica internazionale, soprattutto le dinamiche e gli sviluppi inerenti il mondo dell’energia e della difesa.

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