Analisi – Il degrado della crisi tra Ucraina e Russia sta amplificando gli effetti della crisi dei prezzi del gas in Europa, mettendo in risalto le capacitĂ del gas naturale liquefatto (GNL) di sopperire all’eventualitĂ di un blocco parziale o totale delle forniture di gas proveniente dalla Russia. Scenario in cui le dinamiche economiche si intersecano con le prioritĂ strategiche dei principali Paesi produttori di GNL.
IL RUOLO DEL GNL AMERICANO
Il significativo aumento dei prezzi del gas in Europa sta incrementando i margini di competitività del GNL proveniente degli Stati Uniti, che proprio quest’anno saranno nelle condizioni assumere la leadership globale del settore. Prezzi che si sono avvicinati a quelli prevalenti sui mercati asiatici, anche se questi ultimi rimangono mediamente più redditizi per gli operatori del settore. L’incremento dei volumi di GNL in Europa viene considerato a Washington come una duplice opportunità , giacché, oltre a contribuire al ridimensionamento delle relazioni euro-russe, permetterebbe anche di ridurre lo squilibrio commerciale nei confronti dell’Unione Europea. Proposito certamente ambizioso, ma che gli Stati Uniti hanno faticato a concretizzare a causa dello stallo dei negoziati con l’UE inerenti all’accordo di libero scambio. Ciononostante nel 2020 il 40% del GNL americano è stato inoltrato proprio in Europa, coprendo circa il 20% della domanda continentale di questa particolare risorsa. L’entità di questi volumi sembra destinata a crescere, come evidenzia il numero di navi metaniere americane che in questi primi mesi del 2022 stanno privilegiando le rotte europee a quella asiatiche. Questo trend, come già accennato, è condizionato dalla significativa riduzione del divario dei prezzi tra Europa e Asia, ma anche dalla crescente preoccupazione americana che le esigue riserve di gas europee possano rilevarsi insufficienti a concludere in sicurezza la stagione invernale.
A Washington, infatti, temono che questa crisi dei prezzi possa degenerare in una vera e propria crisi energetica, la cui dimensione economica rischia di riverberarsi sul piano strategico. A tal proposito va tenuto conto che la crescita dei prezzi del gas in Europa, per quanto grave, potrebbe rivelarsi un problema secondario in caso di conflitto tra Russia e Ucraina, giacché il danneggiamento delle infrastrutture di trasporto o il deliberato blocco delle forniture da parte di Mosca potrebbero pregiudicare seriamente la sostenibilità dell’economia europea. La dimensione securitaria intrinseca a questa eventualità è motivo di grande preoccupazione negli Stati Uniti, dove è ben chiaro che il previsto incremento delle forniture di GNL in Europa potrebbe integrarne il fabbisogno energetico, ma non in misura tale da colmarlo del tutto, se non al costo di disattendere le considerevoli forniture destinate ai mercati asiatici, che nel 2020 hanno assorbito più del 40% delle loro esportazioni.
Fig. 1 – Una nave trasporto di gas naturale liquefatto (GNL) nel porto di Sabine Pass (Texas)
IL RUOLO DEL QATAR
Consapevoli dei limiti della propria produzione nazionale, il Governo statunitense si è adoperato per allargare l’offerta di GNL potenzialmente fruibile dai mercati europei in caso di emergenza, interloquendo in particolar modo con il Qatar, il secondo esportatore globale di gas naturale liquefatto. E sebbene l’emirato arabo sia il secondo fornitore di GNL del continente europeo, il suo mercato di riferimento rimane quello asiatico, dove nel 2020 ha esportato poco meno del 70% della propria produzione di GNL che, al pari di quello statunitense, viene commercializzato ricorrendo a formule di lungo periodo integrate da rigide clausole di destinazione. Ciononostante in occasione della recente visita alla Casa Bianca dell’Emiro Tamim bin Hamad al-Thani, il Presidente americano Joe Biden ha avuto modo di sondare la fattibilità di un’eventuale incremento delle esportazioni di GNL qatarino da destinare ai mercati europei, verso cui nel 2020 ha inoltrato poco meno del 30% della propria produzione nazionale. L’Amministrazione Biden confida di poter convincere Doha a esercitare la propria influenza sulle sussidiarie della compagnia nazionale QatarEnergy, in modo da spremere al massimo la capacità produttiva degli impianti di liquefazione, prendendo in considerazione l’opportunità di procrastinare i cicli di manutenzione programmati. Scenario su cui potrebbero influire due importanti compagnie americane come ExxonMobil e ConocoPhillips, entrambe legate da accordi di joint venture con la QatarEnergy nella gestione degli impianti di liquefazione situati all’interno del polo petrolchimico di Ras Laffan, il più grande al mondo. A tal fine gli Stati Uniti starebbero esercitando una notevole influenza anche su Giappone e Corea del Sud, cercando di convincerli ad accettare un’eventuale rimodulazione delle forniture contrattualizzate proprio con il Qatar, così da metterlo nelle condizioni di dirottarle tempestivamente in Europa in caso di necessità .
E se è vero che la rimodulazione delle forniture potrebbe dare luogo a degli onerosi contenziosi finanziari, è altrettanto probabile che possano essere compensati sul piano politico, soprattutto alla luce del rinnovato indirizzo strategico con cui Biden sembra intenzionato a superare le gelide relazioni che la precedente Amministrazione Trump ha intrattenuto con il Qatar, includendolo tra i principali alleati extra-Nato degli Stati Uniti. Sviluppo che a breve potrebbe permettere al Qatar di accedere a una corsia preferenziale per l’acquisto di sistemi militari attualmente preclusi ad altri importanti Paesi della regione come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Tra l’altro, il potenziamento delle relazioni con Washington permetterebbe a Doha di sfruttare una significativa leva politica per alleggerire l’assedio diplomatico impostogli dagli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo, proprio alla vigilia dei mondiali di calcio FIFA, che l’Emirato ospiterĂ alla fine dell’anno. Doha ha investito molto nell’organizzazione di questo evento vetrina per acquisire una maggior rilevanza internazionale, e accattivarsi i favori di Stati Uniti ed Europa sarebbe sicuramente un ottimo modo di favorire tale proposito.
Fig. 2 – Il Presidente statunitense Joe Biden insieme a Tamim bin Hamad al-Thani, emiro del Qatar, 31 gennaio 2022
LA DIMENSIONE ECONOMICA DELLA CRISI ENERGETICA
Per quanto possano essere disponibili, i Paesi asiatici come il Giappone e la Corea del Sud sono nelle condizioni di poter rinunciare solo a quote marginali delle proprie importazioni di gas, indispensabili per tenere il passo dell’economia cinese. Infatti i margini energetici potenzialmente alienabili al mercato asiatico sono decisamente esigui, e per capirlo basta far riferimento all’Australia che, sebbene principale produttore globale di GNL, esporta la totalità della produzione proprio in Asia. Su tali considerazioni pesa anche l’incognita della crescente volatilità dei prezzi del gas, giacché un’eventuale shock energetico europeo determinerebbe un incremento dei prezzi su scala globale tale da indurre i Paesi asiatici a tutelarsi, preferendo incrementare le proprie scorte anziché rinunciarvi. Tra l’altro il ridimensionamento delle importazioni di gas in Asia avrebbe anche un non indifferente costo ecologico, dal momento che dovrebbero essere compensate ricorrendo a fonti come il carbone e il petrolio, caratterizzate da tassi di emissioni di CO2 decisamente più elevati.
L’Unione Europea possiede certamente il potenziale per attingere a tutte le opportunità che il mercato del gas naturale liquefatto le offre, vantando una capacità di rigassificazione aggregata che a pieno regime è in grado di processare circa il doppio dei volumi di GNL importati nel 2020. Volumi che, al netto di prezzi nettamente più alti di quelli attuali, sarebbero teoricamente sufficienti a sopperire a un eventuale blocco totale delle forniture russe. Ma per quanto sostanzioso, il potenziale di rigassificazione europeo risulta pregiudicato da una struttura ristretta dell’offerta globale di GNL, per di più polarizzata verso i più competitivi mercati asiatici. Alla luce di queste considerazioni, lo sforzo congiunto di Stati Uniti e Qatar potrebbe realisticamente mettere l’Europa nelle condizioni di superare con relativa agevolezza un’eventuale emergenza transitoria, ma non di sopperire a un prolungato blocco delle forniture di gas russo. Va infatti considerato che le esportazioni aggregate di GNL che i due Paesi hanno inoltrato in Europa nel 2020 hanno rappresentato appena il 10% delle importazioni complessive di gas naturale europee. Quantitativi che difficilmente potrebbero integrare in maniera significativa senza stravolgere l’attuale struttura del mercato globale del gas. L’Europa si ritrova dunque a scontare un’offerta globale di GNL ristrettissima che, oltre a rendere strutturale l’attuale livello dei prezzi del gas, non costituisce un’alternativa sostenibile alle importazioni russe, e ciò vale soprattutto per i Paesi centro-orientali sprovvisti di impianti di rigassificazione. Congiuntura che condiziona pesantemente le relazioni tra Europa e Russia, mettendo in evidenza la rilevanza, spesso marginalizzata, della dimensione economica delle relazioni internazionali.
Antonino Spina
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