In 3 Sorsi – La nascita di un nuovo movimento ribelle nell’Ituri sostenuto dall’Uganda riaccende i riflettori sul ruolo ambiguo di Kampala nelle regioni orientali della RDC.
UN NUOVO GRUPPO NELL’ITURI
Thomas Lubanga, criminale di guerra condannato dalla Corte Penale Internazionale (CPI), ha annunciato la fondazione di un nuovo movimento politico-militare, la Convention pour la Révolution Populaire, nella regione congolese dell’Ituri, al confine con l’Uganda.
La nascita dell’ennesimo gruppo ribelle nell’area orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC) non fa che aggiungere instabilità a una situazione di estrema tensione, nella quale molti analisti intravedono i prodromi di una “grande guerra” africana combattuta sul suolo congolese, come avvenne più di vent’anni fa.
Il ritorno di Lubanga sulla scena offre lo spunto per riflettere sulle mosse del suo principale sponsor, l’Uganda, e sui suoi interessi nel Congo orientale, in modo da chiarire l’ambigua postura che il Paese assume nel rapporto “triangolare” con la RDC e con l’altro attore-chiave della regione, il Ruanda.
Fig. 1 – Thomas Lubanga di fronte alla Corte Penale Internazionale, che lo ha condannato per crimini di guerra nel 2012, L’Aia, 1° dicembre 2014
IL CASO LUBANGA
Lubanga è stato uno dei principali warlords durante la fase più sanguinosa (1999-2003) del conflitto nell’Ituri, che contrappone tutt’oggi i contadini di etnia Lendu e i pastori Hema. A capo della principale coalizione Hema, l’azione bellica di Lubanga è stata caratterizzata da violenze contro i civili e, soprattutto, dall’impiego di bambini soldato reclutati a forza. Fino al 2003 Lubanga riceveva sostegno dall’Uganda, nell’ambito della Seconda Guerra del Congo.
Tuttavia, fu proprio l’esercito ugandese – esaurita l’utilità dei ribelli – a lanciare una campagna militare che, infine, avrebbe portato all’arresto di Lubanga da parte delle Autorità congolesi nel 2005, in forza di un mandato di cattura della CPI. Lubanga è noto per essere stato la prima persona condannata dalla Corte, nel 2012: giudicato colpevole di crimini di guerra, ha scontato la pena, uscendo di prigione nel 2020. Dopo aver tentato invano di reinserirsi nella politica congolese, ha cercato asilo presso il vecchio sostenitore, il Presidente ugandese Yoweri Museveni.
A dicembre, il redivivo Lubanga era tornato agli onori della cronaca dopo la pubblicazione di un rapporto ONU che lo accusava di aver facilitato le relazioni tra il Movimento M23, milizia filo-ruandese attiva nel Kivu, e gruppi ribelli Hema. Lubanga avrebbe fatto leva sui suoi legami etnici e politici per reclutare miliziani nell’Ituri, destinati a ingrossare le fila dell’M23 dopo aver ricevuto un addestramento in Uganda.
Fig. 2 – Il Presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni a Nairobi, 16 maggio 2024
LE AMBIGUITĂ€ UGANDESI
Il fatto che l’Uganda venga chiamato in causa non sorprende affatto. In precedenza, a giugno, un altro rapporto ONU aveva accusato proprio Kampala di sostenere silenziosamente l’M23, permettendo il passaggio di armi e miliziani attraverso il proprio territorio. Si sarebbero anche verificati degli incontri tra ufficiali dell’intelligence ugandese e capi dell’M23, anche se questi potrebbero aver avuto il solo scopo di evitare contatti tra le truppe ugandesi di stanza in Ituri e i ribelli filo-ruandesi in rapida espansione nel confinante Kivu settentrionale.
Infatti, l’esercito ugandese è presente con forze regolari nell’Ituri, su richiesta del Governo di Kinshasa, per contribuire alla lotta antiterrorismo contro la milizia etnica Lendu Coopérative pour le développement du Congo (CODECO) e il movimento islamista Allied Democratic Forces, originario dell’Uganda, ma da anni attivo nel Congo orientale. A febbraio il contingente ugandese nella regione è stato aumentato di mille unità , nell’ambito dell’operazione “Shujaa” che lo vede impegnato al fianco delle Forze Armate congolesi. Tra febbraio e marzo, i militari ugandesi hanno preso il controllo della capitale regionale dell’Ituri, Bunia, e della città di Mahagi al confine settentrionale, assicurandosi l’intera sponda occidentale del lago Alberto. L’azione è stata giustificata con la necessità di proteggere i civili, ma di fatto lo scopo è mettere in sicurezza una porzione del confine tra Uganda e RDC.
In questo contesto, la rinascita di una milizia di etnia Hema legata a Lubanga potrebbe essere stata sponsorizzata da Kampala proprio per sfruttare le decennali tensioni etniche in funzione dei propri interessi: contrasto ai gruppi ribelli ostili, contrabbando delle risorse minerarie dall’Ituri (principalmente l’oro), controllo delle vie commerciali verso la RDC e, soprattutto, contenimento dell’influenza ruandese nel Congo orientale.
Fig. 3 – Soldati ugandesi e congolesi pattugliano una strada nel Nord Kivu nel quadro della operazione congiunta antiterrorismo Shujaa
UGANDA E RUANDA: NEMICI-AMICI
Uganda e Ruanda sono molto legati, non ultimo dai rapporti personali tra i due Presidenti. Il ruandese Paul Kagame ha infatti combattuto a fianco di Museveni negli anni Ottanta e, dopo la conquista del potere, il Presidente ugandese ha garantito il proprio sostegno alla guerriglia di Kagame in Ruanda. I due sono poi stati alleati nella Prima Guerra del Congo (1996-97), ma si sono combattuti in alcune fasi della Seconda (1998-2003). Il rapporto tra i due Paesi oscilla tra collaborazione e competizione, dal momento che alcuni interessi coincidono, mentre altri collidono: entrambi vogliono prevenire una forte presenza del Governo centrale congolese nella regione orientale e mantenere l’accesso alle risorse; tuttavia, le rispettive aree di influenza in RDC rischiano spesso di accavallarsi, generando nervosismi. Dunque, Kampala e Kigali concorrono insieme alla perenne debolezza di Kinshasa, ma ognuna cerca di scongiurare che l’altra acquisti un’influenza egemonica nell’est della RDC.
Tensioni tra Uganda e Ruanda avevano portato alla chiusura del confine tra i due Paesi nel 2019-21, crisi risolta dalla mediazione del figlio di Museveni, il generale Muhoozi Kainerugaba. Il generale è molto vicino a Kagame, che chiama affettuosamente “zio”, e ha più volte espresso il suo sostegno esplicito all’M23 su X. Il delfino di Museveni non è nuovo a dichiarazioni incaute sui social, tuttavia le sue esternazioni hanno messo in imbarazzo il padre, che saggiamente ha sempre tenuto una posizione ambigua, negando di appoggiare l’M23.
A marzo, Kainerugaba si è recato ben due volte in Ruanda per incontrare Kagame e discutere questioni di sicurezza. Molto probabilmente si è parlato anche della situazione congolese, dove gli interessi ugandesi e ruandesi continueranno a scontrarsi e incontrarsi. Gli esiti di questa dinamica sono difficilmente prevedibili: si arriverà a una guerra generale come alla fine degli anni Novanta o nell’est della RDC proseguirà la gestione “condominiale” e predatoria di Ruanda e Uganda? La sola cosa certa è che a subire le conseguenze più gravi saranno, come sempre, le già martoriate popolazioni della regione.
Giovanni Tosi
“Aveba, district de l’Ituri, Province Orientale, DR Congo : Des militaires FARDC en patrouille.” by MONUSCO is licensed under CC BY-SA