In 3 sorsi – Da mesi ormai i due giganti asiatici si scontrano sul confine himalayano senza trovare una soluzione pacifica. Controversie territoriali che dal 2009 sono sfociate in sporadici in dissapori subito calmierati grazie a meeting e protocolli di sicurezza bilaterali. PiĂą recentemente invece Cina e India sembrano essersi allontanate dalla diplomazia, intensificando i contrasti sulla frontiera.
1. TERRITORI CONTESI E NON RICONOSCIUTI
Alla base della disputa l’Aksai Chin, un territorio ceduto nel 1962 dal Pakistan alla Cina e che invece viene rivendicato dall’India. Da entrambe le parti il territorio viene conteso secondo ragioni storico-politiche. Pechino considera infatti come confine interno la linea Macartney-MacDonald del 1899, che divideva il Ladakh dall’Aksai Chin, nonostante il Governo centrale non ne abbia mai dato ufficialità . L’India invece si aggrappa al suo passato “britannico” annettendo al proprio territorio anche la linea Ardagh-Johnson, che include prioprio l’Aksai Chin. Nonostante i continui tafferugli e i tentativi di distensione diplomatica, la situazione del confine sino-indiano rimane ancora abbastanza complessa per motivi che vanno purtroppo oltre il fatto che Modi e Xi Jinping condividano gli stessi obiettivi in molti summit internazionali, come il gruppo dei BRICS.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un convoglio militare indiano in viaggio verso il confine con la Cina in Ladakh, giugno 2020
2. COSA STA SUCCEDENDO
A partire da maggio diverse schermaglie hanno avuto luogo nella valle di Galwan, quando i militari cinesi hanno cercato di fermare la costruzione di una strada indiana. Nonostante i Border Personnel Meeting (BPM) e i protocolli di sicurezza siano un valido espediente per sedare sul nascere gli attriti sulla LAC (Line of Actual Control), ovvero il confine che delimita le relative postazioni lungo la catena himalayana, non sempre si è riuscito a evitare lo scontro durante i pattugliamenti frontalieri. Da mesi infatti ormai i media internazionali sono concentrati sulla preoccupante spirale di violenza sino-indiana e i conseguenti blame games.
Tra agosto e i primi di settembre India e Cina si sono affrontate diverse volte sul confine accusandosi vicendevolmente. Prima Delhi ha incolpato Pechino di aver provocato tali tensioni militari, poi la Cina ha accusato l’India di aver fatto fuoco sulle proprie pattuglie. Di fatto una situazione così tesa non si vedeva dal 1975. Solo dopo 21 anni si riuscì a trovare un accordo in cui veniva concordato da entrambe le parti il divieto dell’uso di armi e esplosivi proprio per evitare che la situazione diventasse fuori controllo. Le schermaglie sul confine sino-indiano stanno diventando sempre più allarmanti, visto che India e Cina sono entrambe potenze nucleari. Inoltre un’eventuale guerra sino-indiana potrebbe avere disastrosi risvolti economici e finanziari. I colossi tecnologici cinesi hanno infatti già subito pesanti ripercussioni per gli attriti frontalieri: il Governo indiano ha bannato oltre 150 app cinesi, incluse Tik Tok e WeChat. Dall’altra parte invece l’India potrebbe perdere pezzi importanti della partnership commerciale con la Cina.
Fig. 2 – Putin e Lavrov partecipano ai lavori dell’ultimo vertice SCO di Mosca, svoltosi prevalentemente in videoconferenza a causa della pandemia di Covid-19
3. PUTIN ARBITRO DELLA PARTITA
A Mosca si guarda da tempo all’Asia come parte di un grande continente eurasiatico. Putin mira pertanto ad avere un vicinato stabile e che consideri la Russia come un costante punto di riferimento diplomatico.
La necessità di normalizzare la situazione con India e Cina è d’altro canto determinata dall’enorme portata degli attori coinvolti in campo, fattore non trascurabile considerato il potenziale economico e bellico di entrambe. Un’altra ragione per cui la Russia vuole inserirsi nella contesa è inoltre il desiderio di recuperare la propria influenza geopolitica in Asia meridionale, perduta parzialmente dopo la guerra in Afghanistan. La risoluzione delle ostilità sino-indiane sotto la supervisione russa darebbe leadership e riscatto per l’umiliazione subita a Kabul negli anni Ottanta.
Intanto il Governo russo ha iniziato pragmaticamente ad avviare la distensione tra le parti. A inizio settembre Mosca è stata infatti la sede dell’ultimo meeting dell’SCO (Shanghai Cooperation Organization), in cui, tra i punti all’ordine del giorno, si è ovviamente discusso delle situazione in Himalaya. Il Ministro degli Esteri russo Lavrov si è detto molto contento di aver ospitato l’incontro a Mosca, soprattutto perché molto produttivo, visto che Cina e India sembrano avere raggiunto un’intesa di massima per una de-escalation sull’Himalaya.
Massimiliano Giglia
Photo by Chethan Gowda is licensed under CC0