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Power ranking delle Forze Armate africane

Miscela Strategica – Quali sono le maggiori potenze militari nell’Africa subsahariana? Ecco una breve classifica basata sia su alcuni dati numerici, sia sulle minacce che le Forze Armate regolari si trovano ad affrontare.

AVVERTENZE – Osservando la realtà dell’Africa subsahariana si nota come la maggior parte dei conflitti in corso non contrappone attori statali, bensì eserciti regolari e soggetti quali gruppi terroristici, formazioni di insorti e organizzazioni criminali. In alcuni Paesi, il ruolo militare delle Forze Armate – senza addentrarci negli aspetti politologici e sociologici – rimane predominante, sia per la difesa dell’integrità territoriale (come in Nigeria), sia perché costantemente sollecitato da minacce interne ed esterne (per esempio l’Etiopia). Cerchiamo quindi di capire quali Stati subsahariani dispongano dei 5 migliori apparati bellici.

Prima di procedere, però, è necessaria un’avvertenza: la breve classificazione non ha alcuna pretesa di oggettività, per due motivi in un certo senso consequenziali. Innanzitutto, non si hanno dati certi sugli armamenti delle singole Forze Armate, poiché i Paesi africani tendono, a seconda delle circostanze, a sovrastimare o sottostimare le proprie reali dotazioni. Per di più, le forniture di armi al continente nero sono state subordinate alle dinamiche geopolitiche degli ultimi settanta anni, soprattutto durante la Guerra Fredda, mentre oggigiorno i singoli Paesi intrattengono relazioni commerciali con più attori esteri, magari tra loro anche conflittuali, limitandosi a commissionare modelli già in produzione o a comprare materiale usato, spesso all’interno di accordi sul filo del diritto internazionale.

In secondo luogo, una tale serie di motivazioni spinge a intervenire nella classificazione riflettendo su criteri più politici – per non dire soggettivi, – sulla base quindi della percezione degli impegni e delle minacce che gli Stati devono affrontare e hanno affrontato nel passato

Altra notazione è che in un’ideale top ten delle Forze Armate africane il primo posto spetterebbe all’Egitto, ma in ordine sparso dovrebbero essere inseriti anche Algeria, Libia, Marocco e Tunisia: la prima potenza militare subsahariana (che non sveliamo ancora) avrebbe al massimo la medaglia di bronzo.

Addestramento di soldati nigeriani
Addestramento di soldati nigeriani

5) ANGOLA: FORZE IN FASE DI RIASSETTO – Con 130mila effettivi, Luanda dispone di almeno 3 milioni di cittadini abili al servizio, grazie anche a un incremento annuo di circa 310mila angolani che raggiungono l’età del servizio militare. Il Corpo più ampio è l’Esercito, composto complessivamente da 120mila membri e dotato di almeno 140 carri, per lo più di produzione sovietica (in particolare T-54 e T-55) e 920 veicoli corazzati (serie BRDM, BMP e BTR). L’Aviazione ha 8mila unità di personale, con 90 aerei da combattimento (Sukhoi e Mig) e 15 elicotteri da assalto, i russi MI-25 e MI-35. La Marina, infine, conta su 2.500 tra uomini e donne ed è dotata soprattutto di imbarcazioni medio-piccole e rapide per il pattugliamento costiero, ma a breve potrebbero essere acquistate alcune navi dalla Spagna. Il budget per la difesa nel 2012 è stato di circa 4 miliardi di dollari (4,2% del PIL). L’Angola non deve affrontare al momento serie minacce dall’esterno, però ci sono alcune incognite che potrebbero impegnare le sue Forze Armate nel breve futuro. La vicinanza con la Repubblica democratica del Congo, infatti, è un motivo di possibile destabilizzazione delle regioni periferiche (non è un caso che Luanda sia promotrice di un ampliamento della presenza internazionale nel Paese). Inoltre l’incremento delle attività di pirateria nel Golfo di Guinea potrebbe affrettare il programma di ammodernamento della flotta, senza dimenticare il rischio di una nuova fase di insorgenza nella Provincia di Cabinda. Comunque, le truppe angolane sono già attive – per alcuni in modo controverso – nella cooperazione militare con Capo Verde e Guinea-Bissau.

4) KENYA: ALLA BASE DEL CORNO D’AFRICA – Il Kenya è uno dei principali attori africani degli ultimi quindici anni, soprattutto per i ruoli nella crisi del Corno e nelle missioni internazionali di pace. Le Forze Armate di Nairobi sono composte da poco più di 24mila unità ripartite tra Esercito (20mila), Aviazione (2.500) e Marina (1.500). A fronte di una popolazione di 44 milioni di persone, gli abili al servizio sono 12,5 milioni, con un aumento annuo di 840mila uomini. I carri armati a disposizione della Forza di terra sono quasi 200, per lo più di provenienza britannica (i Vickers Mk3 sono 76), così come gli oltre 2mila mezzi corazzati. L’Aeronautica dispone di 134 velivoli, tra i quali alcuni Northrop F-5E Tiger II, mentre la Marina annovera una ventina di imbarcazioni, quasi tutte per il pattugliamento costiero. Il budget per la Difesa ammonta a circa $600 milioni, ossia il 2% del PIL. L’aspetto importante, però, è che nel corso degli anni le Forze Armate keniote sono divenute tra le migliori dell’intera Africa, raggiungendo un’ottima reputazione all’interno della comunità internazionale, nonostante i molti scandali in seguito a casi di corruzione e violazione dei diritti umani in Somalia. I militari di Nairobi possono vantare un buon equipaggiamento e un addestramento di primo livello, soprattutto grazie alla collaborazione di USA, Regno Unito, Francia e Sudafrica. Il Kenya è attivamente impegnato in Somalia con circa 4.500 soldati contro al-Shabaab dal 2011 (dal 2012 si è unito alla missione dell’Unione Africana) e in Sudan del Sud con 700 unità. Per quanto riguarda le minacce, le Forze Armate keniote devono affrontare la costante presenza del terrorismo islamico, senza dimenticare la questione etnica somala nella Provincia Nordorientale e il pericolo della pirateria. Una variabile, infine, è la tensione con l’Uganda per il controllo dell’Isola Migingo, nel Lago Vittoria.

Le sfide per la sicurezza della Nigeria
Le sfide per la sicurezza della Nigeria

3) NIGERIA, LE MINACCE INTERNE – La lotta contro Boko Haram, l’insorgenza nel delta del Niger, la pirateria nel Golfo di Guinea, il contributo alla difesa delle installazioni per l’estrazione di idrocarburi sono i compiti con i quali le Nigerian Armed Forces si confrontano quotidianamente. In poche parole, si potrebbe affermare che i militari nigeriani, al netto di corruzione, connivenze e comportamenti controversi, operino prioritariamente per la difesa dell’integrità del proprio Paese. L’Esercito si compone di circa 100mila elementi, molti dei quali in missione all’estero (Costa d’Avorio, Darfur, Distretto di Abyei, Haiti, Libano, Liberia, Mali, RDC, Sahara occidentale, Sud Sudan). I mezzi di terra sono quasi 2mila: 363 carri armati (soprattutto T-54/T-55 sovietici e Vickers Mk3 britannici) e 1.500 veicoli corazzati. L’Aeronautica conta su 13mila uomini, addestrati tra Canada, Etiopia, Germania e India, e dotati di caccia cinesi Chengdu F-7. La Marina (10mila effettivi), invece, dispone di 75 imbarcazioni, tra le quali tre fregate, quattro corvette e – per curiosità – due cacciamine di produzione italiana (Classe Lerici). Quanto a ulteriori dati generici, gli arruolabili (uomini e donne) sarebbero fra i 30 e i 40 milioni (+3,4 milioni ogni anno), mentre il budget per la Difesa nel 2012 è stato di $2,5 miliardi, pari a poco meno dell’1% del PIL.

2) SUDAFRICA: LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA – Da anni – e in questo periodo si ha un acuirsi del dibattito a riguardo – le Forze Armate sudafricane hanno vissuto costantemente sul doppio binario che contrappone le esigenze per il mantenimento di un apparato militare efficiente e le ristrettezze del budget. La polemica è tornata alla cronaca dalla fine del 2013, con i vertici della Difesa sudafricana che hanno posto l’attenzione sull’impossibilità di proseguire con gli impegni internazionali del Paese senza un’adeguata copertura finanziaria. Per esempio, nel 2012, a fronte dei $12 milioni richiesti dalla Marina per la missione antipirateria nel Canale del Mozambico, il Governo ne ha disposti soltanto la metà. In quell’anno, le spese militari sudafricane ammontarono a 4,6 miliardi di dollari, ossia l’1,3% del PIL. Le Forze Armate di Pretoria, comunque, restano pur sempre tra le migliori del continente, soprattutto a livello tecnologico e di esperienza. A prestare servizio sono 88mila militari (riservisti compresi), divisi tra Esercito (40mila), Marina (7.500), Aeronautica (11.200) e Military Health Service (9mila). Gli abili al servizio sono circa 14 milioni, con un aumento annuale di 964mila unità. I carri armati sono 191, mentre i veicoli corazzati 1.430, tutti prodotti in Sudafrica come modelli originali o varianti di progetti britannici (per esempio i tank Olifant, basati sul Centurion). Anche la flotta è di buon livello, con una trentina di unità, tra le quali quattro fregate e tre sottomarini. L’Aeronautica, infine, può contare sui caccia Saab Jas Gripen C/D e sugli elicotteri d’attacco Rooivalk Mk I. A livello internazionale, il Sudafrica è impegnato nella Repubblica democratica del Congo, in Centrafrica, in Darfur e nel Canale del Mozambico.

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Una sintesi della situazione etiope

1) ETIOPIA: MOBILITAZIONE PERMANENTE – Al vertice della classifica ci sono le Forze Armate etiopi, che per storia e valore politico sono considerate tra le migliori dell’Africa subsahariana. L’esperienza accumulata dall’Esercito e dall’Aviazione di Addis Abeba deriva da quasi quaranta anni di costante mobilitazione: le tensioni con la Somalia (Guerra dell’Ogaden, 1977-1978), la guerra d’indipendenza eritrea (per esteso 1961-1991) e il conflitto durante gli anni Novanta con Asmara, l’insorgenza nell’Ogaden, il terrorismo islamico e il sostegno agli USA dopo l’11 settembre, per concludere con gli interventi in Somalia nel 2006-2009 e nel 2011. Attualmente le Forze Armate etiopi sono composte da 182mila effettivi (180mila nell’Esercito, 2mila nell’Aviazione), ma le vicende passate hanno dimostrato che Addis Abeba abbia una rapida capacità di mobilitazione. Basti pensare che negli anni Ottanta, durante la dittatura di Menghistu, i soldati etiopi superavano il mezzo milione, mentre nel periodo dell’intervento contro le Corti islamiche (2006-2009) ammontavano a 300mila. In questo senso, gli arruolabili sono circa 25 milioni (+1,95 milioni l’anno). L’Etiopia possiede 560 carri armati, in maggioranza della serie T sovietica, mentre i blindati sono 780, ancora provenienti direttamente dalla Guerra Fredda. Analogamente, tra gli 81 aerei abbondano i Mig e i Sukhoi. Quanto alle spese militari, nel 2012 l’Etiopia ha investito 340 milioni di dollari, vale a dire l’1% del PIL. Addis Abeba mantiene una stringente collaborazione militare con l’Italia, gli Stati Uniti e Israele, intrattenendo però rapporti anche con Russia e Ucraina. Al di là dello storico ruolo di garanti dell’unità del Paese, le Forze Armate etiopi devono affrontare una serie di minacce che le espongono all’azione e alle critiche per i metodi spesso brutali impiegati: all’interno, infatti, persistono il pericolo dell’indipendentismo etnico (soprattutto nell’Ogaden) e del terrorismo islamico, mentre all’esterno resta alta la tensione con l’Eritrea, con l’Egitto e col Sudan (gestione delle acque del Nilo). Il tutto senza considerare il delicato equilibrio in Somalia.

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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