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Elezioni in Catalogna: 5 domande e 5 risposte

5 domande e 5 risposte Il 21 dicembre si terrĂ  un voto cruciale per la Catalogna e per la Spagna. In vista di questa occasione vi proponiamo 5 domande e 5 risposte sulla crisi catalana

1) PERCHÉ E PER COSA SI VOTA?

Sembrerebbe una domanda scontata, ma è il cuore della questione. Il 27 ottobre scorso il Parlamento catalano, dando seguito al risultato del contestatissimo referendum del 1° ottobre, ha dichiarato la Repubblica indipendente di Catalogna. Il Governo spagnolo, guidato dal conservatore Mariano Rajoy, ha subito fatto ricorso all’art.155 della Costituzione del Regno, che consente allo Stato centrale, previo consenso del Senato di Madrid, di commissariare le comunità autonome (come la Catalogna) e di scioglierne gli organi politici se questi non rispettano i propri obblighi o agiscono in modo da danneggiare seriamente gli interessi dell’intera Spagna. Rajoy ha quindi convocato le elezioni del nuovo Parlamento catalano per il 21 dicembre.

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Fig.1 – Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy

2) CHI VINCERĂ€?

Gli indipendentisti sono frammentati e scossi dalle turbolenze post-referendarie, ma la maggior parte dei sondaggi li vede a un passo dalla maggioranza assoluta dei seggi (anche se non dei voti). Una risicata vittoria indipendentista probabilmente prolungherebbe lo stallo: Rajoy uscirebbe sconfitto dal suo stesso azzardo, ma i nazionalisti catalani difficilmente potrebbero rivendicare di avere l’ampio sostegno popolare che sarebbe necessario per portare a compimento lo strappo secessionista. Se invece gli indipendentisti non ottenessero nemmeno la maggioranza parlamentare, il momento più acuto della crisi potrebbe dirsi ragionevolmente terminato e Rajoy potrebbe rivendicare un’indubbia vittoria politica. Tuttavia, il Parlamento catalano potrebbe risultare ingovernabile. A quel punto non si potrebbe escludere a priori l’ipotesi di nuove elezioni. Al momento tutti gli scenari rimangono dunque aperti, a sottolineare l’incertezza del voto. Rimane comunque un fatto incontestabile: gli eventi degli ultimi mesi hanno prodotto una frattura profondissima tra la Catalogna e la Spagna e all’interno della stessa società catalana. Metà degli abitanti della regione rifiuta il controllo di Madrid e ha di fatto dichiarato una “secessione psicologica” dal resto del Paese.

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Fig.2 – Un momento dei tafferugli tra polizia e indipendentisti catalani durante il referendum del 1° ottobre  

3) CHE FINE HANNO FATTO PUIGDEMONT E IL SUO GOVERNO?

Il Governo regionale di Carles Puigdemont è stato sciolto contestualmente al Parlamento catalano. Mentre i singoli parlamentari non sono stati perseguiti penalmente (il voto sull’indipendenza è stato effettuato a scrutinio segreto soprattutto per evitare questa eventualità), i membri dell’esecutivo e la Presidente del Parlamento Carme Forcadell si trovano a fronteggiare accuse pesantissime. Alcuni (come l’ex vicepresidente Oriol Junqueras) si trovano attualmente in stato di arresto a Madrid, mentre altri (tra i quali l’ex Presidente Puigdemont) hanno cercato rifugio in Belgio. Le accuse a carico della dirigenza indipendentista comprendono anche il reato di ribellione, punito dal codice penale spagnolo con un massimo di 30 anni di carcere (vedi il chicco in più). Molti leader secessionisti arrestati o all’estero sono candidati dei rispettivi partiti alle elezioni regionali.

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Fig.2 – L’ex Presidente catalano Carles Puigdemont 

4) COSA PUĂ’ FARE L’UNIONE EUROPEA?

Tecnicamente l’Unione Europea non ha titolo giuridico per immischiarsi nella questione catalana, che è un affare interno allo Stato spagnolo. Tuttavia, la crisi in Catalogna, a partire dal 1° ottobre, ha attirato costantemente l’attenzione di opinioni pubbliche e Governi del vecchio continente. L’UE e i suoi principali Stati membri sono interessati a impedire il precipitare della situazione, ma non vogliono dare l’impressione di ingerirsi direttamente negli affari interni spagnoli. Bruxelles e le più importanti capitali europee fino a questo momento sono rimaste alla finestra, coltivando la speranza che il secessionismo catalano si sgonfi rapidamente. Per ora il sostegno delle istituzioni europee e degli Stati membri a Rajoy è stato pressoché totale, anche per la paura di un possibile effetto domino che rischierebbe di travolgere gli Stati del vecchio continente e assestare un colpo potenzialmente fatale all’assetto comunitario. Una conferma separatista potrebbe costringere l’UE a riconsiderare il proprio approccio.

5) COSA SUCCEDEREBBE IN CASO DI SECESSIONE DELLA CATALOGNA?

La secessione della Catalogna è uno scenario a cui pochi, in Europa e in Spagna, vogliono pensare e nelle ultime settimane la forza dell’indipendentismo si è fortemente indebolita, ma vale la pena porsi il problema di cosa accadrebbe nel caso in cui il distacco dalla Spagna andasse a buon fine. Il punto forse cruciale riguarda l’eventuale adesione del nuovo Stato catalano all’UE (e all’Eurozona). La regola generale, sancita anche dalla Convenzione di Vienna del 1978 sulla successione degli Stati nei trattati, è che, tranne per quanto riguarda accordi di confine e trattati in materia di diritti dell’uomo, lo Stato successore sia libero da qualsiasi vincolo derivante da trattati stipulati dallo Stato predecessore (in questo caso la Spagna) in relazione al suo territorio. L’eventuale nuova Repubblica catalana dovrebbe quindi presentare una nuova domanda di adesione all’UE, con il rischio (altissimo) di vedersi opporre un rifiuto a causa del prevedibile veto spagnolo e della volontà degli altri Stati europei di scoraggiare gli indipendentismi che attraversano il vecchio continente. L’impossibilità di un’adesione automatica del nuovo Stato catalano all’UE è un’arma propagandistica ampiamente utilizzata dagli unionisti, che sono ben consci di poter far leva sul diffuso europeismo della società catalana. Una questione spinosa riguarda infine il debito pubblico, che dovrebbe essere equamente ripartito tra Spagna e Catalogna. Insomma, la secessione catalana comporterebbe complicazioni giuridiche, economiche e pratiche non indifferenti.

Davide Lorenzini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Vi sono comunque seri dubbi giuridici sulla fondatezza delle accuse piĂą pesanti. In particolare, autorevoli giuristi spagnoli ritengono che non sussistano i presupposti dei reati piĂą gravi.[/box]

Foto di copertina di Mikes Camera Licenza: Attribution License

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Davide Lorenzini
Davide Lorenzini

Sono nato nel 1997 a Milano, dove studio Giurisprudenza all’Università degli Studi. Sono appassionato di politica internazionale, sebbene non sia il mio originario campo di studi (ma sto cercando di rimediare), e ho ottenuto il diploma di Affari Europei all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano. Nel Caffè, al cui progetto ho aderito nel 2016, sono co-coordinatore della sezione Europa, che rimane il mio principale campo di interessi, anche se mi piace spaziare.

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