In 3 sorsi – Il Presidente venezuelano presenta la prima criptovaluta nazionale: il Petro. Cerchiamo di capire cosa è e come questa mossa si inserisce nel difficile panorama economico-finanziario del Paese
1. IL PETRO E IL DRAMMA ECONOMICO
Aveva promesso di sconfiggere la guerra economica capitalista degli Stati Uniti tra il 2017 ed il 2018, ma per ora Nicolás Maduro ha solo allungato la lentissima agonia di una delle economie potenzialmente più prospere del mondo. La ricetta del disastro venezuelano si compone di pochi e semplici ingredienti. Chávez aveva raggiunto degli importanti risultati interni ed esterni ma è stato incapace, come il suo successore, di formulare una strategia che andasse oltre il greggio. La contrazione economica cinese ed europea e il mantenimento dell’offerta di petrolio a livelli eccedenti rispetto alla domanda (decisione OPEC nel 2014) hanno portato ad una caduta libera del prezzo del petrolio e delle entrate del Venezuela. Per non perdere il potere di acquisto del bolivar, Maduro ha giocato con la moneta scatenando in breve tempo una gravissima crisi valutaria. L’inflazione ha raggiunto e, secondo alcuni, superato il 2350% e il bolivar ha perso il 96% del suo valore solo nel 2017. Così, si è aggravata la crisi politico-sociale.
La situazione ha rischiato di precipitare rovinosamente a novembre, quando le maggiori agenzie di rating hanno dichiarato il Paese in default parziale. Al momento, si stima che nelle casse di Caracas ci siano circa 10 miliardi di riserva in moneta estera. Questa riserva è il denaro con il quale lo Stato copre il proprio debito estero o al quale ricorre per saldare un deficit nella bilancia dei pagamenti, e che incide anche sulla liquidità del Paese. Questa cifra, però, è troppo bassa: il debito estero venezuelano ammonta a 150 miliardi. Un problema gigantesco, soprattutto nel momento in cui le sanzioni imposte dall’amministrazione Trump (agosto 2017) impediscono al Venezuela di usufruire del mercato finanziario statunitense per collocare i bond. L’esecutivo ha chiesto più volte una ristrutturazione del debito. Tra tutti i creditori, solo Mosca è venuta incontro a Caracas mentre Pechino non ha modificato gli accordi. In una situazione così disperata, Maduro gioca il tutto per tutto e annuncia l’arrivo della criptovaluta venezuelana: il Petro.
Fig. 1 – Maduro e Putin alla Russian Energy Week, ottobre 2017.
2. CRIPTOMONETA, ILLUSTRE SCONOSCIUTA
Nel gennaio del 2009 veniva creata la prima criptovaluta: il Bitcoin. Si tratta di una moneta svincolata da istituzioni centrali: nessuna banca la emette. I Bitcoin sono minati, cioè prodotti attraverso dei calcoli, da computer collegati tramite una rete peer-to-peer (rete paritetica). Una volta minata, la moneta è inserita nella blockchain (catena di blocco): una sorta di libro contabile elettronico con un alto livello di sicurezza, che rende le transazioni velocissime liberandole dalla necessità di una terza figura che garantisca per la loro validità. Il valore delle cripto-monete è lasciato al mercato stesso che si regola tramite la legge della domanda e dell’offerta.
Per vario tempo il Bitcoin e le criptomonete arrivate in seguito sono state considerate dominio del deep web. Negli ultimi mesi, tuttavia, abbiamo assistito ad un vero e proprio boom delle criptovalute che registrano una capitalizzazione complessiva del mercato di 590.831.321.078 dollari al 19 gennaio 2018, per un totale di 293.683.887 transazioni al 18 gennaio 2018. Questi numeri attirano chi è disposto a correre il rischio e investire in una moneta che porta con sé una reputazione negativa ed è caratterizzata da una grande volatilità. Un sistema così libero, poi, pone dei seri dubbi: non vi è nessuna autorità centrale alla quale fare ricorso in caso di controversie, così come si può dubitare dell’effettiva sicurezza del sistema. Inoltre, le criptovalute non hanno ancora trovato un inquadramento giuridico completo e definitivo. Questo elemento potrebbe spingere gli investitori a perdere moltissimo quando i mercati, come è accaduto in Corea del Sud in questi ultimi giorni, mostrano segnali di instabilità dal punto di vista legale. Le opportunità offerte dalle criptomonete, tuttavia, fanno gola: le scontatissime pre-vendite ICO (Initial Coin Offerings, Offerta Iniziale della Moneta) possono regalare altissimi guadagni ai primi investitori, le criptovalute si scambiano facilmente e rapidamente con la moneta corrente e la tecnologia della blockchain è così rivoluzionaria che anche le grandi istituzioni finanziarie hanno iniziato a studiarla con interesse.
È a questa tecnologia controversa, promettente ma ancora acerba, dunque, che si aggrappa Maduro per salvare il Venezuela.
Fig.2 – Dopo il Bitcoin si sono sviluppate molte criptovalute, tra cui Ethereum.
3. IL PETRO: “LA SOCIALIZZAZIONE DELLA RICCHEZZA FINANZIARIA”
Il 3 dicembre 2017, il presidente ha annunciato la creazione del Petro, con il quale vuole aggirare le sanzioni e sviluppare “la socializzazione della ricchezza finanziaria”. Il Petro, però, non è una vera e propria criptomoneta. È privo, infatti, delle caratteristiche che rendono quello della criptovaluta un mondo a parte rispetto al classico sistema valutario. A differenza del Bitcoin e simili, ha un’autorità centrale: la Superintendencia de la Criptomoneda Venezolana, che fa capo allo Stato. Sarà pre-minato, cioè emesso dalla Sovrintendenza attraverso il proprio circuito di “minatori” registrati. Infine, il suo valore non sarà determinato dall’equilibrio di mercato ma sarà legato al valore delle gigantesche riserve di petrolio, gas, oro e diamanti di cui dispone il Paese. Agli inizi di gennaio, la pseudo-criptomoneta è stata dichiarata illegale e nulla dall’Asamblea Nacional. Il presidente, in rotta di collisione con la Camera da diverso tempo, non sembra averci fatto caso.
Mentre si aspetta la pubblicazione del Libro Blanco, l’esecutivo accusa la stampa di diffondere false informazioni sull’argomento e dagli Stati Uniti il Dipartimento del Tesoro avverte gli investitori: chi finanzia il Petro contravviene alle sanzioni imposte da Washington e per questo incapperà in diversi problemi legali.
Maduro ha una pessima reputazione internazionale, ma per far funzionare il progetto ha bisogno di trovare legittimità proprio in campo estero. Carlos Vargas, sovrintendente del Petro, si è recato in Qatar con una squadra di funzionari per promuovere la criptovaluta. Al momento, nessun accordo è stato raggiunto. Così come non c’è stato ancora nessun seguito con gli Stati delll’ALBA ai quali Maduro ha proposto di unirsi al progetto.
Intanto, il governo ha fissato il valore della moneta a un barile di petrolio, e ha ordinato i primi 5mila barili dal Blocco Ayacucho della Faja dell’Orinoco che dovrebbero coprire la prima tranche di criptovaluta, in vista dell’emissione completa di 100 milioni. Si parla anche di una pre-vendita ICO scontata del 60%, che nell’idea del governo dovrebbe attrarre gli investitori e dare ossigeno alle casse di Caracas.
Fig.3 – Maduro espone lo Stato dell’Unione al Parlamento venezuelano, il 15 gennaio 2018.
Per Maduro, il Petro è probabilmente l’ultima carta da giocare. È impossibile dire se si tratterà di una gloriosa e inaspettata vittoria o di una terribile disfatta. Certo è che il modo in cui sta conducendo le operazioni fa pensare che si tratti dell’ennesimo colpo di coda disperato, e quasi improvvisato, di un governo agonizzante.
Elena Poddighe
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