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Un ponte tra Roma e Baku – Intervista con l’Ambasciatore Massari

La relazione speciale tra Italia e Azerbaijan, i rapporti energetici bilaterali, il gasdotto TAP e l’irrisolto conflitto del Nagorno-Karabakh. Sono solo alcuni dei temi che abbiamo affrontato, a pochi giorni dalla VI edizione del Baku Global Forum, in un’intervista con l’Ambasciatore italiano a Baku, Augusto Massari

L’Italia è da anni il primo partner commerciale europeo dell’Azerbaijan. Da quali fattori è causata questa relazione speciale?

Innanzitutto vorrei sottolineare una certa simpatia che il popolo azero prova per l’Italia e gli italiani, per il loro life style, per il loro modo di approcciare la vita; un’affinità culturale che, se lei mi chiede da cosa possa derivare, potrei risponderle che si tratta in parte di un retaggio dei tempi sovietici, epoca in cui la cultura italiana era tra quelle più conosciute e apprezzate nelle repubbliche socialiste. E questo sentimento verso il nostro Paese si percepisce anche oggi, quotidianamente.
Detto questo, il partenariato speciale fra i due Paesi è determinato da interessi concreti: l’Italia deve approvvigionarsi di greggio e gas; e l’Azerbaijan cerca clienti per le sue risorse naturali. Sarebbe superficiale pensare che questo fattore di interesse concreto non incida su questa “relazione speciale”, come lei l’ha definita.
L’Azerbaijan assume una certa rilevanza geopolitica nell’area caucasica: la sua stabilità e la sua condivisione di sfide comuni, come lotta al radicalismo e terrorismo; la sua collocazione geografica, quale cerniera tra Europa e Asia; la ricchezza delle sue risorse energetiche; questi elementi fanno dell’Azerbaijan un partner importante per l’Italia e, direi, anche per l’Unione Europea.
Non sarei preciso, infine, se non menzionassi il riuscito modello di multiculturalismo che l’Azerbaijan, Paese a maggioranza e tradizione islamica, è riuscito a realizzare e valorizzare dopo la sua indipendenza nel 1991. Qui convivono pacificamente musulmani (sciiti, sunniti), ebrei e cristiani ed è proprio questa apertura al dialogo che consente all’Azerbaijan di presentarsi come un positivo modello di convivenza fra etnie e religioni diverse. La recente consacrazione del primo vescovo cattolico a Baku ad opera del Segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede, Mons. Gallagher, è un chiaro esempio. Certo, il Paese ha solo 27 anni di storia e le sue istituzioni debbono essere consolidate: negli anni a venire dovremo esaminare e monitorare il rafforzamento delle sue istituzioni democratiche.

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Fig. 1 – Celebrazioni a Baku per la festa persiana del Nowruz, 20 marzo 2018. L’Azerbaijan ospita una copiscua comunità di origine iraniana

Le relazioni energetiche tra Italia e Azerbaijan: quali sono le prospettive future, anche alla luce dei recenti avvenimenti in Turchia? Quali, a suo avviso, i passi decisivi che sono stati intrapresi? Quali invece quelli fondamentali per i prossimi anni?

Mi concentrerei sui rapporti energetici Italia-Azerbaijan. In particolare vorrei citare alcuni dati che caratterizzano questa relazione. L’anno scorso l’interscambio commerciale tra i due paesi ha toccato quasi i 5 miliardi di USD. È molto più alto del 2016 e rappresenta il 21% del commercio totale dell’Azerbaijan con il mondo. Le esportazioni azere di idrocarburi in Italia rappresentano il 31% delle esportazioni totali dell’Azerbaijan nel mondo. L’Italia dunque rappresenta per l’Azerbaijan il suo più importante cliente. Allo stesso tempo l’Azerbaijan è per l’Italia il più importante fornitore di greggio, insieme all’Iraq. L’Azerbaijan ha dunque un posto rilevante per i nostri approvvigionamenti energetici.  Di conseguenza, la sua stabilità, anche politica, è un fattore importante, che ci sta a cuore.
Per i prossimi anni, almeno nell’immediato, è ragionevole pensare che queste relazioni saranno consolidate, anche perché, stando ai piani sin qui elaborati, dovremmo cominciare a importare anche il gas azero, tramite il progetto TAP.

Sempre riguardo le relazioni energetiche italo-azere, come sta procedendo lo sviluppo del gasdotto TAP? Come vedono gli azeri le difficoltà e i ritardi incontrati dal progetto in Italia?

TAP è un progetto molto importante e strategico per l’Azerbaijan. Vorrei quasi dire che per gli azeri il TAP è “il” progetto. Esso è, beninteso, importante anche per la diversificazione delle forniture energetiche dell’Europa. Per questo la Commissione Europea lo ha appoggiato sin dall’inizio; ed è per questo che BERS e BEI hanno recentemente concesso cospicui prestiti al consorzio che gestisce il progetto.
Sulle difficoltà e i ritardi in Italia, io ho avuto modo di affermare qualche mese fa, in un’intervista a un’agenzia di stampa azera, che le preoccupazioni delle popolazioni della Puglia erano in qualche modo autentiche, non pregiudizievoli: volevano sinceramente comprendere l’impatto di una infrastruttura come il TAP in una terra, come la Puglia, ove turismo e conservazione dell’ambiente sono delle priorità. Negli ultimi 6/7 mesi vi sono stati molti chiarimenti su tale impatto. Penso che la nuova dirigenza del consorzio TAP abbia dimostrato attenzione a tali preoccupazioni, illustrando il progetto nello specifico, con un’adeguata comunicazione.
Sino ad ora la volontà del Governo italiano è stata quella di andare avanti coi lavori e rispettare la scadenza del 2020 per i primi approvvigionamenti provenienti dal mar Caspio. Questo è quello che ha affermato il Sottosegretario al MISE, Ivan Scalfarotto, nella IV riunione ministeriale del Consiglio Consultivo del Corridoio Meridionale del Gas tenutasi il 15 febbraio scorso a Baku. Egli ha definito il gasdotto di fondamentale importanza per quanto concerne la sicurezza energetica europea e la diversificazione delle fonti, ricordando anche i benefici per l’economia locale in Puglia e per le imprese italiane coinvolte.

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Fig. 2 – Operai al lavoro in un impianto petrolifero di Bayil, vicino a Baku

Con il 2018 ha preso il via la presidenza italiana dell’OSCE, il cui Gruppo di Minsk è impegnato per la mediazione nel conflitto del Nagorno-Karabakh. A suo avviso, sarà possibile giungere a una soluzione nel breve periodo? Qual è l’apporto originale che l’Italia può dare in questa sede?

La soluzione a tale conflitto non può provenire esclusivamente dall’esterno poiché è necessario uno sforzo in tal senso soprattutto dalle due parti coinvolte. I tre co-presidenti del Gruppo di Minsk, nel corso di una loro recente visita a Baku, hanno affermato che la pace si basa prima di tutto sulla volontà delle parti interessate. Gli ultimi sviluppi sono stati, direi, positivi, almeno in termini di process. L’aumento degli incontri tra le due parti, in diverse occasioni, è molto significativo perché se si dialoga c’è una possibilità di riconciliazione, se non ci si parla, non c’è possibilità.
L’Italia ha sempre avuto una posizione equilibrata, equidistante, espressa anche dal Ministro Angelino Alfano a Vienna, all’inizio di gennaio, quando ha presentato il programma della presidenza italiana dell’OSCE per il 2018. Il nostro Paese è stato impegnato in diversi occasioni nella mediazione di conflitti in passato, in altre aree del mondo: l’esperienza insegna che si deve lavorare su ciò che unisce piuttosto che insistere su ciò che divide. E i popoli azero e armeno hanno convissuto pacificamente nel Caucaso meridionale per molti secoli: hanno quindi molte cose in comune, si conoscono bene. Certo, il protrarsi del conflitto da 25 anni ha creato un solco profondo, qualcuno lo ha paragonato a una palla di neve: quando è in cima alla montagna è piccola, ma quando comincia a rotolare e arriva a valle, la sua dimensione diventa gigante. Non sarà facile ritornare alla convivenza pacifica, ma il compito della comunità internazionale è di sostenere il dialogo politico perché si raggiunga l’obiettivo di un accordo di pace. E per farlo serve dedicare tempo e forze. Penso sia molto importante non dimenticarsi di questo conflitto, sarebbe un grande errore. Infatti da qualche tempo si parla di “conflitto protratto” e non più di “conflitto congelato”.

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Fig. 3 – Uno sminatore della ONG Halo Trust controlla un terreno sulle colline del Nagorno-Karabakh, regione contesa tra Armenia e Azerbaijan

Il rapporto tra i due Paesi non è soltanto economico. Al momento sono più di mille i giovani azeri che studiano in Italia. Che cosa, secondo lei, spinge così tanti studenti verso il nostro paese? Quali sono gli aspetti più apprezzati della cultura italiana in Azerbaijan?

Nel solo 2017 abbiamo rilasciato oltre 500 visti a studenti azeri, raddoppiando i numeri del 2016. A questi si aggiungono, evidentemente, tutti quelli che sono giunti in Italia a studiare negli anni precedenti: in totale sono circa un migliaio. Ciò dimostra, ancora una volta, quanto profondi e concreti siano i legami di amicizia tra i nostri due Paesi.
Gli studenti azeri scelgono il nostro Paese come meta di studio perché trovano una ricca offerta formativa nei settori professionali più richiesti dal mercato del lavoro (diritto, economia, ingegneria, medicina, etc.) ma anche in settori di nicchia come design-architettura, fashion ed enologia che sono tra gli aspetti più apprezzati della cultura italiana in Azerbaijan, insieme anche alle arti musicali.
All’inizio del mio mandato, tuttavia, ci sono stati un po’ di problemi con gli studenti azeri. Ho infatti dovuto prestare molta attenzione alla concessione di visti perché hanno fatto domanda in massa, anche per via della relativa facilità con cui riescono ad accedere alle borse di studio erogate in Italia. Quello che abbiamo riscontrato è che in molti casi la concessione di borse di studio è stata slegata dal profitto negli studi dello studente. Ciò, come evidentemente comprensibile, ha indotto molti ragazzi azeri a vedere nelle nostre Università una comoda modalità per accedere a fondi che sono risultati per loro come un vero e proprio sussidio (che molto spesso, addirittura, ha permesso loro di effettuare rimesse a favore dei familiari in Azerbaijan) e non, invece, come una borsa di studio quale reale opportunità per il proprio futuro. Questo tipo di situazione crea quindi un paradosso: il ragazzo azero utilizza la borsa di studio per sostenere la sua famiglia in patria invece che come mero mezzo finanziario per perseguire il suo percorso di studi: un risultato, questo, sicuramente lontano dalla intenzione del soggetto/ente (ateneo o, a volte, la Regione italiana ove è ubicato l’ateneo) che eroga borse di studio per studenti stranieri.
Rimane il fatto che fra Italia e Azerbaijan v’è una certa affinità culturale. L’abbiamo riscontrata nuovamente in alcuni eventi promossi recentemente dall’Ambasciata d’Italia e molto apprezzati, come la settimana della lingua italiana, La settimana della Cucina Italiana, la mostra su Caravaggio – Opera Omnia e l’Italian Design Day.

Recentemente l’Azerbaijan e i Paesi vicini sembrano aver raggiunto un accordo di risoluzione delle loro dispute territoriali nella regione del Mar Caspio. Come vede questo sviluppo della locale situazione geopolitica? E quali opportunità economiche e diplomatiche offre all’Italia nell’area caspica? 

In realtà mi sembra ancora non chiaro il momento di un possibile accordo. Nei mesi passati abbiamo ascoltato diverse dichiarazioni dei vari capi di Stato e di Governo dei Paesi che si affacciano sul Caspio su un prossimo vertice dedicato alle dispute sulle acque territoriali. Ma ancora non c’è nessuna data fissata. La difficoltà di determinare lo status del Mar Caspio è legata, in parte, al suo riconoscimento come un lago o come un mare. La questione non è secondaria, perché il Caspio è ricco di risorse naturali e la definizione se sia un mare o un lago sposta i confini delle acque territoriali degli stati rivieraschi e determina, quindi, i relativi diritti all’estrazione.
L’Italia è un grande paladino del diritto internazionale.  Si augura quindi che i progressi raggiunti nel corso di questi anni, come la decisione di perseguire una politica di risoluzione pacifica dei contenziosi territoriali, possano arricchirsi di ulteriori elementi positivi in futuro.
La disputa sul Caspio non ha conseguenze unicamente per i cinque Paesi bagnati dalle sue acque. L’Azerbaijan, ad esempio, si vuole proporre come hub logistico e della connettività fra est e ovest, fra sud e nord. Sta potenziando le proprie infrastrutture portuali, e mi riferisco principalmente al porto di Alat, per attirare un maggiore flusso di merci che da Oriente sono destinate all’Europa.  È dunque interesse anche di altri Paesi avere un quadro giuridico certo ma, ancora più, una ricerca delle soluzioni pacifica.

Martina Faldi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Tra il 15 e il 17 marzo, si è svolta nella capitale azera la quarta edizione del Baku Global Forum organizzato dal Nizami Ganjavi International Center.

I lavori, che hanno coinvolto esponenti politici e intellettuali internazionali, si sono concentrati su svariati argomenti, tra cui lo sviluppo della democrazia, l’importanza dell’educazione e il contrasto ai conflitti.

Nel corso della cerimonia di apertura del forum, che quest’anno era intitolato “Bridging Gaps to Create Inclusive Societies”, l’Ambasciatore Augusto Massari ha dato lettura di un messaggio del Presidente Mattarella perfettamente in linea con la politica estera che l’Italia persegue nel Paese e nell’intera regione caucasica. Tramite il suo rappresentante diplomatico, Mattarella ha sottolineato infatti “la necessità di un’interazione sistematica fra le diverse culture e di riconoscere la eguale dignità di tutti i popoli quale elemento essenziale per assicurare pace e stabilità”.[/box]

Foto di copertina: Report / Orxan əzim (per gentile concessione dell’Ambasciatore Massari)

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Martina Faldi
Martina Faldi

Nata nel 1992, ho conseguito la Laurea Triennale in Scienze Linguistiche (2014) e la Magistrale in Politiche Europee e Internazionali (2016) presso l’Università Cattolica di Milano. Le numerose esperienze di studio all’estero mi hanno consentito di approfondire alcune delle mie grandi passioni: l’arabo, il Medio Oriente, la ricostruzione post conflict e l’institution building.

Dopo un tirocinio presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, attualmente lavoro in una compagnia di consulenza per la quale elaboro proposte tecniche e seguo l’implementazione sul campo di progetti di sviluppo finanziati dalla Commissione Europea sui temi a me cari. Parallelamente sto conseguendo il diploma in “Emergenze e Interventi Umanitari” presso l’ISPI di Milano.

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