In 3 sorsi – Julian Assange, un inquilino scomodo presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, al quale hanno spento internet e computer, rischia o l’estradizione o l’espulsione dalla sede diplomatica e l’arresto. Vediamo gli ultimi sviluppi della questione.
1. LENIN MORENO E LA QUESTIONE ASSANGE
Che a Lenin Moreno, Presidente attuale dell’Ecuador, piaccia giocare a scacchi ormai pare una certezza piuttosto consistente. E come qualsiasi buon giocatore che si rispetti agisce con pazienza e piazza le pedine nel posto giusto al momento giusto. Probabilmente dopo essersi liberato di tutta la fronda più estremista dei correisti e aver “accettato” le ultime dimissioni della vicepresidente filocorreista Vicuña, si appresta a dare scacco matto con il caso Julian Assange.
Julian Assange ottenne asilo politico e protezione nell’era Correa presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Malgrado molti dei capi di imputazione contro di lui, come quelli svedesi, siano decaduti, rimangono ancora la richiesta di estradizione verso gli Stati Uniti e alcuni casi minori a Londra per essersi nascosto nell’ambasciata quando era già ricercato. Ora Lenin Moreno, dopo avergli staccato la spina, sta decidendo sulle sorti del fondatore di WikiLeaks. Molte le possibili opzioni sul tavolo, compresa la spontanea decisione di lasciare l’ambasciata da cittadino libero e quindi rimettersi alla sorte, rischiando di essere arrestato dalle Autorità di Londra per i capi di imputazione pendenti nel Regno Unito. In questo caso Assange farebbe qualche mese di carcere e poi uscirebbe da cittadino libero. Ma esiste sempre la mera ipotesi che Londra, una volta arrestato Assange, accetti la richiesta di estradizione verso gli Stati Uniti, dove pendono accuse ben più pesanti su di lui.
Fig. 1 – Un’immagine dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra
2. LA SCOMODA SCELTA DI ASSANGE
Un dubbio amletico che non sembra essere preoccupazione del Governo ecuadoregno. Tra le altre possibilità c’è la revoca della cittadinanza dell’Ecuador e l’espulsione di Assange dall’ambasciata. Ma su tutte, una questione in particolare tiene banco ultimamente. Parrebbe che Lenin Moreno sia in contatto con Trump attraverso il faccendiere Manafort, persona molto conosciuta in Ecuador, consigliere della campagna di Donald Trump recatosi nell’ultimo anno si è recato almeno cinque volte nel Paese sudamericano. Manafort, già conosciuto in Ecuador per aver permesso investimenti miliardari cinesi, guadagnandosi parcelle da capogiro come premio per l’intermediazione prestata, sta ora limando l’ultima intermediazione per favorire l’estradizione di Assange. L’obiettivo di Lenin Moreno è Assange in cambio di uno sconto pesante sul debito pubblico. Trump ha tutto da guadagnarci. In primo luogo sarebbe la seconda estradizione eccellente negli USA dopo El Chapo Guzman dal Messico. Nessun Presidente ha ottenuto mai due così eccellenti successi nella storia degli USA, soprattutto con soggetti del calibro di El Chapo e Assange.
Fig. 2 – Paul Manafort
3. TRUMP, ASSANGE E MORENO
In secondo luogo Moreno avrebbe modo di porre fine al caso Assange e aiuterebbe Trump circa le indagini sulla sua campagna elettorale. Infatti parrebbe che lo stesso Assange sia stato in contatto strettissimo con il figlio di Trump per mettere sotto cattiva luce la Clinton e creare insieme ai russi una influenza negativa sulle elezioni. Moltissime email sono state scambiate tra i due e questo in parte evocherebbe altri problemi, dei quali l’Amministrazione Trump, appena uscita da un ottimo risultato nelle mid-term, vorrebbe fare a meno. Lo stesso Manafort parrebbe aver visitato Assange presso l’ambasciata a Londra proprio per convincerlo a rilasciare alcune informazioni sulla Clinton e a riflettere sull’abbandono della sede diplomatica se avesse vinto Trump. Una manovra che avrebbe da un lato favorito Trump alle presidenziali e dall’altro zittito la stessa fonte al centro delle indagini. In pratica Assange è divenuto da castigatore delle élite a mera pedina, oggetto di scambio tra Ecuador e USA. È chiaro che, come qualsiasi capo di Stato, Moreno farà il possibile per trarne giovamento per il proprio Paese.
Ivan Memmolo