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Cina, investimenti ed equilibri globali

Per la prima volta nella storia della Repubblica popolare cinese, quest’anno gli investimenti in uscita supereranno quelli in entrata. L’inversione di rotta nel flusso d’investimenti globali ha precise conseguenze negli equilibri geopolitici mondiali.

ODI – Gli investimenti diretti all’estero (ODI, Outward Direct Investment) sono la naturale progressione per un’impresa che intenda espandere le opportunità di business tramite l’entrata in nuovi mercati e l’acquisizione di nuove tecnologie. I flussi aggregati di ODI ci danno, di conseguenza, una chiave di lettura specifica sulle traiettorie che le economie nazionali stanno seguendo e delle direzioni dei delicati equilibri finanziari mondiali.

POLITICA DELLA PORTA APERTA – Dagli anni Ottanta in poi la Cina è stata una meta privilegiata d’investimenti da aziende di altri Paesi che, come è noto, sono state attratte da basso costo del lavoro, bassa tassazione e regolamentazione ambientale inesistente. Il flusso consistente e continuo di capitali dall’estero ha consentito alla Cina di creare un’economia fondata in larga parte su esportazioni a basso costo, con gran beneficio per l’economia nazionale e lo stato della tecnologia, dando tempo al Paese di formare una forza lavoro educata e altamente specializzata.

Investimenti da e verso la Cina: un cambio di rotta
Investimenti da e verso la Cina: un cambio di rotta

SOSTENIBILITÀ – Come già spiegato sulle nostre pagine, un’economia basata sulle esportazioni a basso costo non è sostenibile nel lungo periodo: con il crescere del prodotto interno lordo e lo sviluppo della classe media e delle aziende domestiche, una nuova strategia di sviluppo è necessaria. Tutte queste problematiche sono ben conosciute dalla direzione del Partito comunista cinese, le cui aspirazioni sono di portata mondiale. La sola crescita (vertiginosa) del PIL e la popolazione della Cina creano un naturale effetto gravitazionale verso il Regno di mezzo. I piani economici di controllo delle riserve, gestione del tasso di cambio e sviluppo tecnologico, nonché i fitti contatti diplomatici, definiscono un mosaico politico con una chiara volontà di accelerazione nella modifica degli equilibri geopolitici mondiali, come mai si era visto dalla Grande Guerra.

INVESTIMENTI – Con una diminuzione relativa degli investimenti diretti in Cina, dovuto principalmente ai crescenti salari e alle misure volte a una seppur timida protezione ambientale, il rischio di mal interpretare la crescita degli investimenti cinesi verso l’estero è grande. L’aumento di questi investimenti dalla Cina verso il resto del mondo non è solo una conseguenza della debolezza delle economie occidentali e del cambiamento del contesto economico cinese, bensì è una cosciente risposta delle imprese cinesi, che dopo anni di preparazione hanno accumulato sufficiente know how e risorse per cimentarsi nell’espansione e acquisizione di asset esteri. Inoltre, non sono soltanto le grandi imprese a direzione statale a compiere questo passo, ma anche medie e grandi imprese affamate di nuovi mercati e clienti.

I ‘PATTERN’ D’INVESTIMENTO – È possibile individuare quattro ragioni fondamentali negli investimenti della Cina verso il resto del mondo: necessità di risorse, acquisizione di asset strategici, acquisizione di tecnologie e sviluppo di nuovi mercati. È bene notare che le prime due categorie coprono una “ragion di stato”, mentre le ultime due sono frutto del dinamico settore privato domestico.

[tabs type=”horizontal”][tabs_head][tab_title]Risorse[/tab_title][tab_title]Asset strategici[/tab_title][tab_title]Tecnologia[/tab_title][tab_title]Nuovi mercati[/tab_title][/tabs_head][tab]The Natural Resources curse: la “maledizione” delle risorse naturali è una delle cause più comuni che porta all’interazione commerciale e d’investimenti tra Stati. Avendo ogni Paese una naturale diversificazione delle risorse minerarie, acquifere, energetiche e alimentari in suo possesso, investire direttamente nei Paesi produttori delle risorse mancanti è sempre stato un facile modo per eliminare le limitazioni commerciali e ottenere le risorse necessarie a prezzi migliori. Grazie a tecnologie superiori (si pensi all’estrazione di petrolio o mineraria) i Paesi investitori possono offrire dei ritorni tecnologici e occupazionali ai Paesi target, ottenendo le risorse necessarie per la propria sopravvivenza. Petrolio, materie prime e anche cibo sono risorse necessarie a uno Stato per mantenere stabilità interna e posizione nella gerarchia mondiale.
La Cina, come ben si sa, ha sviluppato delle partnership strategiche con molti Paesi al fine di ottenere tutte queste risorse: i recenti accordi con la Russia sul gas non sono che uno dei molteplici esempi, ai quali si affianca la forte presenza in Africa, Sud America e nella regione degli “-Stan”. [/tab][tab]L’acquisto di partecipazioni in società quotate, come i recenti 7 miliardi di euro in asset italiani, consente di partecipare ai processi decisionali in tali settori. Investimento strategico è da considerarsi anche quello in hedge funds d’oltremare: China Investment Corporation (CIC), per esempio, ha investito nel 2007 tre miliardi di dollari nel potente fondo statunitense Blackstone Group al fine di ottenere in anticipo importanti informazioni finanziarie e influenzare le destinazioni del fondo. Discorso simile può essere fatto riguardo ai titoli di Stato. Se i titoli di Stato statunitensi sono acquistati principalmente al fine di manipolare il valore del renminbi cinese, una vendita improvvisa (come minacciato dalla Russia) farebbe crollare il valore del dollaro e indebolirebbe la ripresa economica. Un’operazione simile è stata recentemente suggerita, tra l’altro, da un ufficiale del Partito comunista nei confronti del Giappone come risposta alle dispute territoriali. Gli investimenti possono, di conseguenza, avere anche un valore di leverage nei confronti degli avversari.[/tab][tab]Con una crescente classe media e un mercato sempre più esigente, le compagnie cinesi stanno cercando di compiere il salto di qualità da beni a basso costo a beni d’alta qualità. Per riuscire in questa operazione sempre più aziende stanno passando da un’innovazione basata sull’imitazione a una basata sulla ricerca di innovazione autoctona. In questo campo i due fattori fondamentali sono protezione della proprietà intellettuale, tema su cui le grandi compagnie sono sempre più sensibili, e acquisizioni all’estero. Operazioni di Merge&Acquisition sono, infatti, una semplice modalità per acquisire brevetti, know how, esperienze e tecnologie che altrimenti possono essere ottenute solo nell’arco di molti anni.[/tab][tab]Investire in altri Paesi è un ovvio modo per avere accesso a quei mercati aggirando dazi e tariffe, sviluppare network di fornitori e consumatori e avere accesso a credito facile quotandosi in Borsa.[/tab][/tabs]

Come è evidente, l’enfasi che viene data alle risorse naturali come ragione degli investimenti è solo una delle tante sfaccettature delle motivazioni cinesi. Le aziende private che vogliono competere con i giganti internazionali sono a conoscenza dei propri limiti e della necessità di nuovi mercati e tecnologie per sfidare i competitor.

Gli investimenti della Cina nel mondo
Gli investimenti della Cina nel mondo

LE REAZIONI – L’ascesa della Cina ha due reazioni opposte: da un lato la paura del gigante asiatico contrapposto al collasso occidentale, dall’altro una cieca fede che la “bolla Cina” scoppierà come quella giapponese negli anni Ottanta, quando si paventava un soprasso del PIL Giapponese su quello americano. Entrambe le visioni hanno delle ragioni emotive alla loro base, piuttosto che una percezione analitica delle intenzioni e delle capacità del sistema Cina. La dimensione economica della Cina, la sua integrazione nel sistema commerciale mondo e la sua capacità di innovare non possono essere paragonate al caso Giappone, per la semplice presenza del comune denominatore della mancanza di risorse energetiche sufficienti nel rispettivo territorio.

Tasso di Cambio Dollaro - Yuan
Tasso di Cambio Dollaro – Yuan

CONSEGUENZE DELL’ASCESA CINESE – Il pattern degli investimenti qui analizzato dà invece un’altra lettura, paragonabile al cambio di paradigma tra Pax britannica e Pax americana avvenuto durante la Grande Guerra. Le risorse del sistema Cina sono mobilitate coscientemente in protezione degli interessi strategici nel mondo, a naturale sostegno degli sforzi del settore privato, che in modo sempre più indipendente ricerca asset e mercati esteri per soddisfarsi. Come la Grande Guerra agì da catalizzatore nella modifica degli equilibri mondiali, dando alla nascente potenza degli Stati Uniti una nuova dimensione, così l’infinita crisi economica europea e la lenta ripresa americana hanno accelerato la dimensione mondiale del sistema Cina.
Il ruolo della Cina, e dei mercati emergenti in generale, è destinato a crescere e destabilizzare sempre di più gli equilibri geoeconomici per come li conosciamo, a discapito della posizione occidentale. A questa destabilizzazione e alla conseguente diminuzione del ruolo degli Stati Uniti e dell’Europa, almeno in senso relativo, si affiancano però delle enormi possibilità. Investimenti e commercio sono due facce di una stessa medaglia nel mondo globalizzato di oggi, dove due importanti sfide sono l’innovazione e la protezione della proprietà intellettuale. I crescenti investimenti della Cina nel mondo e la diffusione dei prodotti da loro sviluppati stanno, fin da ora, modificando gli atteggiamenti delle compagnie cinesi verso la propria legislazione: c’è infatti una maggiore richiesta per la protezione delle tecnologie sviluppate e per l’entrata nei mercati europei attraverso l’acquisizione di mercati in crisi.
Verso i Paesi in via di sviluppo si crea, invece, un interesse multipolare da parte di tutte le grandi potenze: la fame di risorse e mercati non è una prerogativa solo della Cina, ma di tutti gli Stati. La Cina ha però poca esperienza nel campo (sono frequenti i problemi tra personale cinese e popolazione autoctona), ma grandi risorse da investire a costo zero, così come declinato dal “Beijing Consensus”. Con il vicino russo esiste, invece, una tacita, ma tangibile comunanza di interessi. La Russia sta vivendo uno dei periodi più oscuri della gestione Putin, almeno dal punto di vista economico. Se non si può parlare di una vera e propria alleanza tra i due giganti asiatici – entrambi considerano l’altro un vicino scomodo, – gli investimenti cinesi fanno gola alla Russia ed esiste un comune leitmotiv di opposizione all’Occidente.

ITALIA – Il recente round d’investimenti è solo l’ultimo di una serie di acquisizioni strategiche compiute dal Regno di mezzo in Italia: durante la visita del premier Li Keiqiang a Roma lo scorso ottobre le imprese cinesi e italiane hanno firmato una serie di accordi del valore di quasi 8 miliardi di euro, in settori quali medicina, ambiente e meccanica. Tali investimenti sono possibili in quanto entrambi i Paesi basano la loro economia sul settore manifatturiero creando, de facto una sovrapposizione tra i settori industriali in cui entrambi sono specializzati. Le filiere di piccole e medie imprese italiane nel Nord Italia corrispondono in gran parte alle filiere di provincie chiave quali Zhejiang e Guangdong. Nonostante tali analogie, o a causa di esse, l’Italia vede la Cina in una luce ambivalente. Non solo la concorrenza del commercio sino-italiano in mercati terzi, e nel mercato domestico, è incisiva, ma le imprese italiane sembrano restare indietro nello sfruttare le opportunità che il mercato cinese offre. Ostacoli istituzionali, culturali ed economici impediscono alle imprese italiane di avere successo in Cina nella misura in cui potrebbero, soprattutto considerando il generale buon andamento delle esportazioni in Italia (settimo posto a livello mondiale nel 2012).

Investimenti Cinesi in Italia
Grafico tratto dal Rapporto Annuale “La Cina nel 2014: Scenari e prospettive per le imprese” del CeSIF (Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina)

È innegabile, comunque, che le relazioni tra i due Stati abbiano raggiunto nel 2014 un momento critico. Il recente incontro Europa-Asia tenutosi in Italia nel mese di ottobre si è concluso con la volontà di migliorare il vasto e non sfruttato potenziale nelle relazioni tra la Cina e l’Unione europea. Infatti, mentre entrambe le parti godono dei benefici portati dal commercio internazionale, esiste un forte divario negli investimenti dalla Cina verso l’Europa, specialmente verso l’Italia, che nasconde un grande potenziale. Il desiderio di colmare questo vuoto è evidente, come dimostrato dalla presenza di premier Li Keiqiang nel corso del summit Europa-Asia. È altresì evidente, inoltre, l’interesse della popolazione cinese per l’Italia: il flusso di turisti dal Regno di mezzo è in costante salita, piazzandosi al secondo posto per spese effettuate in Italia, col 21% delle vendite per Paesi di provenienza. Ulteriore conferma che la classe media cinese vede nell’Italia un’opportunità in cui investire seriamente e non più una realtà da imitare a basso prezzo.

CONCLUSIONI – Il crescente flusso di yuan nel mondo sta cambiando la geografia economica del nostro tempo. La parziale apertura agli stranieri della Borsa di Shanghai dallo scorso 17 novembre, l’utilizzo della moneta cinese per molti scambi commerciali al posto del dollaro e la sua lenta rivalutazione ne stanno facendo una moneta internazionale. I flussi d’investimento dalla Cina al resto del mondo rafforzano tale dinamica e aiutano il Paese ad acquisire risorse e partecipazioni strategiche nel globo: sarà nelle volontà politiche di Stati Uniti ed Europa la possibilità di determinare come coabitare con tale, inevitabile, ascesa.

Federico G. Barbuto

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ] Un chicco in più

Il sistema Cina ha investito in Italia negli ultimi anni solo il 2-3% delle risorse destinate all’Europa. Gli sforzi dei Governi italiani, a partire dal Governo Monti in poi, finalizzate ad attrarre maggiori capitali sembrano però avere avuto successo, avendo suscitato maggiore interesse verso il Bel Paese. Italia e Cina hanno degli indotti industriali molto simili nel settore manifatturiero: finora questa sovrapposizione di interessi ci ha penalizzato in Paesi terzi, perché i prodotti cinesi sono molto più economici e meglio aiutati dal sistema-Stato cinese. Il rinnovato interesse della Cina verso l’Italia può essere un’opportunità per le nostre imprese per instaurare collaborazioni con il Regno di mezzo e riconquistare posizioni nel mercato mondiale. [/box]

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Federico G. Barbuto
Federico G. Barbuto

Laureato in Scienze Politiche alla LUISS di Roma, dove ho anche conseguito un MA in International Relations, mi sono trasferito in Cina nel 2012 dove ho ottenuto un MA in Economics presso la Renmin University of China. Dopo aver lavorato in una compagnia di investimenti mi sono trasferito prima in Colombia e poi in Belgio, dove lavoro nel mondo dell’UE.

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