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Uruguay, Vàzquez riduce la spesa pubblica. Fine della spinta progressista?

La svolta a sinistra del 2004 ha portato nel piccolo paese sudamericano una ventata di riforme progressiste. Recentemente, però, un certo rigorismo economico potrebbe tradursi in nuove politiche neoliberiste che hanno già ridotto la spesa pubblica

SPESA PUBBLICA E NUOVO VICE-PRESIDENTE – Economia, spesa pubblica e nuovo assetto istituzionale sono i capitoli aperti nell’Uruguay di oggi. A meno di due anni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica Orientale dell’Uruguay, Tabaré Vàzquez, oncologo prestato alla politica, si è trovato a sostituire il suo Vice-Presidente, Jose Sendic, dimessosi per accuse di corruzione. Pescando tra i 31 parlamentari eletti al Senato, la scelta è caduta su Lucia Topolansky, meglio nota come la moglie dell’ex Presidente Jose “Pepe” Mujica, predecessore di Vàzquez. Apparentemente nessun inciucio di palazzo come potrebbero pensare i più maliziosi, più semplicemente la Topolansky è stata, alle ultime elezioni del novembre 2014, il Senatore con il maggior numero di voti, diventando di diritto la prima Vice-Presidente di genere femminile nella storia del paese.

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Fig. 1 – Lucia Topolansky, neonominata Vice-Presidente delle Repubblica e moglie di “Pepe” Mujica

Una storia di famiglia e di vita politica, quella tra Lucia e “Pepe” che parte da lontano, quando entrambi parteciparono tra il 1962 e il 1973 al movimento rivoluzionario di estrema sinistra dei Tupamaros, finendo poi in carcere durante la dittatura militare.

IL FRENTE AMPLIO E LE NUOVE LIBERALIZZAZIONI – A parte la più che decennale esperienza militare, la vita politica del paese è sempre stata governata alternativamente dai partiti conservatori dei Colorados e dei Blancos. Alla tornata elettorale del 1999 i due partiti furono costretti a coalizzarsi per battere il candidato della sinistra, Tabaré Vàzquez del Frente Amplio, il quale riuscì nell’impresa cinque anni più tardi, nel 2004, quando il paese voltò pagina, consegnando il potere alla sinistra per la prima volta nella storia politica dell’Uruguay. Da allora alcune cose sono cambiate, a cominciare dalla ripresa dei processi dimenticati per i crimini commessi durante la dittatura militare, alla conversione degli investimenti energetici in energie pulite, ma soprattutto nella lotta alla riduzione della povertà. Politiche monetarie espansioniste, che hanno avuto effetti rilevanti anche sulla spesa pubblica.

Alcune recenti riforme sociali hanno poi visto il piccolo paese sudamericano all’avanguardia in merito alle libertà della persona umana: nel 2012 l’Uruguay diventa il primo paese dell’area latino-americana (dopo Cuba) a legalizzare l’aborto; nel 2013 segue le orme della confinante Argentina e legalizza i matrimoni omosessuali; infine nel 2014 il Parlamento vota favorevolmente per legalizzare la coltivazione, la vendita e il consumo di marijuana per uso ricreativo.

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Fig. 2 – Apertura ufficiale della libera vendita della cannabis nelle farmacie di Montevideo

A seguito di difficoltà amministrative nell’attuazione della legge, la vendita di marijuana è iniziata solo la settimana scorsa, quando sedici farmacie hanno esposto in vetrina le dosi da 5 grammi, al prezzo in pesos corrispondente a circa 5 euro. Ma per evitare flussi turistici legati al mercato della cannabis, la legge di liberalizzazione, dopo un lungo percorso parlamentare, ha previsto anche che l’acquisto sia permesso ai soli cittadini uruguayani iscritti in un apposito registro (al momento 5.000 persone su una popolazione complessiva di poco più di 3,4 milioni) e che il consumo per persona non sia superiore a 40 grammi al mese.

UNA POLITICA NEOLIBERISTA ANCHE A SINISTRA? – Tra le liberalizzazioni perseguite da Tabaré Vàzquez, oltre a quelle sociali, ci sono quelle commerciali. Il paese, infatti, è sempre stato tragicamente dipendente da fonti energetiche convenzionali e dalla domanda di beni, soprattutto agricoli, proveniente dall’estero (Argentina e Brasile in testa, poi Cina, Stati Uniti d’America e Russia). Grazie agli investimenti pubblici nel settore energetico, lo scorso anno il fabbisogno nazionale è stato interamente coperto da energie rinnovabili, liberandosi così dalla schiavitù delle importazioni di petrolio.

Più complessa invece la seconda questione, relativa all’emancipazione dalla dipendenza commerciale dall’estero, questione che interviene anche sulla spesa pubblicaIn questo caso gli aspetti economici da considerare sono molti e complicati: la difficoltà a diversificare la produzione, la flessione mondiale dei prezzi agricoli, la nascita di nuova concorrenza globale, la svolta protezionistica voluta dagli ex Presidenti di Brasile e Argentina, Lula e Kirchner. Oltre a ciò, la struttura economica del paese è caratterizzata da un mercato poco flessibile del lavoro, alti tassi di interesse e importanti cartelli commerciali. Tutti fattori che spingono a immaginare un cambiamento di rotta delle politiche economiche del Frente Amplio, da tradizionalmente progressiste a neoliberali. Politiche rigorose che Vàzquez ha già cominciato a mettere in atto, a partire dal contenimento della spesa pubblica, dall’aumento della pressione fiscale sui redditi medio-alti e sulle attività produttive. Il prossimo passo, già fortemente cercato negli anni passati ma non ancora compiutamente raggiunto, è la ricerca di accordi di libero scambio come quello tra Mercosur e Unione Europea, come l’ingresso nel gruppo Alleanza del Pacifico e come gli accordi con gli USA attraverso il TIFA Trade and Investment Framework Agreement.

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Fig. 3 – L’allevamento (soprattutto bovino e ovino) è la risorsa principale del paese: da esso si ricavano carne, prodotti caseari e lana per l’esportazione

Proprio di questa settimana, l’annuncio che a partire dal prossimo 12 ottobre la carne ovina uruguayana con l’osso avrà accesso al mercato statunitense. Un risultato cercato a lungo dalle Autorità sudamericane e che avrà un impatto enorme sull’industria ovina in questo particolare momento nel quale gli allevatori sono stati colpiti da una ondata di prezzi bassi.

IL VIAGGIO DEL PRESIDENTE MATTARELLA – All’interno di tale panorama di accordi si inserisce la visita istituzionale del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, svoltasi lo scorso maggio in Uruguay, un paese che conta la metà della popolazione di origine italiana emigrata in cerca di fortuna tra il 1830 e il 1930.

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Fig. 4 – I due Presidenti, Vàzquez e Mattarella, durante la visita di Stato lo scorso maggio a Montevideo

La visita è stata l’occasione per rinsaldare i rapporti tra l’Italia e la sua comunità nel paese sudamericano (specialmente dopo la chiusura nel 2013 del Consolato Italiano che sta ancora creando non pochi problemi di accesso ai servizi per i cittadini), ma soprattutto per firmare alcuni accordi bilaterali tra i due paesi. In tema di giustizia, il nuovo accordo di estradizione potrebbe risvegliare scheletri risalenti alla dittatura militare e risolvere recenti arresti di mafia effettuati in Uruguay a seguito di indagini delle Autorità italiane. Interessanti prospettive di sviluppo delle infrastrutture uruguayane, soprattutto su rotaia (solo 11 km di binario doppio su 2.900 km di linee), hanno portato a concludere un accordo tra le realtà ferroviarie dei due paesi. Anche una maggiore produzione di energie da fonti rinnovabili (soprattutto eolico e biomassa) ha prodotto accordi con le imprese italiane. In ultimo, il Presidente Mattarella ha auspicato una ripresa degli accordi di liberalizzazione tariffaria tra i paesi del Mercosur e l’Unione Europea per creare una immensa area di libero commercio di oltre 700milioni di persone.

Dario Urselli

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””] Un chicco in più

Deregulation, privatizzazioni e riduzione delle spese sociali sono i principi fondamentali della ricetta di Milton Friedman, teorico del neoliberismo, il quale prevedeva che le regole economiche siano poste automaticamente dal libero mercato. Teoria economica che si contrappone alle tesi keynesiane relative alla costruzione di uno stato sociale e di diritto pubblico, nel quale lo Stato interviene nelle scelte di politica economica. [/box]

Foto di copertina di Libertinus Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Dario Ursellihttps://ilcaffegeopolitico.net/

Nato in Liguria nel 1974, papà di Viola e di Leonardo, laureato in Scienze Politiche. Troppo curioso per rimanere sempre fermo, sostiene gli esami all’Università di Genova e alla Oxford Brookes University durante il Programma Erasmus; la tesi in Geografia Politica ed Economica (“Turismo: passaporto per lo sviluppo?”) ha visto la luce alla University of Edinburgh; a Nizza studia la lingua francese. In attesa di trovare ispirazione nel mondo del lavoro, frequenta un Corso di Perfezionamento in Cooperazione Economica, Politica e Sociale allo Sviluppo e successivamente il Corso EuroMediterraneo di Giornalismo Ambientale “Laura Conti”. Una piccola cooperativa di servizi turistici lo ospita per dieci anni di lavoro, mentre attualmente gestisce con la famiglia un’impresa agrituristica nell’entroterra ligure. Nei tranquilli mesi invernali studia Fotografia – una passione di gioventù – e frequenta il corso di Laurea Magistrale in Geografia e Processi Territoriali all’Università di Bologna. Senza pregiudizi e preconcetti cerca di capire le trame che muovono gli eventi globali e descrive le situazioni umane, sperando di suscitare un sussulto nel lettore. Scrive per Il Caffè Geopolitico dal gennaio del 2017.

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