In 3 sorsi – La crisi energetica globale e quella finanziaria che scuote la Tunisia, spingono il suo Presidente Kais Saied ad abbandonare la neutralità sulla questione del Sahara Occidentale e ad avvicinarsi ad Algeri, innescando una crisi diplomatica con Rabat.
1. L’APPROCCIO PRAGMATICO
Nel 1975 il primo Presidente della Tunisia indipendente, Habib Bourguiba (1957-1987), si schierava al fianco di Rabat sulla questione del Sahara Occidentale, affermando che quei territori a sud del Marocco che andavano sotto il nome di Saguia al-Hamra e Río de Oro avrebbero dovuto essere assegnati alla giurisdizione marocchina. La presa di posizione tunisina aveva allora una duplice funzione strategica di difesa dalle manovre sovversive algerino-libiche. Il supporto algerino ai dissidenti interni riconducibili alla corrente socialista-panaraba (youssefiti), il probabile ruolo algerino nel tentato golpe del 1962 in Tunisia, e le questioni territoriali irrisolte tra i due Paesi, avevano condotto Tunisi a ricercare un alleato nel Marocco. Ciò significava porsi di traverso agli sforzi algerini di ottenere uno sbocco sull’Atlantico tramite un Sahara Occidentale indipendente. Stessa cosa poteva dirsi per la Libia, con la quale i rapporti si erano incrinati in seguito al fallimento del progetto confederale con la Tunisia — che avrebbe dovuto dare luce alla Repubblica Araba Islamica — e allo scontro diplomatico sullo sfruttamento dei giacimenti di greggio nel Golfo di Gabès. La decisione tunisina di appoggiare il Marocco al fine di uscire dall’accerchiamento, in contrasto con quella ONU che si esprimeva a favore di un referendum sull’autodeterminazione del popolo Saharawi, mostrava già un certo pragmatismo nella politica estera di Tunisi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Presidente tunisino Kais Saied riceve Brahim Ghali, Presidente della Repubblica Democratica Araba Saharawi, all’aeroporto di Cartagine
2. SAIED GUARDA AD ALGERI
A un mese esatto dal referendum costituzionale tunisino del 25 Luglio 2022 che suggellava la presa di potere del Presidente Kais Saied, quest’ultimo ripristinava quel pragmatismo proprio dell’era bourguibiana, rompendo con la politica di “neutralità postiva” sulla questione Saharawi che aveva invece contraddistinto il regime di Ben Ali (1987-2011) e condotto a buoni rapporti con Rabat. Infatti, in occasione della TICAD 8, tenutasi il 26 agosto a Tunisi, Saied decideva di ricevere Brahim Ghali, Presidente dell’autoproclamata Repubblica Araba Democratica Saharawi (RASD), riservandogli l’accoglienza propria di un Capo di Stato. Il gesto non era ovviamente casuale — come lo stesso Saied ha voluto far credere, — ma abilmente orchestrato e finalizzato a tutelare i propri interessi geopolitici rappresentati da Algeri, alla quale Tunisi intende legarsi a doppio filo. Questa è divenuta infatti vitale per l’approvvigionamento di gas nel Paese, che a seguito della guerra in Ucraina si è apprezzato portando l’inflazione tunisina al 9%. A dicembre inoltre Algeri si era detta disponibile a sostenere finanziariamente Tunisi, che vede il suo debito pubblico al 90% del PIL ed è bisognosa di prestiti che tardano ad arrivare dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) a causa di stalli nelle trattative. È ormai certo che il Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, a fronte del suo aiuto, pretenda qualcosa in cambio. Segnali si erano già avuti mesi prima, quando Tunisi, in sede ONU, si era astenuta dal voto sul prolungamento della MINURSO (la missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione del referendum nel Sahara Occidentale) fino all’ottobre 2022. Mossa che era stata interpretata come il frutto delle pressioni algerine su Cartagine ad abbandonare la sua neutralità positiva sulla questione Saharawi. C’è da aggiungere che Saied — così come l’Algeria — non abbia gradito gli Accordi di Abramo (2020), con i quali gli Stati Uniti promettevano il riconoscimento della giurisdizione marocchina sul Sahara Occidentale in cambio della normalizzazione dei rapporti tra Rabat e Tel Aviv.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune e il suo omologo tunisino Kais Saied nell’incontro di dicembre 2021 sui nuovi protocolli d’intesa
3. LE CONSEGUENZE
Il pragmatismo di Saied sembra però essere stato poco ponderato questa volta. Rabat non si è limitata a ritirare la propria partecipazione all’evento, e con essa il proprio ambasciatore a Tunisi, ma, tramite la Federazione dei consumatori del Marocco, ha deciso di intraprendere un boicottaggio dei prodotti tunisini — cosa che in questo momento il Paese dei Gelsomini non può permettersi. Il Marocco è il primo importatore magrebino di prodotti tunisini (per un valore di 260 milioni di dollari). Un boicottaggio non solo comprometterebbe la deficitaria bilancia commerciale tunisina esacerbando l’inflazione interna, ma vorrebbe dire ulteriore disoccupazione (già al 15%). La scelta del palazzo di Cartagine si inserisce inoltre in una congiuntura internazionale sfavorevole data dalla sopracitata decisione di Trump nel 2020 di riconoscere la giurisdizione di Rabat sul Sahara Occidentale, seguita da quella più recente del Governo Sanchez, che, cedendo alla minaccia migratoria di Rabat, subiva la ritorsione di Algeri: la chiusura di uno dei due gasdotti che portano alla Spagna via Marocco. Infatti, il conflitto algerino-marocchino si inserisce a pieno titolo nella crisi energetica europea, rischiando di tirare in ballo la sponda nord del Mediterraneo che potrebbe trovarsi nel futuro prossimo a favorire una nuova mediazione per evitare il riaccendersi di un conflitto tra Algeri e Rabat.
Pietropaolo Chianese
Immagine di copertina: “Euskadi-Sahara“, by Western Sahara is licensed under CC BY