Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Il 2015 si è dimostrato un anno particolarmente intenso sul fronte delle pressioni internazionali che l’Unione Europea ha dovuto subire: esse hanno svelato tutta la fragilità delle istituzioni comunitarie, spesso dimenticata o minimizzata. Qual è la situazione attuale? Quali scenari è possibile ipotizzare per il 2016? Come reagirà l’UE alle innumerevoli sfide – varie nella natura ma tutte assai rilevanti dal punto di vista geopolitico – che il nuovo anno le prospetta?
IERI – La natura peculiare della crisi è quella di essere capace di disvelare la vera natura delle cose; è in grado di rivelare «se e quanto le istituzioni siano […] all’altezza dei tempi» e delle sfide che le riguardano (A. Colombo). L’Unione Europea non fa eccezione: dal 2008 in poi, infatti, il processo di integrazione europeo, che in precedenza sembrava destinato a proseguire a tappe forzate, ha subito un rallentamento notevole. Le rilevanti divisioni emerse hanno reso il futuro prospettato fino a pochi anni fa tutt’altro che scontato e i dodici mesi appena trascorsi hanno rimarcato con forza quanto appena scritto. Le innumerevoli pressioni internazionali che l’Unione Europea ha dovuto subire, infatti, sono state capaci di mostrare come siano profonde le fratture interne a essa e come tali fratture siano notevoli sia per intensità che per diffusione. L’UE, di conseguenza, non si è mostrata del tutto capace di rispondere coesa alle sfide poste in essere dal sistema Internazionale; di più, si è evidenziata nuovamente la sua fragilità e la difficoltà di porsi come entità unica, elemento cruciale per la sua influenza in campo internazionale. Iniziando dalle frontiere orientali, i rapporti con la Russia sono rimasti ai minimi storici. Le velleità da grande potenza e la volontà di ristabilire l’influenza sull’area una volta appartenuta all’Unione Sovietica mantengono in allarme numerosi paesi dell’UE (soprattutto quelli che hanno subito, nel corso della loro storia, svariate invasioni provenienti da Est). La politica estera aggressiva della Russia, portata avanti in modo emblematico ai danni dell’Ucraina, ha portato indietro le lancette dell’orologio della Storia a un clima quasi da Guerra Fredda. La dipendenza europea dal gas russo unita alla rilevanza dell’interscambio economico con la Russia per alcuni Stati dell’Unione (Italia in primis) non hanno fatto altro che rendere più complessa la vicenda. Se da un lato, infatti, l’UE ritiene necessario mantenere la pressione sanzionatoria sulla Russia al fine di invogliarla al rispetto del Diritto Internazionale e del Protocollo di Minsk, dall’altro la spinta proveniente da numerosi settori economici ha reso più difficile e dibattuta tale linea di azione. Le potenzialità disvelatrici della crisi, poi, sono emerse in modo preponderante anche in seguito al tentativo europeo di trovare una linea comune per rispondere all’esodo di massa di migranti e profughi provenienti da Africa e Medio Oriente. Nonostante le centinaia di morti e le ripetute richieste italiane di una maggiore collaborazione, infatti, l’accordo europeo per provare a risolvere la difficile situazione si è mostrato ben lontano dal poter essere raggiunto. La richiesta di una redistribuzione degli immigrati ha trovato, poi, l’opposizione di numerosi Paesi membri che, pressati da un’opinione pubblica spaventata dalla paventata “invasione”, hanno preferito chiudersi a ogni tipo di collaborazione (edificando muri sia sui propri confini, come nel caso dell’Ungheria, sia verso la possibilità di assistere maggiormente i Paesi dell’Unione più colpiti dall’emergenza, come nel caso di Polonia, Repubblica Ceca e Danimarca). Neanche i tragici attentati di Parigi del 13 novembre, malgrado la loro colossale carica emotiva, si sono mostrati capaci di compattare l’Unione e polarizzarla verso una politica estera capace di rispondere alle sfide internazionali che la riguardano. In questo caso è stata la Francia che, nonostante la richiesta di sostegno militare comunitario, ha infine scelto di colpire da sola Daesh. Da non sottovalutare, infine, si è mostrata la discussione interna scaturita dalla possibile stipulazione del Partenariato Transatlantico. In questo caso, però, le criticità sono emerse soprattutto nel rapporto tra istituzioni e opinione pubblica (che, di conseguenza, ha poi influito, anche se solo parzialmente, sull’azione dei governi).
Fig. 1 – I due problemi maggiori per i cittadini UE.
OGGI – La situazione attuale vede l’Unione Europea ancora spaccata in merito a tutte le situazioni sopra descritte. Per quanto riguarda la “questione Russa”, l’Italia ha provato timidamente a riaprire la discussione in merito alla possibilità di non rinnovare le sanzioni economiche, ma i risultati sono stati scarsi. Sul fronte migranti la soluzione parziale è stata trovata nel soddisfacimento delle richieste turche (tre miliardi di aiuti per il controllo dei flussi migratori e la riapertura delle trattative per l’ingresso nell’UE). Il permanere in mani statali del potere di decisione finale di politica estera, poi, rende ogni azione internazionale unitaria (che non sia economica) assai difficoltosa e complessa. In campo economico, infine, le spaccature sul TTIP sono notevoli e, in aggiunta alle già difficili trattative, gli ultimi dati (Eurobarometro autunno 2015) mostrano notevoli differenze nell’opinione pubblica tra i vari Paesi. Il 53% della popolazione europea che supporta l’accordo, infatti, non è distribuito equamente tra gli Stati membri: ad esempio, mentre il 72% dei romeni si dichiara a favore, il 59% dei tedeschi è contrario.
DOMANI – L’incapacità di trovare politiche comuni in grado di rispondere alle pressioni internazionali dimostra, una volta di più, tutta la debolezza delle strutture comunitarie. Queste rischiano di subire nel 2016 nuovi e variegati attacchi interni in risposta al perdurare di forti pressioni esterne. Per quanto riguarda la frontiera orientale difficilmente l’anno che viene riserverà sorprese; anzi, le tensioni potrebbero perfino acuirsi nel caso di uno scongelamento del conflitto nel Donbass. Inoltre, il sempre minore consenso verso il sistema sanzionatorio potrebbe creare importanti spaccature interne all’Unione. Spostando la lente sul fenomeno migratorio, resta inteso che nel caso in cui nell’anno nuovo dovesse perdurare il trend degli scorsi mesi, gli scontri endogeni potrebbero salire ulteriormente di tono minando ancora di più una coesione comunitaria già precaria. Anche dal punto di vista delle iniziative internazionali – ovvero intervenire in modo concertato nelle aree di instabilità a ridosso delle frontiere europee – non è lecito aspettarsi un’inversione di rotta capace di portare l’Unione Europea ad agire, in modo continuato e risoluto, come una singola entità. Infatti, nonostante importanti eccezioni (come nel raggiungimento di un accordo sulla questione del nucleare iraniano dove, nonostante il ruolo principale sia stato svolto dagli Stati, l’Unione Europea ha fornito un contributo rilevante), le differenze di interessi tra i vari Paesi membri e la difficoltà per l’Unione di adottare una linea autonoma di politica estera – in quanto, in tale ambito, le prerogative cruciali restano statuali – rende ardua la possibilità vedere azioni comunitarie rilevanti in ambito internazionale, soprattutto per quanto riguarda la sfera della sicurezza. Infine, sul versante economico, Cecilia Malmström, Commissario al commercio dell’UE, ha prospettato un’intensificazione dei negoziati sul TTIP con l’obiettivo di arrivare alla firma entro la fine del 2016. L’anno che ci attende, dunque, potrebbe essere cruciale: l’accelerazione prevista, infatti, potrebbe fare emergere tensioni latenti. Sarà dunque fondamentale verificare se perlomeno nel principale ambito di competenza dell’Unione – quello economico – l’intesa verrà raggiunta.
Viste le premesse è arduo ipotizzare un 2016 in grado di portare stabilità e unità di intenti complessiva nell’area comunitaria. Anche nel caso in cui, infatti, la pressione internazionale dovesse allentarsi, il 2015 ha dimostrato una volta di più come il problema stia alla base dell’Unione Europea stessa. Di conseguenza, un mutamento è ipotizzabile unicamente nel caso in cui gli Stati europei decidano una devoluzione alle istituzioni comunitarie delle prerogative necessarie per agire efficacemente come una singola unità – come uno Stato, in sostanza – nell’ambito della politica estera. Tali prerogative, però, riguardando la sfera della sicurezza, costituiscono il nocciolo duro della sovranità e difficilmente gli Stati decideranno di privarsene. L’anno che si prospetta, dunque, difficilmente porterà un’aumentata capacità per l’Unione Europea di rispondere in modo unitario, efficiente e slegato dagli interessi statuali alle pressioni internazionali che la riguardano.
Simone Zuccarelli
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Qualche cifra:
- In Ucraina il 67% della popolazione si dichiara favorevole all’adesione all’Unione Europea (PEW Research).
- La questione “immigrazione” cresce sempre più di importanza per i cittadini UE: per il 58% è uno dei due problemi principali che l’Unione deve affrontare, saldamente al primo posto e seguito dal “terrorismo” (25%) che ha sopravanzato “disoccupazione” e “situazione economica” rispetto alle rilevazioni primaverili (Eurobarometro autunno 2015).
- 100.000 migranti e rifugiati al mese varcano le frontiere europee (Eurobarometro autunno 2015).
Per approfondire:
- Per chi volesse approfondire il concetto di crisi e la sua relazione con il Sistema Internazionale attuale consiglio “Tempi decisivi. Natura e retorica delle crisi internazionali”, scritto da Alessandro Colombo, professore di Relazioni Internazionali all’Università Statale di Milano.
- Per un approfondimento sul TTIP rimando alla pagina dedicata sul sito della Commissione Europea dove è possibile trovare testi, studi e ulteriori importanti informazioni.
- Al seguente link, invece, è possibile trovare l’ultimo Eurobarometro.
- Per un approfondimento sulla gestione dei profughi tra l’Unione Europea e i suoi membri, rimando al “Quaderno” del Caffè Geopolitico dedicato a tale tema.
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