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Armi e guerra in Ucraina

Editoriale – In seguito alla recente votazione al Parlamento Europeo circa la fornitura di appoggio all’Ucraina, e con l’idea di fornire qualche strumento accurato e fruibile anche da non esperti, proponiamo questo nostra piccola guida ai principali temi.

Prima di iniziare

Comprendiamo bene dubbi e timori circa il potenziale allargamento del conflitto tra Russia e Ucraina. Analogamente, siamo ben coscienti del fatto che stiamo trattando della vita e del futuro di persone lontane – che vivono e soffrono, hanno paure e speranze – e di come tutto questo impatterà anche noi tutti – la nostra vita e sofferenza, le nostre paure e speranze. Nulla di quanto scritto qui è a cuor leggero o senza coscienza di ciò che comporta. Anzi, è scritto proprio con coscienza di ciò che comporta e con il desiderio che tali dinamiche diventino parte della consapevolezza di tutti.

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Dal nostro archivio

Nel nostro editoriale del 24 febbraio 2022, a cura di Simone Pelizza, chiarivamo già all’inizio della guerra quale fosse la posta in gioco: “con l’attacco all’Ucraina Putin lancia la sua sfida finale all’attuale ordine internazionale e si imbarca in un’avventura dalle conseguenze imprevedibili. Per l’Europa è tempo di prendere decisioni importanti”.

Una lezione dalla Guerra Fredda

In seguito al crollo dell’URSS, è stato possibile leggere gli archivi e scoprire quindi come “loro” vedessero il mondo occidentale dai tempi di Stalin agli inizi degli anni Novanta. Tra le tante interessanti informazioni, emerse come l’Unione Sovietica sponsorizzasse (più o meno direttamente) i movimenti pacifisti in Europa Occidentale e USA per disarmare l’Occidente. Il principio era, parafrasando, “viva la pace, disarmatevi, perché siete voi i guerrafondai”. Ovviamente molti pacifisti occidentali erano sinceri e genuini, ma l’effetto che questo doveva ottenere era indebolire l’Occidente, facendone ridurre gli arsenali e la resistenza senza costringere Mosca a fare altrettanto, così avrebbe ottenuto la supremazia militare (per riferimento e fonti: Gordon Barrass, The Great Cold War. A Journey through the Halls of Mirrors, Stanford University Press).
Suona familiare? È la stessa strategia della Russia oggi. Spieghiamo perché.

Fig. 1 – The Great Cold War di Gordon Barrass

Fornitura di armi e confini ucraini

Da un punto di vista nostrano sembra apparentemente logico vietare l’uso delle nostre armi al di fuori dei confini ucraini. Noi non ci riteniamo in guerra con la Russia, e la Russia vede come grave scelta una eventuale concessione in tale senso.
Tecnicamente, secondo il diritto di guerra nel momento in cui Russia e Ucraina sono in guerra entrambi i territori diventano territorio di guerra. Ovviamente questo non autorizza a colpire civili, né a commettere altri crimini di guerra o violazioni dei diritti umani (comunque spesso compiute dalla Russia). Tuttavia non esiste alcuna norma che vieti all’Ucraina di colpire obiettivi militari in territorio russo.

Perché dovrebbero colpire obiettivi militari in territorio russo? Non sembra ‘difesa’!

Serve comprendere meglio alcuni aspetti della guerra contemporanea. Facciamo alcuni esempi reali di quanto accade.
La Russia attacca quasi quotidianamente l’Ucraina (inclusi obiettivi civili, come l’ospedale pediatrico recentemente colpito, centrali energetiche, ecc…) tramite l’utilizzo di droni, missili balistici e cruise.
Questi ultimi sono lanciati da cacciabombardieri e bombardieri che partono da basi aeree spesso molto all’interno della Russia. Eliminare i bombardieri (se ne producono pochi ogni anno, quindi sono difficili da rimpiazzare) riduce la quantità di missili sparati contro i bersagli civili ucraini. Ma colpirli in volo è molto difficile, mentre i velivoli sono molto più vulnerabili quando sono a terra, nelle basi. Tuttavia la distanza eccessiva richiede armi specifiche a lungo raggio.

Non bastano i droni che gli ucraini usano già?

No. Nel tempo i russi hanno spostato alcune tipologie di aerei più lontano dal confine, proprio per evitare di essere distrutti a terra. Inoltre i droni sono meno efficaci e più vulnerabili alle difese antiaeree. Razzi e missili occidentali hanno maggiore capacità di colpire lontano e sono meno facili da fermare. Altrimenti, i bombardieri russi continueranno a colpire come ora.

Qualche altro esempio?

Colpire i depositi di carburante, i nodi logistici e i centri comando (spesso molto dietro il fronte) in maniera sistematica o comunque frequente, permette di rallentare ulteriormente la macchina bellica russa ostacolandone i meccanismi di funzionamento e consente una migliore difesa agli ucraini. Proteggendo in questo modo anche le popolazioni delle città che oggi sono dietro al fronte, ma domani potrebbero trovarsi sulla linea del fronte (dove le città sono devastate da artiglieria e bombe russe). Si potrebbero fare altri esempi, ma il punto è lo stesso: in guerra, difendersi include la necessità di colpire le retrovie avversarie per “disarmarlo” (almeno in parte). Gli ucraini ora non hanno mezzi per farlo se non saltuariamente, poco efficacemente e spesso solo entro i confini ucraini (e i russi lo sanno e agiscono di conseguenza).

Ma la Russia non potrebbe fare ancora più male all’Ucraina?

Sta già facendo tutto quanto può fare contro l’Ucraina, incluso colpire obiettivi civili e commettere crimini di guerra. Attualmente – se si esclude l’arma nucleare di cui parleremo dopo – sta già compiendo il suo massimo sforzo militare e industriale. Per questo peraltro teme il supporto occidentale: già così fa fatica a ottenere risultati decisivi, e non è in grado di andare oltre.

Ma la Russia non si arrabbierebbe con noi?

Sicuramente, ma le relazioni con Mosca sono già ai minimi storici. Vale la pena però chiedersi (ed è prassi normale farlo quando si valutano queste cose): cosa può fare la Russia contro di noi in risposta? In realtà poco di più di quanto sta già facendo, e questo perché spesso non ci rendiamo conto di quanto stia già facendo. Tra le attività che la Russia sta già portando avanti (per fonti: Economist, Institute for the Study of War):

  • Tentativi di assassinio di esponenti dell’industria occidentale
  • Sabotaggi industriali e informatici
  • Sabotaggio di cavi sottomarini per il trasferimento di dati
  • Operazioni di disinformazione e interferenza elettorale al fine di polarizzare l’opinione pubblica occidentale e paralizzare il processo di decision-making
  • Sostituzione dell’influenza occidentale in Africa (Libia inclusa) con la propria
  • Appoggio a gruppi, movimenti e Governi considerati fonte di destabilizzazione internazionale

Ok, queste cosa accadono. Ma noi non siamo in guerra con la Russia.

No, noi non siamo in guerra con la Russia. Ma la Russia si ritiene già in guerra con noi. Sembra paradossale, perciò va spiegato: la guerra tra Paesi non avviene solo quando due Paesi “si sparano”, cioè utilizzano lo strumento militare l’uno contro l’altro. Si parla di guerra anche quando un Paese punta attivamente a danneggiare l’altro utilizzando l’intero spettro degli strumenti detti “DIMEFIL”, acronimo che identifica tutte le azioni Diplomatiche, Informative, Militari, Economiche, Finanziarie, Informatiche e Legislative. La Russia, che per parola dei suoi stessi esponenti si ritiene in guerra con l’Occidente, contro l’Occidente sta già utilizzando tutti questi aspetti – tranne quello militare, perché impegnato in Ucraina – per danneggiarci. Questo non significa che allora possiamo fare tutto quello che vogliamo a cuor leggero. Significa però che la Russia si ritiene già in stato di guerra con noi e sta già attuando numerose misure contro di noi per danneggiarci. In altre parole: noi non siamo in guerra, ma Mosca agisce contro di noi come se lo fossimo. A dispetto delle loro dichiarazioni, siamo già in situazione di nuova Guerra Fredda.

Fig. 2 – L’Acronimo DIMEFIL | Fonte: https://fairchild-mil.libguides.com/dimefil. Fonte immagine sottostante: https://www.dvidshub.net/image/7030303/horizon (public domain)

In termini reali questo significa che per quanto possa aumentare lo sforzo nelle misure sopra indicate, i rischi per noi sono già presenti anche ora. Diverso invece è il nostro sforzo per coprire le nostre vulnerabilità (sforzo spesso mancante). Dunque serve una discussione circa i rischi, serve ancora di più comprensione circa il fatto che siamo già “nella situazione peggiore”, esclusa la guerra con mezzi militari.

E se scoppiasse la guerra vera? Quella militare?

Intanto non è automatico: Cina, Iran e Corea del Nord inviano armi ed equipaggiamenti alla Russia, la Russia li usa indiscriminatamente su tutto il territorio ucraino, ma noi non abbiamo dichiarato guerra né a Cina, né a Iran, né a Corea del Nord. E la Russia farebbe valutazioni analoghe. Inoltre la Russia al momento non ha forze militari da utilizzare contro l’Occidente. Sono tutte in Ucraina e quel che resta altrove verrebbe eliminato. La Russia infatti teme un ingresso in guerra della NATO molto più di quanto lo temiamo noi. Non a caso, per contrastarci usa tutti gli altri strumenti DIMEFIL tranne la “M”, lo strumento militare.

E se usassero l’arma nucleare?

È un tema che abbiamo affrontato spesso, andando a verificare cosa dica sul serio la loro dottrina, studiando il tema e scrivendo vari articoli al riguardo. E va inserito all’interno del loro concetto di “gestione dell’escalation”.
Contrariamente a quanto ogni tanto si sente sui media o da esponenti che puntano a fare sensazionalismo, la Russia usa la minaccia nucleare principalmente non perché intenda davvero farlo, ma come mezzo per spaventare le opinioni pubbliche e convincerle a non resistere, a dare a Mosca ciò che chiede, a non interferire. Il rischio di uso esiste, ma solo in specifici casi (che non coinvolgono quanto stiamo discutendo) ed è molto più limitato di quanto non sembri. Inoltre la Russia stessa teme che l’utilizzo provochi risposte non nucleari, ma comunque deleterie da parte di USA e soprattutto Cina (che ha già vietato a Mosca di farlo, e Mosca dipende fortemente da Pechino). Serve avere paura, ma non esserne terrorizzati. La Russia spera siamo terrorizzati e lo usa come ricatto.

Ma non possiamo rischiare! Se una potenza nucleare minaccia, bisogna cedere comunque!

No. Va valutato caso per caso e capire quando è solo una minaccia (ci sono margini ampi). Altrimenti si commette un errore molto più grande: se il resto del mondo vede che il ricatto nucleare funziona, nessuna potenza che oggi non ha l’arma si sentirà tranquilla. Tutti vorranno l’arma nucleare. E ci sarà la corsa all’arma nucleare, con una ancor più pericolosa proliferazione orizzontale (cioè un aumento nel numero di potenze nucleari). Tenete presente che nel mondo i Paesi con “latenza nucleare” (capacità di arrivare alla bomba in autonomia se mai lo decidessero) sono parecchi: non solo Iran, ma anche Arabia Saudita (tramite contatto con il Pakistan), Brasile, Giappone, Corea del Sud. E questo porterebbe poi anche a proliferazione verticale (cioè aumento nel numero di testate atomiche). È quello che vogliamo? Serve avere paura (per prendere contromisure), ma non essere terrorizzati (e rischiare di fare danni peggiori).

Però la guerra va fermata!

Vero. Ma il “come” fa tutta la differenza. Manca in occidente un’idea di “war termination strategy”, cioè strategia per porre termine alla guerra”.
La Russia ce l’ha: attendere una vittoria di Trump, la stanchezza degli europei e lo sfinimento degli ucraini (provati magari da un inverno senza riscaldamento causa danni alle infrastrutture energetiche) e sperare si arrendano. Ma se questo non basta, la guerra potrà durare anni, perché le due parti non hanno, da sole, la forza per vincere (e secondo molti studi, dal 2025-2026 la Russia inizierà a sentire anche militarmente il peso delle perdite). E allora come far sì che finisca?

È facile, tramite negoziato!

Ovviamente. Ma contrariamente a quanto ogni tanto si pensa (“nessuno pensa a trattare!” o “serve sedersi finalmente al tavolo del negoziato!” o frasi analoghe) ci si è provato parecchie volte. Con poco successo. Il problema è: perché pur sedendosi al tavolo non si trova un accordo? In prima battuta, si smette di combattere quando si pensa che la guerra non possa permettere altri vantaggi e i propri interessi vitali siano garantiti.
Ma nel caso specifico c’è un altro problema: entrambi hanno richieste vitali che si escludono a vicenda.

Quali sono i reali ostacoli dunque?

In breve: l’Ucraina vuole continuare a esistere come indipendente e non essere sotto giogo di Mosca. E mantenere un territorio sufficiente alla propria prosperità futura. Per questo è anche disposta a cedere territori, ma vuole soprattutto che Mosca non possa riprovare un nuovo tentativo di conquista in futuro. Quindi richiede una garanzia di sicurezza, che significa alleati militarmente forti che garantiscano un appoggio in caso di guerra e così facendo fungano da deterrenza a nuovi tentativi russi. Vuol dire NATO, per esempio o, in caso di esclusione della NATO, anche solo una coalizione di volonterosi (“Coalition of the willing”) che garantisca sostanzialmente un appoggio analogo.
La Russia vuole che l’Ucraina torni sotto la propria influenza. Quindi, se deve esserci una tregua, deve rimanere aperta la possibilità di riprovarci in futuro (tema già visto in altri casi simili, vedi “Le Guerre di Putin” di Mark Galeotti per esempio). Quindi se l’Ucraina dovesse avere garanzie NATO o simil-NATO tale possibilità non ci sarebbe più, e questo non è accettabile. Per Mosca ogni accordo NON dovrà avere tali garanzie. Ma come detto sopra, senza queste garanzie l’Ucraina non accetterebbe.
Capito ora perché i negoziati si bloccano? Il problema non sono i chilometri quadrati del Donbass. Il problema è il futuro dell’Ucraina intera.

Fig. 3 – Putin’s Wars di Mark Galeotti

E un’Ucraina neutrale fuori dalla NATO?

C’è un equivoco: secondo Putin stesso (e molti suoi sottoposti) la neutralità non esiste. O sei di Mosca o sei di Washington e non hai diritto di “scegliere” il tuo futuro (anche perché il soft power occidentale, che porta le popolazioni verso lo stile di vita e la società di tipo occidentale, è considerato da Mosca un trucco degli USA). Quindi essere “fuori dalla NATO” per la Russia non significa rimanere indipendente come pensiamo noi, ma essere comunque sotto un Governo amico (stile Bielorussia di Lukashenko) che sia sotto il controllo del Cremlino. E gli ucraini non lo vogliono.

Intanto possiamo pensare a un cessate il fuoco

Un cessate il fuoco non è una cosa neutrale e innocua come molti pensano. Ci sono centri studi internazionali che analizzano queste dinamiche e tutti concordano: si fermano i combattimenti, ma non si ferma tutto ciò che c’è dietro e attorno. Quindi chi è in difesa può rafforzare le difese, riposarsi e prepararsi meglio soprattutto se era in affanno. Chi è in attacco può rinforzarsi, riorganizzarsi e consolidare le conquiste perché non tornino nelle mani originarie. In breve, i due contendenti valutano le possibilità di cessate il fuoco a seconda di quanto pensano l’avversario possa approfittarne. E per questo spesso non lo accettano. Nel nostro caso, gli ucraini temono che i russi consolidino la presa sulle zone conquistare, i russi temono che gli ucraini si riposino e rinforzino troppo le difese. E così tutto continua.

E se lasciassimo vincere la Russia?

È bene essere chiari: non tornerebbe tutto come prima. Innanzi tutto dobbiamo essere coscienti di cosa accadrebbe all’Ucraina: ci sarebbero forti conseguenze umanitarie, con la replica su grande scala delle atrocità viste nei territori occupati (torture, deportazioni ecc… come evidenziato da molti rapporti). Questo perchè l’obiettivo ultimo del Cremlino è la distruzione dell’Ucraina come Stato indipendente e della sua identità nazionale.
In più ci sono gli effetti per noi. Innanzi tutto abbandonare l’Ucraina danneggerebbe la credibilità internazionale dell’Europa in maniera grave e irreversibile, ma non solo. La Russia ci vede come avversari e si mostra “amica” solo come mezzo per dividerci e bloccare il processo di decision-making e reazione della NATO. Dopo 5-10 anni (le stime però variano) avrebbe completato il processo di riarmo e Putin, avendo un’economia interna debole e impostata sull’economia di guerra, non potrebbe far tornare il Paese alla situazione precedente (le tensioni interne creerebbero troppi problemi), quindi dovrebbe continuare a puntare, in termini di propaganda interna, sull’Occidente cattivo e predatore. E sulla necessità di riprendersi altri Paesi: Moldavia e Georgia, che non sono nella NATO. Ma forse anche i Paesi Baltici, se dovessimo mostrarci deboli e divisi.
È il paradosso della deterrenza: Putin non ha invaso l’Ucraina perché la NATO era aggressiva. L’ha invasa perché pensava che non avremmo reagito e sarebbe finita subito. Serve non dargli la stessa impressione in futuro, proprio per evitare nuove guerre. Altrimenti il rischio di guerre più grandi, e questa volta con noi coinvolti, sarebbe reale.

Lorenzo Nannetti

Immagine di copertina: “Patriot missile battery Romania 2” by MApN is licensed under CC BY-SA 3.0.

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Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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