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L’Ossezia del Sud e le origini del conflitto russo-georgiano nel Caucaso

Ristretto28 novembre 1991: l’Ossezia del Sud dichiara la propria indipendenza dalla Georgia. La secessione della piccola regione caucasica apre un duro confronto politico-militare tra Russia e Georgia ancora oggi irrisolto.

Situata nel Caucaso meridionale, l’Ossezia del Sud è una regione prevalentemente montuosa e scarsamente abitata. La città principale è Tskhinvali, sulle rive del fiume Grande Liakhvi, che ha sempre avuto un ruolo centrale per l’area grazie anche alla sua posizione strategica sulle vie commerciali che collegano il Mar Nero con le regioni interne del Caucaso. Sin dal Medioevo l’Ossezia del Sud ha avuto una popolazione multietnica e multiculturale, composta da osseti, russi, georgiani, armeni ed ebrei. Controllata dal regno di Georgia sin dal XIV secolo, la regione viene poi annessa insieme a quelle circostanti dalla Russia zarista agli inizi dell’Ottocento, conoscendo un modesto sviluppo delle proprie attività economiche. Dopo gli eventi rivoluzionari del 1917, l’Ossezia del Sud viene inclusa nella Repubblica Democratica di Georgia, ma l’esperienza si rivela infelice perché accompagnata da un duro scontro sociale tra contadini osseti e proprietari terrieri georgiani, sostenuti rispettivamente da bolscevichi e menscevichi. La vittoria finale dei bolscevichi nella guerra civile russa, con relativa occupazione militare della Georgia, porta alla creazione di un’entità amministrativa autonoma per l’Ossezia del Sud, con capitale Tskhinvali e delimitata da confini tracciati arbitrariamente da Mosca. Gli osseti restano però formalmente sottoposti alla Georgia, che è repubblica socialista parte dell’Unione Sovietica. Nel 1924 la situazione si complica con la creazione di un’altra entità amministrativa autonoma per l’Ossezia del Nord, divenuta poi una repubblica autonoma all’interno della Russia sovietica nel 1936.

Nonostante ciò, la regione resta relativamente tranquilla sino alla fine degli anni ‘80, quando la crisi ormai irreversibile del sistema sovietico alimenta un significativo sentimento nazionalista sia in Georgia che in Ossezia del Sud. Nel novembre 1989 il consiglio regionale dell’Ossezia del Sud chiede a Tbilisi di poter diventare una repubblica autonoma, sul modello dell’Ossezia del Nord, ma il Parlamento georgiano respinge tale richiesta. Un anno dopo l’autonomia amministrativa dell’Ossezia del Sud viene abolita e il Governo georgiano invia forze militari nella regione per scoraggiare eventuali aspirazioni secessioniste. Ma la decisione di Tbilisi finisce per avere l’effetto opposto: gli osseti danno infatti vita ad un’efficace resistenza armata, sostenuta ambiguamente da Mosca, e dichiarano unilateralmente la propria indipendenza nel novembre 1991. Dopo mesi di feroci combattimenti, la Georgia deve gettare la spugna e firmare un accordo di cessate il fuoco negoziato dalla Russia. L’Ossezia del Sud resta divisa in aree controllate dalla truppe georgiane e aree controllate dai ribelli, che installano anche un proprio Governo a Tskhinvali. L’OSCE invia una missione per garantire il rispetto del cessate il fuoco nelle zone di contatto tra i due schieramenti.

La situazione resta stabile sino al 2004, quando il neo-Presidente georgiano Mikheil Saakashvili promette di ristabilire la sovranità nazionale su tutto il territorio del Paese, inclusa l’Ossezia del Sud e la vicina repubblica separatista dell’Abkhazia. Ciò provoca inevitabilmente nuove tensioni nella regione, mentre la Russia aumenta il proprio sostegno economico e militare ai territori secessionisti. Nell’agosto 2008 la morte di alcuni peacekeeper georgiani spinge Saakashvili a lanciare un’operazione militare contro l’Ossezia, che però finisce per provocare un massiccio intervento armato russo a sostegno dei separatisti. Sconfitto e umiliato, Saakashvili è costretto quindi ad accettare un cessate il fuoco che lascia gran parte dell’Ossezia del Sud nelle mani del Governo di Tskhinvali. La Russia riconosce anche diplomaticamente sia l’Abkhazia che l’Ossezia del Sud, accrescendo la propria influenza su di esse. Da allora la situazione è rimasta tesa ma stabile – classica caratteristica di tutti i “conflitti congelati” dell’ex Unione Sovietica.

Simone Pelizza

Huawei nei Paesi emergenti (II): un modello per il futuro?

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Alexander Dubcek e il “secolo breve” della Cecoslovacchia

Ristretto27 novembre 1921: nasce Alexander Dubcek, leader della Cecoslovacchia durante la Primavera di Praga del 1968.

Kais Saied, il robocop della Tunisia

In 3 sorsi- Le elezioni tunisine svoltesi a ottobre saranno cruciali nel determinare il futuro del Paese. Riusciranno i partiti a salvaguardare le istituzioni democratiche nell’interesse generale del Paese?

L’isola che scotta: Taiwan nel duello Washington-Pechino

AnalisiTaipei, Washington e Pechino. La Cina ambisce alla completa unificazione con l’isola, ultimo retaggio del secolo delle umiliazioni. Intanto Washington irrobustisce le relazioni politico-militari e fornisce a Taiwan il più grande investimento militare dal 1992.

Kennedy ad Arlington: la fine dell’innocenza americana

Ristretto 25 novembre 1963: le spoglie di John Fitzgerald Kennedy vengono sepolte nel cimitero nazionale di Arlington, in Virginia, situato a poca distanza dalla capitale Washington. Il Presidente statunitense era stato ucciso tre giorni prima a Dallas, in Texas, in circostanze ancora oggi al centro di feroci polemiche e teorie cospirazioniste.

Ironicamente, i funerali di Kennedy si svolgono nello stesso giorno di quelli del suo assassino “ufficiale”, Lee Harvey Oswald, ucciso il giorno prima dal gestore di nightclub Jack Ruby nel quartier generale della polizia di Dallas. La sepoltura di Oswald a Fort Worth avviene alla presenza di pochi intimi e qualche giornalista, a cui viene chiesto di portare la bara sul luogo dell’interramento. La lapide originale, che riporta nome completo e date di nascita e morte dell’ex marine, verrà successivamente rubata e sostituita da una semplice con solo Oswald scritto sopra.

Diversi ovviamente i funerali di Kennedy, tenutisi in pompa magna a Washington alla presenza di numerosi capi di Stato e di Governo stranieri come il Presidente francese Charles de Gaulle, il Vice-Premier sovietico Anastas Mikoyan, il re belga Baldovino I e l’Imperatore etiope Haile Selassie. Prima della cerimonia funebre il corpo del Presidente assassinato era stato esposto al pubblico in Campidoglio, ricevendo l’omaggio commosso di circa 250mila persone. Chiusa la camera ardente, la salma viene infine trasportata nella Cattedrale di San Matteo Apostolo per la messa da requiem, officiata dall’arcivescovo di Boston Richard Cushing. Quest’ultimo è un amico stretto della famiglia Kennedy e aveva già celebrato il matrimonio di John e Jacqueline nel 1953. Non c’è nessuna eulogia in onore del defunto; al suo posto, il vescovo ausiliario di Washington, Philip M. Hannan, legge alcuni brani delle lettere e dei discorsi di Kennedy, compreso quello inagurale della sua presidenza del gennaio 1961. Al termine della funzione, la bara viene trasportata tra ingenti misure di sicurezza ad Arlington per la sepoltura, in un luogo appositamente selezionato dal Segretario alla Difesa Robert S. MacNamara poco dopo l’annuncio della morte del Presidente. L’immagine del piccolo John Jr. che saluta militarmente la salma del padre prima del viaggio finale viene catturata dalle televisioni di mezzo mondo, commuovendo milioni di persone. Situata nella Sezione 30 di Arlington, la tomba presidenziale verrà terminata solo nel luglio 1967: essa è composta da un semplice rettangolo di pietre di granito, selezionate dalla famiglia nella loro storica residenza di Cape Cod, ed è allineata idealmente con il Lincoln Memorial di Washington. Sopra alla lapide si trova una fiamma tenuta perennemente accesa in memoria del Presidente.

La tragica morte di Kennedy a Dallas e il suo mesto epilogo ad Arlington hanno lasciato un segno indelebile nell’opinione pubblica americana e rappresentano per molti la  fine dell’innocenza e dell’ottimismo dei primi anni ’60, travolti successivamente dall’inasprirsi della guerra in Vietnam, da nuovi omicidi eccellenti (Robert Kennedy e Martin Luther King Jr.), dalle rivolte razziali in diverse città del Paese e dal controverso arrivo alla presidenza di Richard Nixon. Da questo punto di vista i funerali di Kennedy chiudono davvero un’epoca di storia americana e mondiale, ricordata ancora oggi con nostalgia e rimpianto da milioni di persone.

Simone Pelizza    

Regno Unito: verso nuove elezioni con Brexit sullo sfondo

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