Come un gruppo di studenti di 5° elementare ha trovato più facile salvare l’Amazzonia che eleggere il Segretario-Generale dell’ONU. Un esempio di come parlare di geopolitica ai “piccoli”.
Google torna (di nascosto) in Cina
Analisi – Da qualche mese è possibile creare campagne pubblicitarie Google Ads selezionando come target geografico la Cina continentale. È una notizia passata in sordina anche tra gli addetti ai lavori, che tuttavia rappresenta una potenziale svolta nei rapporti internazionali: il colosso di Mountain View è tornato in Cina? Quando esattamente, e soprattutto, come? Facciamo chiarezza.
La lunga ombra di Franco sulla Spagna
Ristretto – 4 dicembre 1892: nasce Francisco Franco, generale e leader autoritario della Spagna dal 1939 al 1975.
Nato in Galizia, Franco è membro di una famiglia altolocata con un’antica tradizione di servizio nella Marina spagnola. Ma la sconfitta di Madrid nella guerra contro gli Stati Uniti del 1898 limita le possibilità di una carriera navale e il giovane Francisco decide quindi di entrare nell’Esercito, prestando poi servizio con le truppe coloniali in Marocco. Alla fine degli anni ‘20 diventa generale per meriti di servizio durante la guerra del Rif e viene nominato direttore dell’Accademia Militare Generale di Saragozza, che però viene sciolta dal nuovo Governo repubblicano pochi anni dopo. Nonostante ciò, Franco resta inizialmente fedele alla Repubblica e gioca un ruolo chiave nella repressione della rivolta dei minatori della Asturie, venendo ricompensato con la carica di capo di Stato Maggiore nel 1935. La crescente instabilità politica nazionale e il radicalismo dei partiti di sinistra lo spingono però ad unirsi alla cospirazione dei vertici militari contro il Governo repubblicano, che sfocia nell’estate 1936 in aperta guerra civile. Inizialmente è solo uno dei leader della rivolta, ma il caso e l’intrigo lo rendono presto capo indiscusso del fronte anti-repubblicano. Conquistata Madrid nel 1939, grazie soprattutto al sostegno militare di Hitler e Mussolini, Franco dà vita a un duro regime autoritario e procede alla sistematica eliminazione di decine di migliaia di oppositori, fucilati e sepolti frettolosamente in fosse comuni per tutto il Paese. A dispetto della brutalità, però, il franchismo non sarà mai totalitario come il nazismo e si fonderà su un complesso e delicato equilibrio di potere tra autorità militari, istituzioni ecclesiastiche e burocrazia civile.
Durante la seconda guerra mondiale Franco è tentato brevemente di unirsi alle forze dell’Asse, ma la debolezza interna del Paese e il rifiuto di Hitler di soddisfare le sue ambizioni territoriali in Africa lo spingono infine a restare neutrale. Ciò non lo salva comunque da un duro embargo diplomatico da parte degli Alleati vittoriosi nei primi anni del dopoguerra, che acuisce la povertà e l’isolamento della Spagna franchista. Ma il regime tiene duro e le esigenze della guerra fredda spingono infine Stati Uniti e Gran Bretagna a fare marcia indietro, portando alla firma di importanti accordi militari e all’arrivo di numerosi investimenti stranieri a sostegno dell’economia spagnola. Legittimità diplomatica e rinnovato benessere economico portano a un sostanziale ammorbidimento del regime negli anni ’60, consentendo anche l’elezione diretta di un limitato numero di rappresentanti politici. Nel 1969 Franco designa il giovane principe Juan Carlos come suo successore e inizia a ritirarsi gradualmente dai suoi incarichi di Governo, coltivando l’immagine di anziano e benevolo “padre della patria”. Muore il 20 novembre 1975. Nei mesi successivi Juan Carlos, diventato ufficialmente re di Spagna, darà vita a un graduale processo di transizione politica che porterà al completo ritorno della democrazia nel Paese nei primi anni ’80.
Ma l’ombra del dittatore continua a tormentare il dibattito pubblico spagnolo ancora oggi. Lo provano, ad esempio, le istanze nazionaliste di baschi e catalani, duramente represse dal regime sino agli anni ‘70, e la recente decisione del Governo Sanchez di rimuovere la salma di Franco dal mausoleo della Valle de Los Caidos, costruito con il lavoro forzato di centinaia di prigionieri politici negli anni ’40 e ’50.
Simone Pelizza
Le Smart City nel Sol Levante: Tokyo e i distretti intelligenti
Analisi – Il Giappone nell’ultimo decennio ha fatto grandi passi in avanti per diventare un Paese che sfrutta le tecnologie in modo intelligente. Lo testimoniano le città che hanno implementato sistemi di gestione smart: Tokyo, Fujisawa e Daimaruyu sono alcuni esempi di come un centro abitato può utilizzare le tecnologie per promuovere politiche sostenibili per l’ambiente. Anche le Olimpiadi del 2020 verranno gestite secondo tali principi.
Pace fatta fra Trump e Erdogan?
In 3 sorsi – Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha incontrato a Washington l’omologo turco Erdogan il 13 novembre. Vediamo qual è il contesto delle relazioni bilaterali e quali sono le questioni irrisolte di questo meeting chiamando in causa, da ultimo, la Russia.
Adolfo Ruiz Cortines e il “miracolo messicano”
Ristretto – 3 dicembre 1973: muore Adolfo Ruiz Cortines, ex Presidente del Messico e protagonista del boom economico del Paese negli anni ‘50.
Originario di Veracruz, Ruiz si unisce giovanissimo alla rivoluzione contro il regime di Porfirio Diaz, spinto dalla sua educazione liberale e dagli scritti del leader democratico Francisco Ignacio Madero. Nel 1913 diventa membro della fazione rivoluzionaria guidata da Alfredo Robles e Venustiano Carranza nel centro del Paese, ma non partecipa ad azioni armate e si occupa solo di gestire la paga delle truppe. In tale funzione si guadagna presto la fama di amministratore onesto e competente, cosa che gli apre le porte di una fortunata carriera nel Dipartimento Nazionale di Statistica nei primi anni ‘20. Un decennio più tardi, l’incontro con Miguel Alemán Valdés, figura in ascesa del Partido Nacional Revolucionario (PNR), lo spinge infine a tentare seriamente la strada della politica, servendo nelle campagne presidenziali di Lázaro Cárdenas e di Manuel Avila Camacho. Nel 1940 la nomina dell’amico Alemán al Ministero dell’Interno lo porta prima al Governo come Sottosegretario e poi lo aiuta a ottenere la candidatura per il governatorato di Veracruz nelle fila del nuovo Partido Revolucionario Institucional (PRI). Nel 1944 Ruiz vince facilmente le elezioni per il governatorato e si occupa per diversi anni di riformare profondamente il suo Stato natale, sostenendo l’educazione pubblica per le fasce più povere della popolazione e concedendo il voto alle donne nelle elezioni municipali. Inoltre il suo impegno per la modernizzazione del porto di Veracruz trasforma l’area in un hub commerciale importante per la regione del Golfo del Messico, dando ulteriore stimolo alla notevole crescita economica nazionale iniziata sotto la presidenza di Alemán nel 1946.
I motivi di tale crescita economica sono molteplici e danno vita a quello che gli esperti definiranno come un vero e proprio “miracolo messicano”, con tassi di crescita annuale del PIL intorno al 7% e un senso di benessere diffuso in larga parte della società messicana. Allo stesso tempo il Paese registra una significativa espansione del settore manifatturiero, grazie anche a numerosi investimenti stranieri, e diventa autosufficiente nella produzione di molti beni di consumo, esportandone il surplus sui mercati internazionali. Eletto Presidente nel 1952, Ruiz gioca un ruolo chiave nel consolidamento del “miracolo”: più integerrimo del suo predecessore, insiste ripetutamente sulla necessità di una maggiore “moralità” da parte della classe politica messicana ed esercita un controllo oculato della spesa pubblica, indirizzandola principalmente a sostegno di programmi di sviluppo economico e di welfare sociale. Sotto la sua presidenza, ad esempio, viene debellata la malaria e sono implementate varie misure a favore delle comunità rurali. Memore dell’esperienza positiva nello Stato di Veracruz, Ruiz promuove anche la modifica dell’articolo 34 della Costituzione per consentire il voto alle donne a livello nazionale, con l’intento di rafforzare il carattere democratico e egualitario della repubblica messicana. La riforma viene portata a termine con successo nell’ottobre 1953. Allo stesso tempo il Presidente cerca di mantenere un certo distacco diplomatico dagli Stati Uniti e di rafforzare i rapporti con gli altri Paesi latinoamericani, ma i suoi tentativi di integrazione regionale si scontrano con la dura realtà della guerra fredda e con la debolezza dei suoi vicini rispetto a Washington. Nel 1958 Ruiz lascia infine la presidenza al successore Adolfo López Mateos e si ritira a vita privata nella sua Veracruz, dove muore nel dicembre 1973 per arresto cardiaco.
Il “miracolo messicano” continuerà ancora per oltre un decennio, sostenuto anche dal rigore riformista di Ruiz. Sarà solo la crisi petrolifera del 1973 a mettervi fine e a dar vita a un periodo di fortissima instabilità economica e sociale che continua a tormentare il Messico ancora oggi.
Simone Pelizza
Guerra commerciale tra Giappone e Corea del Sud: verso una soluzione?
Analisi – Sono passati quattro mesi dall’annuncio della decisione del Governo giapponese di limitare le esportazioni di tre materiali essenziali per l’industria tecnologica verso la Corea del Sud. La decisione, apice di una serie di malcontenti e rancori tra i due Paesi asiatici, ha innescato una guerra commerciale che in poco tempo ha seriamente danneggiato le economie di entrambi i Paesi. L’aumento dei costi della disputa ha recentemente spinto i Governi di Seul e Tokyo a riprendere gli incontri bilaterali nella ricerca di un compromesso per porre fine alla disputa commerciale e, se possibile, ai disaccordi sui trattati del dopoguerra.
LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA COMMERCIALE
La disputa commerciale iniziata lo scorso luglio tra Giappone e Corea del Sud sta causando gravi danni alle economie di entrambi i Paesi. A seguito delle restrizioni sulle esportazioni annunciate il 1° luglio dal Governo giapponese e l’eliminazione reciproca dalla lista dei Paesi favoriti, centinaia di compagnie giapponesi e sudcoreane necessitano di diverse licenze per l’export, una procedura che rallenta molto lo scambio commerciale tra i due Paesi.Rispetto allo scorso anno le esportazioni sudcoreane nel Paese del Sol Levante sono calate del 6,2% e quelle giapponesi in Corea del Sud hanno visto una netta diminuzione in diversi settori. Nel settore automobilistico, ad esempio, la vendita di auto nipponiche in Corea del Sud è diminuita del 57%, mentre il settore turistico ha visto dimezzato il numero dei visitatori sudcoreani in Giappone rispetto al 2018. In particolare, sulle esportazioni giapponesi gravano non solo le recenti scelte economico-politiche, ma soprattutto i movimenti di boicottaggio che hanno alimentato i sentimenti antigiapponesi, già preesistenti, tra la popolazione sudcoreana. Inoltre, la Corea del Sud ha anche lanciato una campagna internazionale contro lo svolgersi dei Giochi Olimpici nella zona di Fukushima in Giappone, perché contaminata dalle radiazioni del triplice disastro del marzo 2011.

Fig. 1 – Il Presidente sudcoreano Moon Jae-in isieme al Premier olandese Mark Rutte durante il G20 di Buenos Aires dell’anno scorso
PRIMI PASSI VERSO UNA SOLUZIONE
Sebbene i due Paesi sembrino ancora lontani dal raggiungere una soluzione, essi hanno comunque fatto qualche passo avanti con la ripresa degli incontri bilaterali. Il 24 ottobre il Primo Ministro sudcoreano Lee Nak-yeon e il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe si sono incontrati a Tokyo, nella settimana della cerimonia di intronizzazione del nuovo Imperatore Naruhito a cui l’esponente sudcoreano ha assistito. Il colloquio non si è concluso con una svolta determinante per la situazione, ma è stato rilevante in quanto primo incontro ufficiale tra i due Premier dopo quello del settembre dello scorso anno avvenuto a Vladivostok in Russia. Durante l’incontro è stato possibile per il Primo Ministro sudcoreano consegnare una lettera da parte del Presidente Moon Jae-in al Primo Ministro Abe. Nella lettera il Presidente Moon ha espresso la sua apertura nel riparare i legami bilaterali tesi dalle controversie storiche, tra cui la questione dei risarcimenti per i sudcoreani che furono costretti a lavorare per aziende giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Tokyo a questo proposito ha chiesto al Governo di Seul di trovare una soluzione che non danneggi le compagnie giapponesi, mentre Seul chiede che il Governo nipponico rettifichi le restrizioni sulle esportazioni. Tuttavia, la questione che premeva di più al Giappone, così come agli Stati Uniti, era la annunciata uscita della Corea del Sud dal GSOMIA (General Security of Military Information Agreement).

Fig. 2 – Il Premier giapponese Shinzo Abe in visita nel Regno Unito, 10 gennaio 2019
L’IMPORTANZA TRILATERALE DEL GSOMIA
L’accordo era stato firmato da Corea del Sud e Giappone nel Novembre del 2016 come supplemento all’accordo trilaterale di condivisione delle informazioni di intelligence con gli Stati Uniti. I due Paesi avevano riconosciuto di dover affrontare una minaccia comune, rappresentata dalla Corea del Nord, e quindi firmarono un accordo che fosse al servizio degli interessi di sicurezza nazionale di entrambi e del comune alleato statunitense. Tuttavia, durante la crisi delle relazioni bilaterali tra Seul e Tokyo di questa estate, il Governo sudcoreano aveva annunciato la decisione di uscire dal patto GSOMIA entro il 23 novembre. La Corea del Sud ha ritrattato la propria posizione all’ultimo momento, proprio poche ore prima della scadenza del patto, probabilmente in seguito alle forti pressioni arrivate da Washington. All’incontro consultivo sulla sicurezza tenutosi il 15 novembre a Seul, il Segretario della Difesa degli Stati Uniti Mark T. Esper aveva infatti sottolineato come l’uscita del Governo di Seul dall’accordo sulla sicurezza potesse giovare solamente a Cina e Corea del Nord.

Fig. 3 – Conferenza stampa di Moon e Trump al termine del loro primo summit ufficiale nel 2017
COME SI RISOLVERÀ?
Il 22 novembre il Governo di Seul ha annunciato che per il momento non uscirà dal GSOMIA, ma chiede ancora che Tokyo elimini le restrizioni commerciali poste sulle esportazioni. Il fatto che Seul abbia ritrattato la posizione degli ultimi mesi ha evitato un’ulteriore crisi nelle relazioni con il Giappone e con l’alleato americano. Il rinnovo del GSOMIA era infatti diventato cruciale per il mantenimento di un equilibrio, almeno apparente, della pace e della sicurezza della regione. Tuttavia, sebbene con questa decisione si sia evitato un peggioramento della situazione, non sono state risolte le controversie tra i due Paesi e le cause fondanti del conflitto. Gli USA hanno giocato recentemente un ruolo più attivo nella questione, concentrandosi però soprattutto sulla questione della sicurezza regionale. Se quest’estate infatti durante la prima crisi delle relazioni bilaterali tra Seul e Tokyo il Governo di Washington non aveva espresso una chiara posizione, all’incontro consultivo sulla sicurezza del 15 novembre il Segretario alla Difesa americano ha esplicitato la posizione di Washington su un’eventuale uscita della Corea del Sud dal GSOMIA che avrebbe portato ad un depotenziamento dell’equilibrio dell’area a favore di Corea del Nord, Cina e Russia. Washington all’incontro consultivo ha concentrato l’attenzione sull’importanza di un riavvio costruttivo del dialogo trilaterale contro la minaccia della Corea della Nord, chiedendo sia al Giappone che alla Corea del Sud anche un sostegno economico per le truppe americane presenti nella regione asiatica. Per ora l’intervento di Washington su Seul per rinnovare il patto di condivisione dei servizi di intelligence sembra aver salvato l’equilibrio militare e della sicurezza della regione. Tuttavia, per ripristinare un equilibrio più saldo e avere una pace duratura nell’area, gli USA dovrebbero giocare un maggiore ruolo di mediazione per aiutare i due Paesi asiatici a sistemare le questioni legate al passato e affrontare le tensioni economiche del presente.
Sofia Bobbio
Migrazioni: fammi vedere! Roma – 4 dicembre ore 19 al MACRO
Evento – Ci vediamo al MACRO di Roma il 4 dicembre alle 19, per la serata conclusiva del concorso di cortometraggi “Fammi vedere – Storie di migranti e incontri”
Alfred Thayer Mahan, l’evangelista del potere marittimo
Almanacco del Caffè – 1 dicembre 1914: muore Alfred Thayer Mahan, storico navale e padre delle moderne teorie del potere marittimo.
Nato a West Point nel 1840, Alfred è figlio di Dennis Hart Mahan, uno dei professori più rispettati e influenti della celebre accademia militare statunitense. Inizialmente studente al Columbia College di New York, Mahan sfida il volere parterno e decide di entrare nell’Accademia Navale di Annapolis, da cui si laurea ufficiale con il massimo dei voti nel 1859. In seguito partecipa alla guerra civile a bordo di diverse unità navali dell’Unione e scala gradualmente tutti i gradi della Marina statunitense, raggiungendo quello di capitano nel 1885. Durante la guerra del Pacifico (1879-1884) tra Cile e Perù, egli comanda la USS Wachusett stazionata a Callao in difesa dei locali interessi statunitensi, ma l’esperienza si rivela poco felice e Mahan decide successivamente di lasciare il servizio attivo per tornare ad Annapolis come insegnante di tattica e storia navale. Non si muoverà più di lì sino alla morte, salvo per un breve ritorno al servizio attivo durante la guerra ispano-americana del 1898 e per un breve periodo come delegato del suo Paese alla Convenzione dell’Aja nel 1899. Nel 1906 verrà promosso contrammiraglio per i suoi anni di servizio durante la guerra civile.
Oltre a insegnare ai cadetti dell’Accademia Navale, Mahan usa il suo tempo ad Annapolis per scrivere una serie di voluminosi saggi storici sulla guerra navale, destinati a influenzare profondamente i vertici militari e politici di diversi Stati, tra cui la Germania guglielmina e il Giappone imperiale. Il più famoso di questi saggi è “The Influence of Sea Power Upon History”, pubblicato nel 1890, dove lo studioso statunitense reinterpreta la storia navale dell’età moderna alla luce dei concetti strategici di Jomini, elaborando una complessa e affascinante teoria del “potere marittimo” attraverso i secoli. In sostanza, Mahan vede la grandezza delle nazioni strettamente legata al predominio sul mare, da esercitare sia in pace che in guerra, e identifica una serie di località strategiche (stretti, istmi, isole) da occupare o controllare per negare al nemico vitali comunicazioni marittime e indebolire la sua potenza economica e militare. Da questo punto di vista, gli Stati devono acquisire basi strategiche all’estero per rafforzare il proprio controllo dei mari, mentre le forze navali devono non solo impegnare in battaglia quelle avversarie ma impedire il commercio dei neutrali a favore del nemico e fornire assistenza alle operazioni sulla terraferma. L’obiettivo finale è il “command of the sea” (comando del mare), cioè consentire l’utilizzo dello spazio marittimo solo a vantaggio della propria parte. Fervente ammiratore di Nelson, Mahan continua comunque a porre grande enfasi sulla tradizionale battaglia navale come strumento decisivo per ottenere e preservare il “potere marittimo” di una nazione. La strategia navale deve quindi essere sempre finalizzata a raccogliere le forze sufficienti per affrontare il nemico in uno scontro finale per il controllo dei mari, sul modello delle classiche battaglie tra romani e cartaginesi durante la prima guerra punica o di quelle tra francesi e inglesi nel XVIII secolo.
Le idee di Mahan ottengono un grande successo di pubblico e l’impegno attivo dell’ufficiale statunitense nella loro diffusione, spesso condotto con zelo quasi religioso, le rende presto parte integrante del pensiero strategico delle Marine di mezzo mondo. Nel frattempo, il Presidente Theodore Roosevelt stringe amicizia con Mahan e lo rende spesso partecipe delle sue discussioni di politica estera, facendosi influenzare dal suo pensiero strategico per lanciare l’ambizioso progetto del canale di Panama nel 1904. Inaugurato pochi mesi prima della morte di Mahan, il canale rafforza il potere marittimo statunitense nel Pacifico e conferma la trasformazione del Paese in una grande potenza pronta ad assumersi responsabilità globali.
Ancora oggi gli insegnamenti di Mahan sono al centro della strategia navale statunitense e influenzano molti dibattiti sulla sicurezza marittima internazionale.
Simone Pelizza
L’Uruguay ha un nuovo presidente, Lacalle Pou
In 3 sorsi – Per il nome del nuovo inquilino della Residencia de Suarez in Uruguay si è dovuto attendere il riconteggio richiesto dalla Corte elettorale. Dopo 15 anni di sinistra al potere i cittadini uruguaiani hanno scelto l’esponente del Partido Nacional.
Una nuova Samarcanda?: viaggio nell’Uzbekistan di Mirziyoyev
Analisi – Negli ultimi anni l’Uzbekistan ha conosciuto importanti cambiamenti sociali, economici e giuridici. Ora potrebbe essere la volta anche di trasformazioni politiche, grazie alle elezioni parlamentari del prossimo 22 dicembre e a una maggiore dialettica partitica sostenuta dal Presidente Mirziyoyev. A settembre Chistian Eccher si è recato in visita nel Paese e ci racconta quello che sta succedendo sia nelle stanze del potere che tra la gente comune.


