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"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

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Le “zampe” globali dell’Orso russo

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Desk Russia e Asia CentraleSeconda parte

La politica estera della Russia è sempre più complessa e sfaccettata. Nonostante la centralità dei rapporti con l’Occidente, il Paese sembra infatti avere incrementato le proprie attività diplomatiche e commerciali in Asia e in Africa, cercando nuove opportunità a sostegno delle proprie ambizioni internazionali. In particolare, Mosca è tornata partner appetibile per molti Paesi africani e il suo coinvolgimento nella crisi in Sudan sembra anche presagire un ruolo significativo nell’area strategica del Mar Rosso. Inoltre il rapporto ritrovato con l’Arabia Saudita potrebbe aprire spiragli interessanti per lo sfruttamento delle risorse dell’Artico e rafforzare la posizione della Russia come fornitore energetico globale. Non mancano però i problemi: le cattive condizioni della rete energetica russa, emerse drammaticamente con il recente caso del “petrolio contaminato”, minacciano la reputazione del Paese, mentre il persistere di contenziosi storici limita la libertà di manovra di Mosca in diverse regioni chiave. È il caso dell’Asia orientale, ad esempio, dove il nodo irrisolto delle Curili impedisce la nascita di un vantaggioso asse politico e economico con il Giappone.

Un futuro di crisi per l’Asia?

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Desk AsiaSeconda Parte

Lo studioso Parag Khanna ha di recente caratterizzato i prossimi decenni come un “futuro asiatico”, segnato dalla crescente centralità politico-economica del continente negli affari internazionali e dalla forza attrattiva dei suoi valori socio-culturali sul resto del mondo. Eppure questa visione ottimista si scontra con una realtà regionale dominata da aspri conflitti e pericolose aree di crisi. È il caso del subcontinente indiano, ad esempio, la cui stabilità è minacciata sia dal diffondersi del terrorismo islamico che dal perenne scontro tra India e Pakistan per il Kashmir. Ma anche della penisola coreana, dove le speranze dello storico summit tra Kim e Trump dell’anno scorso hanno lasciato posto a nuove tensioni e a uno scomodo stallo sulla denuclearizzazione di Pyongyang. E nemmeno la locomotiva economica del Sud-est asiatico pare al riparo dal rischio di serie turbolenze, tra brutali regimi autocratici, vecchie dispute territoriali e problematiche ecologiche sempre piu’ marcate.

Il “futuro asiatico” di Khanna appare quindi fragile e pieno di incognite. Riusciranno i Paesi della regione a trovare soluzioni condivise per le loro molteplici sfide? Oppure resteranno prigionieri dei loro antagonismi diplomatici e delle loro rivalità commerciali, mettendo a repentaglio le conquiste internzionali degli ultimi decenni?  Ai posteri l’ardua sentenza, anche se i trend odierni sembrano favorire più ripiegamenti nazionalistici che pacifiche forme di integrazione del continente.   

Alexis Tsipras: ascesa e declino del paladino anti-austerity

Analisi – Le elezioni greche hanno decretato la sconfitta (onorevole) di Alexis Tsipras, che passa a guidare l’opposizione. La stella di Tsipras si è offuscata, ma non è tramontata del tutto e il voto del 7 luglio potrebbe non essere il capitolo finale della sua storia politica.

Mosca e i suoi vicini: un rapporto difficile

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Desk Russia e Asia Centrale

Sin dal 1991, la Russia è stata un vicino molto problematico per gli altri Paesi emersi dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Questa problematicità sembra essere poi aumentata dopo l’inizio della crisi ucraina nel 2014, che ha visto Mosca impadronirsi militarmente della Crimea e sostenere un movimento separatista nel Donbass. Tali eventi hanno infatti compromesso i rapporti con la Bielorussia e rafforzato la diffidenza della Georgia nei confronti del suo ex “padrone coloniale”. Ma è sempre il conflitto tra Russia e Ucraina a monopolizzare l’attenzione del tormentato spazio post-sovietico. I primi mesi di quest’anno hanno visto un’ulteriore recrudescenza dei combattimenti nel Donbass, ma la netta vittoria di Volodymyr Zelensky nelle presidenziali ucraine di maggio potrebbe offrire la possibilità di una risoluzione diplomatica della questione. Zelensky appare infatti più pragmatico di Poroshenko e la stanchezza del Cremlino per una guerra ormai scomoda potrebbe favorire finalmente negoziati costruttivi tra le due parti.

La Spagna senza Governo

In 3 sorsi – A circa due mesi dalle elezioni politiche la Spagna è ancora priva di un Governo. Il Presidente in carica Pedro Sánchez, uscito vittorioso dalle urne, non è riuscito a ottenere l’appoggio dei partiti necessari a raggiungere la maggioranza parlamentare. Nonostante il Partito Socialista abbia raccolto una alta percentuale, infatti, non è escluso che si debba tornare presto a nuove elezioni.

It’s the economy, stupid!

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Nord AmericaPrima parte

L’economia USA durante l’amministrazione Trump sta avendo un boom quasi senza precedenti, soprattutto per quanto riguarda il numero di disoccupati, mai così basso. La ricetta del Presidente sta avendo grandi effetti, ma ci sono dubbi sulla sostenibilità nel lungo periodo, anche a causa delle guerre commerciali in atto. In più, si inizia a parlare di un grande piano infrastrutturale, dove l’amministrazione cercherà di avere l’appoggio dei democratici.


C’è House of Coffee!

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Il ragno cinese tesse la sua tela di seta

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Desk AsiaPrima parte

Nel nuovo anno le Vie della Seta, ramificate ormai in tutta l’Asia, sono approdate in Europa e in particolare in Italia, dove le discussioni sulla firma del memorandum di adesione da parte del Governo Conte hanno coinvolto esperti noti e improvvisati sinologi. Intanto l’equità e la sostenibilità stanno diventando il target della faraonica progettualità della Belt and Road Initiative (BRI), tra infrastrutture ramificate ovunque, stanziamenti miliardari e mercati in fermento, che devono essere reindirizzati e forse reinterpretati. Una revisione necessaria anche a livello domestico, dove la strategia economica cinese deve fare i conti con gravi disastri ambientali e un ecosistema pesantemente danneggiato. Nonostante ciò, la Cina in fondo ha fatto miracoli negli ultimi decenni e ora ci propone la sua idea di ordine mondiale, cui la BRI fa un po’ da cassa di risonanza.

Questa volontà di potenza, che i dazi di Trump hanno solo scalfito, è infatti sempre più agganciata alle  sfide ambiziose lanciate da Pechino in ambito tecnologico e si traduce anche in un impegno militare quasi sotto tono che però emerge con tutta la sua forza nel Mar Cinese meridionale e lungo le Vie della Seta marittime. Ma i grandi progetti della Cina devono fare i conti con i focolai di rivolta che travolgono Hong Kong, Taiwan e alimentano un nuovo scontro tra blocchi, “anti e pro Beijing”, nuovi don Camillo e Peppone di un mondo cambiato, ma non troppo.

Negli anni ‘20 (o quasi) del nuovo millennio il sistema economico, politico e giuridico con caratteristiche cinesi, che ci troviamo dentro casa è oggi sotto i riflettori del mondo che, nel bene e nel male, ne metteranno in luce la fattibilità, per capire se il sogno cinese è veramente un sogno, in grado di competere con quello americano che, diciamo la verità, non ha ancora perso del tutto il suo fascino, oppure se, in realtà, è solo un incubo da cui risvegliarsi.

La lunga estate calda di Hong Kong

RistrettoAnche questo fine settimana ha visto grandi manifestazioni anti-governative ad Hong Kong, accompagnate da momenti di forte tensione con la polizia. La crisi politica iniziata circa tre mesi fa non accenna quindi a placarsi e molti cominciano seriamente a temere un intervento armato di Pechino contro i dimostranti.

Questi timori sono alimentati dalla presenza di unità anti-sommossa nella vicina Shenzhen, ufficialmente per “esercitazioni”, e dalla retorica sempre più aggressiva del Governo cinese contro i dimostranti, ormai denunciati apertamente come “terroristi” per la loro breve occupazione dell’aeroporto internazionale cittadino nei giorni scorsi.  Alcuni analisti dubitano però che ci sarà una nuova Tiananmen nell’ex colonia britannica: una repressione sanguinosa delle proteste minerebbe infatti la credibilità internazionale del Governo cinese e provocherebbe gravi danni economici in un momento assai delicato per il gigante asiatico. Appare quindi più probabile l’adozione di una strategia flessibile contro i dimostranti, basata sul sostegno tattico-logistico alla polizia di Hong Kong e sulla mobilitazione di gruppi e organizzazioni locali favorevoli a Pechino. Inoltre i media cinesi hanno intensificato parecchio la propria copertura propagandistica delle proteste, nel tentativo di screditarle pubblicamente e di alimentare la rabbia del pubblico continentale contro l’anti-patriottismo dei manifestanti hongkonghesi.

Pechino sembrerebbe dunque prepararsi a un lungo confronto con le forze pro-democrazia della città, puntando a isolarle e a schiacciarle con mezzi non militari. Ma l’opzione armata resta comunque sul tavolo e nuove iniziative shock dei dimostranti, come la recente occupazione dell’aeroporto, potrebbero far precipitare la situazione. Ad aumentare il rischio c’è poi l’atteggiamento ambiguo dell’amministrazione Trump, che sembra voler intervenire a difesa dei manifestanti. Il Presidente USA ha segnalato con un tweet la propria disponibilità ad incontrare Xi Jinping per risolvere la crisi e ha minacciato anche sanzioni contro un’eventuale repressione armata delle manifestazioni. Ma questa difesa della democrazia locale non deve trarre in inganno: per Trump Hong Kong è soprattutto uno strumento per arrivare a una conclusione rapida e soddisfacente della propria guerra tariffaria con la Cina. Tale conflitto rischia infatti di diventare politicamente pericoloso per la Casa Bianca nei prossimi mesi, soprattutto a causa del crescente malcontento degli agricoltori del Midwest duramente colpiti dal blocco delle importazioni cinesi. Trump ha quindi bisogno di arrivare presto a un “deal” commerciale con Pechino e la crisi di Hong Kong può servire a raggiungere tale obiettivo . Ma il suo intervento maldestro potrebbe confermare i sospetti del Governo cinese sulle origini “straniere” delle proteste hongkonghesi e spingerlo a reprimerle con la forza prima che diventino una potenziale minaccia per la propria sovranità nazionale.

La situazione resta dunque molto fluida e complessa. Le prossime settimane saranno decisive per capire meglio la direzione delle proteste e le possibili azioni di Pechino contro di esse.

Simone Pelizza

Che aria tira?

Best of 2019 – Gli articoli da ricordare di questa prima parte dell’anno per il Desk Ambiente

Le sfide ambientali si intrecciano spesso con la geopolitica dell’energia e sviluppano dinamiche peculiari. Ripercorriamo, brevemente, gli ultimi sei mesi.

Marighella – un uomo solo contro il Brasile dei militari

Le recensioni di GeomoviesPresentato all’ultimo Festival di Berlino, Marighella è un ritratto intenso e “politicamente scorretto” dell’omonimo scrittore e rivoluzionario marxista, protagonista di numerose azioni armate contro la giunta militare brasiliana negli anni ’60. Per il regista Wagner Moura, però, esso è anche un attacco esplicito alle tendenze autoritarie del Presidente Bolsonaro, cosa che sembra avere provocato non pochi problemi alla pellicola.

Guatemala, il Presidente è Giammattei. Cosa cambia ora?

In 3 sorsiIl Guatemala ha scelto. In un clima pesante, macchiato dalla corruzione e dalla debolezza della democrazia, il nuovo Presidente è un conservatore.

Thailandia: nuovo Governo, vecchi giochi di potere

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Analisi Il giuramento di Prayut Chan-o-cha da Primo Ministro ha segnato la fine della transizione militare in Thailandia. Ma, nonostante sia stato ripristinato il sistema costituzionale, il Paese si appresta a rivivere, per l’ennesima volta, l’illusione di un ritorno a una nuova era democratica.