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Gas: Russia e Azerbaijan alla conquista del mercato europeo

La Russia non vuole perdere il suo ruolo centrale nella fornitura del gas in Europa. L’Unione Europea sta cercando delle vie alternative guardando ai giacimenti nel Mar Caspio.

Il Brasile è ancora vivo

Quanto devono far preoccupare le proteste inscenate in Brasile nei giorni scorsi? Senza sminuire il contenuto delle rivendicazioni, vi spieghiamo perchè per il momento non c’è troppo da preoccuparsi. L’economia, è vero, è in momentaneo rallentamento, ma gli enormi progressi compiuti dallo Stato sudamericano nell’ultimo decennio non possono essere cancellati in poche settimane. Certo è che Dilma Rousseff dovrà riuscire a riattivare la crescita economica e ad evitare che la Coppa del Mondo si trasformi in un boomerang per lo spreco di denaro pubblico

Afghanistan e Pakistan: tensione al confine

Recentemente, come si era già verificato più volte nel passato, le forze di sicurezza afghane, in particolar modo gli uomini della cosiddetta Border Police (polizia di frontiera), si sono scontrati con appartenenti al Frontier Corps pakistano.

Il gattopardo in Qatar

Dopo diciotto anni di regno, Hamad al-Thani, emiro del Qatar, ha annunciato che lascerà spazio al figlio Tamim, sebbene non sia ancora chiaro se la successione al trono sarà immediata, oppure se il giovane sarà nominato preliminarmente Primo Ministro. Tuttavia, è improbabile che Tamim cambi in modo radicale le linee del Paese, poiché da un lato il padre manterrà il controllo reale del potere, mentre dall’altro lato il Qatar sta attraversando un periodo di forte espansione economica e di profonda pervasività politica nel mondo sunnita.

 

LA SUCCESSIONE – L’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani, ha annunciato ieri che cederà i poteri al figlio, il 33enne Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani. La notizia non giunge inaspettata, poiché già da qualche tempo stavano circolando indiscrezioni sempre maggiori su un tale avvenimento, soprattutto da quando, dopo le proteste del 2011, ispirate dai movimenti negli altri Paesi arabi, l’Emiro aveva promesso una serie di importanti riforme. La comunicazione ufficiale dovrebbe giungere nella mattinata di oggi, ma ancora non è chiaro se al-Thani lascerà il trono al figlio, oppure deciderà per un avvicendamento alla guida del Governo al posto dell’attuale Primo Ministro e ministro degli Esteri Hamad bin Jassim bin Jaber al-Thani, protagonista del recente vertice degli “Amici della Siria” a Doha. La decisione dell’Emiro ha una specifica particolarità, poiché è insolito assistere a episodi analoghi nelle monarchie del Golfo, i cui sovrani restano generalmente in carica fino alla morte. In questo senso, al-Thani non sarebbe stato motivato da problemi di salute, nonostante alcune complicazioni negli ultimi tempi, bensì dalla volontà di garantire un nuovo impulso alla Corona qatariota, puntando su una sorta di operazione d’immagine. Gli osservatori, comunque, sono concordi nel sostenere che con buona probabilità la politica del Paese non subirà modificazioni sostanziali o radicali.

 

CHI È TAMIM AL-THANI – L’erede al trono Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani è nato nel 1980, figlio della seconda moglie del padre, Mozah bint Nasser al-Missned, spesso impegnata con l’Emiro nella promozione del Qatar. Tamim ha studiato in Gran Bretagna, frequentando anche l’accademia militare di Sandhurst (la stessa dei principi William e Henry), quindi è stato nominato vice comandante in capo delle Forze Armate qatariote e presidente di importanti enti economici e politici, nonché del Comitato olimpico nazionale. Tamim, inoltre è l’uomo chiave della “Qatar Investment Authority“, il fondo sovrano che, tra i vari e imponenti investimenti, ha condotto a termine anche l’acquisto del Paris Saint-Germain. In realtà egli è divenuto il legittimo erede al trono solo dopo la rinuncia alla successione da parte del fratello maggiore Jassim nel 2003.

 

L’ESPANSIONE DEL QATAR – A convincere analisti e osservatori riguardo all’alta probabilità che il giovane al-Thani prosegua la politica di Hamad è la situazione complessiva del Paese, oltre al fatto che l’attuale Emiro non abbandonerà completamente e in tempi brevi la gestione reale del potere. L’importanza economica, politica e geopolitica del Qatar è andata crescendo costantemente negli ultimi quindici anni, ossia da quando Hamad al-Thani si sostituì al padre con un colpo di Stato incruento nel 1995. La principale fonte di ricchezza del Paese è il gas, del quale Doha ha ricchezze inferiori solo rispetto a Russia e Iran: i ricavi provenienti dalla vendita di idrocarburi, insieme con ardite manovre finanziare, hanno permesso alla casa regnante di investire in modo diversificato in tutto il mondo, con conseguente incremento del peso geopolitico della casata al-Thani. Il Qatar, inoltre, è divenuto un campione del sunnismo, affiancando l’Arabia Saudita – e talora sostituendola – nel contrasto allo sciismo (e all’Iran) prima nel Golfo, quindi in Africa settentrionale e Medio Oriente, e sostenendo, soprattutto dopo le cosiddette “Primavere arabe”, i movimenti ispirati alla Fratellanza Musulmana. Il Qatar è intervenuto direttamente nelle vicende libiche, così come in quelle siriane, mostrandosi forse il miglior alleato delle opposizioni ad Assad e finanziando attivamente gli insorti: durante il vertice di Doha del 21 e 22 giugno, il primo ministro ben Jassim al-Thani ha affermato che la fornitura di armi al fronte ribelle sia l’unica misura reale per la pace. In Qatar ha sede anche CENTCOM, il Comando centrale statunitense per Nordafrica, Medio Oriente e Asia centrale.  Il quadro è completato, infine, dalla presenza dell’emittente radiotelevisiva “al-Jazira”, fondata da Hamad al-Thani e strumentale alla politica dell’Emirato, in particolare all’estero. Il tutto senza dimenticare che il Qatar ospiterà i Mondiali di calcio FIFA nel 2022.

 

Beniamino Franceschini

Siria, undici sfumature sulle armi ai ribelli

In Qatar si sono incontrati gli “Amici della Siria”, ossia il gruppo di Paesi che sostiene il fronte contro il presidente Assad. Dal vertice è emersa la priorità della prosecuzione del percorso politico, ma non è stato trovato un accordo sulla questione della fornitura di armi all’opposizione, argomento che, infatti, è stato escluso dalla dichiarazione finale.

 

IL SUMMIT – Si è tenuto a Doha, venerdì 21 e sabato 22, il vertice degli “Amici della Siria”, al quale hanno partecipato Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Italia, Qatar, Stati Uniti e Turchia. Nella dichiarazione finale, si sostiene la necessità di fornire tutta l’assistenza possibile (anche militare) all’opposizione siriana, rappresentata dalla Coalizione Nazionale, ma non si cita il tema della vendita di armi. L’invito dei Ministri degli Esteri partecipanti, tra i quali Emma Bonino, è che la Conferenza di pace di Ginevra, la seconda, possa tenersi il prima possibile e possa consentire l’individuazione di una via puramente politica di risoluzione – in questo senso, però, non giovano le tensioni divenute palesi tra Obama e Putin sulla questione siriana dopo il G8 in Irlanda del Nord. A Doha c’è stata intesa sulla necessità di ampliare le misure di supporto agli insorti, affinché essi possano «far fronte agli attacchi brutali» della controparte. Tuttavia, se si esclude l’unanimità riguardo all’urgenza di organizzare la Conferenza di Ginevra e alla priorità della soluzione politica del conflitto, le posizioni all’interno del gruppo non sono tutte nella stessa direzione, ma si differenziano circa sia la fornitura di armi ai ribelli, sia il ruolo di Assad nella transizione, sia, infine, la presenza dell’Iran nel processo di pace.

 

POSIZIONI E SFUMATURE DIVERSE – Nella dichiarazione finale del vertice non si cita alcuna indicazione esplicita sulla vendita di armi all’opposizione siriana: i punti di vista e la condotta dei singoli membri del gruppo sono infatti talvolta discordanti. Arabia Saudita e Qatar sono i più convinti sostenitori del principio secondo il quale la fornitura di armi agli insorti sia la via principale per il raggiungimento della pace. In merito, al-Thani, capo del Governo del Qatar (da non confondersi con l’emiro al-Thani), ha accennato a non precisate «decisioni segrete» che sarebbero state assunte dagli “Amici della Siria” per fermare l’avanzata delle truppe di Assad. Gli Stati Uniti protendono a loro volta per l’invio di armi ai ribelli, ma con una posizione più sfumata. Secondo Washington, infatti, il flusso di rifornimenti deve avere un singolo e riconoscibile referente in Siria, individuato del comandante dell’esercito dell’opposizione, Selim Idriss, affinché i gruppi jihadisti, o comunque dell’Islam radicale, siano sotto controllo. La Gran Bretagna, invece, dopo essere stata con la Francia la maggior sostenitrice della fine dell’embargo europeo sulla vendita di armi ai ribelli, ha raffreddato la propria posizione, soprattutto a causa del dibattito interno: «Nessuna decisione è stata presa sull’invio di aiuti letali, – ha detto il ministro degli Esteri Hague, – ma comunque dovremo prima discuterne in Parlamento». La preoccupazione francese, inoltre, è l’internazionalizzazione del conflitto tramite l’ingerenza di Hezbollah (come nel caso della battaglia di Qusayr, analizzata da questo nostro articolo), ispirata secondo il ministro Fabius dall’Iran.

 

LA LINEA ITALIANA – Sull’argomento si è espressa anche Emma Bonino, ministro degli Esteri italiano, che ha confermato che il nostro Paese ritenga la via politica l’unica soluzione possibile per la crisi siriana, operando affinché si arrivi al più presto alla convocazione della seconda Conferenza di pace di Ginevra: in questo senso, la prima occasione utile sarà la riunione tra ONU, Stati Uniti e Lega Araba del 25 giugno. Bonino, inoltre, ha ribadito che l’Italia «fornirà ai ribelli siriani tutto l’aiuto possibile tranne le armi», invitando al contempo gli insorti a costituire un fronte più stabile e omogeneo, poiché, secondo il capo della Farnesina, «qualsiasi tipo di supporto comunque passerà per la comprensione di chi sia l’opposizione, di quanta credibilità abbia e di che tipo di controllo abbia sul terreno».

 

Beniamino Franceschini

Albania, tensioni prima dei risultati

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L’Albania ha votato ieri e comincia oggi il conteggio dei voti, sotto lo sguardo attento del gran numero di osservatori internazionali a Tirana, che si attendono elezioni democratiche e in linea con i principi europei, in uno Stato che da tempo ha depositato la sua candidatura all’UE. D’altra parte, il rischio sconfitta per le due coalizioni ha creato un clima difficile già dalle prime ore.

Putin e la proposta ‘non seria’ di Obama

A Berlino, Barack Obama riapre il dibattito sugli arsenali nucleari, invitando la Russia ad accettare un’ulteriore riduzione del numero di testate nucleari

Elezioni in Albania: il bivio europeo

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Il 23 giugno gli albanesi andranno ad eleggere il governo che li guiderà per i prossimi quattro anni.  Le elezioni, mai come questa volta, hanno una grande valenza dal punto di vista internazionale: sono diventate un banco di prova per la futura integrazione dell’Albania nell’Unione Europea. 

Brasile: ‘La Turchia è qui’

Mentre sui campi da gioco brasiliani si disputano le gare della Confederations Cup, nelle piazze migliaia di manifestanti protestano contro gli sprechi di denaro pubblico per l’organizzazione dei Mondiali del 2014 e delle Olimpiadi del 2016, oltre a invocare la sospensione dell’aumento del prezzo dei trasporti pubblici (poi revocato). Sono queste le reali cause del malessere degli ultimi giorni in Brasile? Di certo, le parole del Presidente della FIFA, Blatter, non sono state gradite.

Ambiente e sicurezza: l’importanza dei “beni universali”

Miscela Strategica – Il XXI secolo ha segnato un passaggio importante nell’ambito della gestione della sicurezza e delle relative modalità di difesa, ampliandone il “dominio” fino ad includere le tematiche ambientali.

G8, ‘guerra fredda’ sulla Siria

Il G8 in Irlanda del Nord non ha prodotto risultati eclatanti in merito alla Siria. Le posizioni dei partecipanti sono state divergenti, con Putin e Obama che si sono scontrati duramente sulla gestione della crisi. La bozza finale contiene un accordo nel quale si indica la necessità di un Governo di transizione, ma non si citano in alcun modo né eventuali dimissioni di Assad, né il ruolo che egli potrebbe avere nel futuro della Siria.

 

‘GUERRA FREDDA’ SULLA SIRIA – Nel G8 appena conclusosi a Lough Erne, in Irlanda del Nord, sono stati trovati importanti punti d’accordo riguardo ai temi economici e finanziari, dalla necessità di coordinare misure per la crescita e la lotta alla disoccupazione giovanile, fino al contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, passando per l’ampliamento dei trattati sul commercio internazionale. Di sicuro, però, non si è raggiunta alcuna reale condivisione sull’argomento più scottante nella politica internazionale contemporanea, ossia la Siria. Probabilmente il G8 non era nemmeno la sede adeguata per individuare una soluzione, poiché, al di là del fatto che l’occasione non comprenda le altre grandi potenze mondiali (in primo luogo la Cina), la vicenda siriana può essere affrontata solo con una fitta rete diplomatica che coinvolga anche gli attori regionali mediorientali. Tuttavia, un accordo tra i maggiori Stati occidentali sarebbe stato importante anche in vista della seconda Conferenza di Ginevra, prevista per luglio, ma presumibilmente destinata al rinvio in agosto.

 

INCONTRI E SCONTRI – I principali oggetti di discordia riguardano l’eventualità di un Governo di transizione in Siria e il ruolo di Assad nel futuro del Paese. A essere sinceri, un’intesa alla fine è emersa, però si intuisce come essa derivi da una posizione mediana sulle controversie, piuttosto che da una mediazione tra sfumature diverse. Nella bozza finale del G8, infatti, si richiama la necessità che, durante la prossima Conferenza di Ginevra, si arrivi a un Governo transitorio dotato di pieni poteri e sostenuto da ampio consenso. Nessun riferimento, però, ad Assad, nonostante il premier britannico Cameron abbia escluso la possibilità che l’attuale Presidente siriano possa avere un qualche ruolo nella Siria post-bellica. In questo senso, la mancanza di una richiesta formale di ritiro ad Assad è derivata dalle posizioni di Putin, il quale, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe avuto un duro scambio di battute con Obama. Le reciproche differenze hanno riguardato anche il sostegno alle indagini da parte dell’ONU sull’impiego di armi chimiche nel conflitto: sebbene questo impegno sia stato sottoscritto da tutti i partecipanti, Putin ha voluto ribadire che non sussistano prove a carico delle forze governative.

 

NESSUN RISCATTO PER GLI OSTAGGI – Un’intesa, invece, è stata raggiunta circa la gestione dei riscatti chiesti per il rilascio di ostaggi rapiti da organizzazioni terroristiche in tutto il mondo. Nella bozza finale, il G8 invita a non pagare alcun riscatto, estendendo l’indirizzo sia agli Stati, sia ad attori privati, quali imprese e società. In questo senso, il riferimento è stato soprattutto nei confronti di Francia, Giappone e Italia, con il nostro Paese ritenuto particolarmente flessibile nelle trattative con i gruppi terroristici.

 

Beniamino Franceschini

Dawn Blitz 2013, sbarchiamo in California!

Dall’11 al 28 Giugno si svolge l’esercitazione anfibia Dawn Blitz 2013, che quest’anno coinvolge Stati Uniti, Giappone, Canada e Nuova Zelanda. 7 i Paesi osservatori, tra cui Australia e Singapore. Ecco i principali risvolti