In 3 sorsi – lo scorso 23 giugno, il governo colombiano e le FARC sono riusciti a firmare un accordo definitivo per porre fine al conflitto. La pace, tuttavia, rimane fragile e minacciata da più parti.
1. UN’ESILE SPERANZA DI PACE – Da più di mezzo secolo la Colombia è insanguinata da un conflitto che vede contrapporsi l’esercito colombiano e le FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo), un gruppo di guerriglieri di ispirazione marxista, che trae la sua linfa vitale dal contrabbando, dal traffico di droga e dai rapimenti. Il governo di Bogotà si è dimostrato incapace di affrontare l’insurrezione ed è dovuta ricorrere a vari gruppi di para-militari, la cui brutalità e violenza hanno aggravato il clima di sanguinosa anarchia del Paese. Finalmente, dopo anni di insuccessi, l’attuale presidente colombiano Juan Manuel Santos è riuscito a firmare un accordo di pace preliminare con i guerriglieri, guidati dal comandante Rodrigo Londoño Echeverri (alias Timochenko). L’accordo definitivo, previsto per il 23 marzo, è stato successivamente firmato lo scorso 23 giugno, ed ha finalmente posto termine al conflitto, almeno sulla carta. In realtà, fin da subito sono apparse chiare le grandi difficoltà per mettere in pratica le disposizioni firmate. Secondo l’accordo, infatti, nei prossimi mesi i guerriglieri FARC si dovranno ritirare in alcune aree, definite zone di concentrazione, dove verranno poi disarmati e smobilitati. Il meccanismo creato per controllare l’effettivo disarmo delle FARC è composto da tre gruppi di persone: rappresentanti del governo, rappresentanti dei guerriglieri ed infine membri di una missione politica internazionale, sotto egida ONU, composta da rappresentanti della CELAC (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi). In un secondo tempo, invece, avverrà la vera e propria smobilitazione delle FARC, che si dovranno convertire in un pacifico partito politico, mentre il governo in cambio dovrà rispettare la sua promessa di varare una riforma agraria, richiesta ormai da molti decenni.
Fig. 1 – Il presidente colombiano Santos (sinistra) ed il leader delle FARC alias Timochenko (a destra) si stringono la mano. Al centro, il presidente cubano Raúl Castro, mediatore tra le parti.
2. LE VOCI CONTRARIE – Malgrado le difficoltà e le incertezze, l’accordo di pace è stato accolto con giubilo sia dalla comunità internazionale sia dalla maggioranza dei Colombiani, felici di vedere la fine di un conflitto così lungo e sanguinoso. Allo stesso tempo, tuttavia, non sono mancate le voci contrarie, tra le quali c’è quella del senatore Álvaro Uribe, popolare presidente della Colombia dal 2002 al 2010. Durante il suo mandato, Uribe era stato l’autore di un forte aumento delle operazioni militari contro i gruppi guerriglieri del Paese, riuscendo a scacciare le FARC dalle zone in prossimità dei centri urbani ed a confinarle nei territori più impervi ed isolati della Colombia. Deciso sostenitore della linea dura, il senatore ha duramente criticato l’accordo di pace stretto da Santos, ed in una recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, non ha usato mezzi termini per attaccare Santos, ex ministro della Difesa del suo governo, accusandolo addirittura di aver svenduto la Colombia ai terroristi. Secondo Uribe, infatti, le lunghe trattative di pace hanno permesso alla guerriglia di riorganizzarsi, facendo così sfumare la possibilità di raggiungere una chiara e definitiva vittoria militare. Inoltre l’ex presidente mal digerisce la promessa di Santos di garantire l’immunità ai vertici delle FARC, mentre al contrario i vari gruppi paramilitari alleati del governo, che a loro volta si sono macchiati di atrocità, verranno processati da un apposito tribunale.
Anche se le feroci accuse del senatore Uribe sono in parte motivate dal rancore covato nei confronti di Santos, colpevole ai suoi occhi di aver rovinato la sua politica e di avergli bloccato la via per la rielezione, molte delle critiche da lui espresse sono condivise da molti Colombiani che, seppure euforici all’idea della fine imminente del conflitto, sono al contempo restii a siglare una pace che ha i caratteri della resa. Proprio per fugare i dubbi sul reale supporto dei Colombiani all’accordo di pace e per compattare il Paese dietro di sé, Santos ha indetto un referendum sulla pace siglata tra governo e FARC. La proposta di referendum tuttavia ha ricevuto numerose critiche sia da parte del Congresso che da parte della magistratura nazionale, che ha sollevato il dubbio di incostituzionalità.
Fig.2 – Il senatore ed ex-presidente Álvaro Uribe, feroce oppositore di Santos.
3. INCIDENTI E MINACCE REGIONALI – In questo clima estremamente teso, domenica 10 luglio si è verificato un incidente. Nel dipartimento centrale di Meta, un gruppo di guerriglieri FARC, impegnato in una serie di controlli tecnici, è stato attaccato da soldati delle Forze Armate, che hanno causato vari feriti tra i guerriglieri. Humberto de la Calle, capo della delegazione colombiana nei dialoghi di pace, ha dato la colpa dell’incidente ai guerriglieri, che si trovavano in un’area diversa da quella stabilita. Al contrario, il capo delegazione FARC, alias Iván Márquez, ha accusato i militari di aver deliberatamente attaccato i guerriglieri. In un secondo tempo però lo stesso Timochenko, pur continuando ad accusare i militari di aver attaccato un gruppo intento in operazioni di pace, ha riconosciuto un errore umano da parte dei guerriglieri FARC nell’aver mal interpretato le coordinate fornite. Di per sé, si è trattato di un episodio secondario, che si è velocemente risolto. Tuttavia la forte attenzione mediatica lo ha trasformato in un incidente di primo piano, al punto da costringere il governo a rassicurare più volte circa la tenuta dell’accordo.
Un’altra grave minaccia alla pace è costituita dal Venezuela, in preda ad una gravissima crisi economica e politica. La politica del presidente Nicolas Maduro ha chiuso ogni possibilità di soluzione pacifica della crisi, tanto che ormai molti temono che il Paese si incammini a lunghi passi verso la guerra civile e l’anarchia. I governi vicini temono che un collasso del regime bolivariano possa destabilizzare profondamente la regione, liberando allo stesso tempo una grande quantità di armi che, come accaduto in seguito al collasso della Libia di Gheddafi, finirebbe nelle mani dei guerriglieri della regione, soprattutto le FARC.
Fig.3 – Guerriglieri delle FARC in addestramento.
In definitiva dunque, la firma dell’accordo di pace ha suscitato, all’estero come in patria, delle aspettative estremamente alte, che però si sono concentrate solo sul risultato finale senza soffermarsi troppo sulle modalità di attuazione, che richiederanno molto tempo e pazienza strategica. Inoltre, le critiche da parte di personaggi come il senatore Uribe mostrano che non tutti i Colombiani sono favorevoli alla fine del conflitto a queste condizioni. Per tutti questi motivi, la pace rimane estremamente fragile, e basterebbe un piccolo incidente, come quello avvenuto di recente, per far riprendere lo scontro.
Umberto Guzzardi
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Per approfondire ulteriormente il tema vi rimandiamo a questo articolo. [/box]
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