In 3 sorsi – Nel mese di ottobre il Brasile sarà chiamato a eleggere un nuovo presidente in un clima segnato da scandali e vuoto politico.
1. IL BRASILE CHE SI PREPARA AL VOTO
Il prossimo 7 ottobre, gli elettori brasiliani saranno chiamati alle urne per eleggere il loro nuovo presidente. Rispetto alle precedenti elezioni del 2014 (vinte di stretta misura da Dilma Rousseff), il panorama in cui il voto avrà luogo è profondamente mutato. Da allora infatti il Brasile ha subito gli effetti di una grave crisi economica con conseguente caduta del PIL e contrazione dei salari, a cui il governo ha dovuto reagire con una serie di misure di austerity, tra cui una riforma pensionistica, molto impopolari. Inoltre gli scandali di corruzione di Petrobras, Lava Jato e Odebrecht e le relative indagini hanno colpito un ampio numero di politici a tutti i livelli, decapitando molte gerarchie di partito e aumentando enormemente la disillusione dei brasiliani, nonché di molti altri popoli sudamericani, nei confronti della propria classe politica. Come in molte altre democrazie occidentali, inoltre, in questi anni la polarizzazione dell’elettorato è aumentata, con la conseguente riduzione (se non proprio crollo) del centro e crescita esponenziale degli estremi.
Fig.1 – L’ex presidente, ed ex candidato, Lula durante un comizio.
2. LULA E BOLSONARO, I DUE CANDIDATI PIÙ FORTI
In base ai sondaggi più recenti, il candidato più forte sarebbe l’ex-presidente Lula, che con il 39% del gradimento domina le intenzioni di voto. Nonostante le indagini per corruzione e la condanna a 12 anni di galera per avere ricevuto una tangente di 1,2 milioni di dollari, l’ex-sindacalista rimane ancora molto popolare specialmente tra i brasiliani più poveri, che hanno beneficiato delle politiche redistributive sociali del suo governo. Tuttavia, la condanna comminata a Lula gli impedisce di potersi candidare e una recente ordinanza di scarcerazione per permettergli di correre alle elezioni è stata annullata. In attesa di ulteriori sviluppi, come candidato del PT è recentemente spuntato il nome di Fernando Haddad, sindaco di san Paolo dal 2013 al 2017, che però al momento sembra debba avere un ruolo di “candidato fantoccio” mentre tutte le decisioni saranno prese da Lula.
Il secondo candidato per intenzioni di voto è invece Jair Bolsonaro. Ex paracadutista, Bolsonaro era da tempo noto per le posizioni di estrema destra, per le sue accuse contro gli omosessuali e gli immigrati e per i suoi commenti favorevoli nei confronti della dittatura militare (1964 – 1985) e dell’impiego della tortura come strumento legittimo. La sua popolarità è aumentata drasticamente solo negli ultimi tempi, sia per la sua (al momento) totale estraneità da accuse di corruzione sia per la sua figura di netta cesura rispetto alla classe politica tradizionale. Definito come un miscuglio tra il presidente USA Trump e il presidente filippino Duterte, durante la campagna elettorale Bolsonaro ha cavalcato principalmente il tema della sicurezza (il Brasile ha un tasso di circa 30 omicidi ogni 100.000 abitanti, un tasso superiore a Messico o Colombia) sfruttando una retorica violenta e un massiccio uso dei mezzi di comunicazione sociali per vincere ampi strati della popolazione, principalmente tra la classe media, i giovani e gli ambienti cattolici e protestanti più conservatori. Al momento, i sondaggi attribuiscono a Bolsonaro il 20% delle preferenze, in grado di portarlo al secondo turno delle elezioni, ma il suo alto tasso di rifiuto tra gli altri candidati potrebbero rendergli difficile ampliare il proprio bacino di elettori. Il candidato ha subito un accoltellamento nella serata brasiliana di ieri, riportando ferite al fegato che lo costringeranno a stare a riposo e a disertare i prossimi impegni della campagna elettorale.L’attentatore, arrestato, è un seguace del Pt che ha, per bocca di Haddad, condannato il gesto. L’avvenimento, figlio della ferocia dello scontro, oltre ad essere tragico, rischia di dare a Bolsonaro l’aurea della “vittima“.
Fig.2 – Il candidato alla presidenza Jair Bolsonaro.
3. GLI ALTRI CANDIDATI: PRESENTI E ASSENTI ILLUSTRI
Oltre ai due candidati di cui si è parlato, altre figure si sono proposte per correre alle elezioni. Tra queste, spiccano Marina Silva, ex ministro dell’ambiente di Lula nota per le sue posizioni ambientaliste e conservatrici in campo sociale, Henrique Meirelles, ministro dell’economia del governo Temer, invischiato nella vicenda dei Panama Papers, e Gerardo Alckmin, ex governatore di San Paolo e candidato del Partito social-democratico brasiliano, storico rivale del PT.
Tra tutti questi nomi, due sono le assenze che più balzano all’occhio. La prima è quella del presidente in carica Temer, che con un tasso di gradimento del 3% ha saggiamente deciso di farsi da parte. La seconda è invece quella del giudice federale Sérgio Moro, a capo dell’Operazione Lava Jato e fautore della condanna nei confronti del presidente Lula. Nonostante l’ampia popolarità di cui gode, infatti, il giudice Moro ha spiegato di non avere ambizioni politiche e di non voler candidarsi, probabilmente per non voler mettere a rischio né il suo lavoro né il suo lascito.
In ogni caso, chiunque sarà eletto presidente si troverà ad affrontare una situazione politica parecchio difficile, con un Congresso spezzettato e con una classe politica colpita da ripetuti scandali e con un livello di legittimazione bassissimo.
Umberto Guzzardi