A piu’ di un anno dalla scomparsa di Hugo Chavez, facciamo il punto della situazione politica, economica e sociale del Venezuela. Un Paese sull’orlo della guerra civile?
LA GENESI DELLA PROTESTA – Il Venezuela del dopo Chavez si ritrova a fare i conti con sĂ© stesso dopo appena un anno dalla scomparsa del colonnello. Le lancette tornano, così, come ne “La persistenza della memoria” di Dalì, ad una sospensione del tempo; ed il dibattito Maduro-Capriles diventa, inevitabilmente, un referendum pro o contro la figura dell’ex parĂ , al potere dal lontano 1998. Oggi il Venezuela è un Paese in grande difficoltĂ . Ma se nel resto del continente c’è fermento per motivi diversi, dalle rivendicazioni contro lo sperpero di denaro (Brasile) alla definizione di un nuovo patto sociale (Bolivia) in Venezuela, oggi, la scintilla è la fame. Sembra paradossale per un Paese ricco di petrolio ma la protesta fatta partire dagli studenti universitari nasce dalla mancanza dei generi alimentari primari. Dall’inizio di febbraio la sollevazione si è allargata; prima le universitĂ , poi le piazze. La fame divide il popolo dal potere ma compatta le persone.
La repressione è stata durissima, la Guardia Nacional non si preoccupa delle immagini di corpi manganellati a terra che fanno il giro del mondo. La criminalità è stato un altro focolaio infettivo. La gente comune, ha individuato in queste due realtà il fallimento dell’azione riformatrice di Maduro, sempre più schiacciato nell’impietoso confronto col colonnello. La vera causa della situazione venezuelana, l’iper-inflazione, è ancora lì. Erode i salari, rende impossibile frequentare l’università . Fame e carenza di istruzione, ovvero negazione dei diritti basilari della persona; una miscela esplosiva, da Rivoluzione Francese. Più che risolvere, il governo è impegnato a reprimere e, come ha fatto recentemente anche Erdogan in Turchia, ha cominciato a chiudere i social network per impedire ai rivoltosi (prontamente definiti “fascisti” ed “imperialisti”) di comunicare tra loro e con l’estero.
CHE PAESE HA LASCIATO HUGO CHAVEZ? – Non è semplice dare un giudizio definitivo sulla figura e sull’operato di Chavez. Ha avuto dei successi, soprattutto in politica economica. Ha combattuto la povertĂ e ridistribuito la ricchezza usando il petrolio, guadagnandosi l’amore incondizionato del suo popolo. Ma lo ha fatto anche grazie ad espropri ed alla limitazione dell’iniziativa privata in economia. Ha migliorato le condizioni abitative, l’istruzione, la sanitĂ . Per fare ciò ha speso tutto quello che c’era in cassa. E si è inimicato il Fondo Monetario Internazionale e Washington.
L’ideologia socialista l’ha portato a stringere rapporti di amicizia con Cuba, Iran, Cina. Ha cercato la leadership continentale alleandosi con altri paesi di stampo socialista, l’Ecuador e la Bolivia su tutti. Ma è rimasto politicamente isolato nella sua avversione al mondo capitalista e neo liberista. La sospensione del rispetto dei diritti umani fece il resto, amplificando il suo isolamento internazionale, e spingendo il Venezuela nell’orbita castrista e verso la creazione di un’istituzione transnazionale alternativa al Mercosur ed all’Oas, l’Alba (Alianza Bolivariana para America Latina y el Caribe). Con la sua morte, Chavez ha lasciato il Venezuela in cattivissime acque.
LE PROSPETTIVE DEL DOPO-CHAVEZ – Le riforme e gli obiettivi conseguiti hanno avuto come unica fonte di valuta pregiata la vendita del petrolio. Ma il bando posto da Washington e l’isolamento professato dall’inquilino de “La Casona” ha progressivamente eroso le quote di mercato del Venezuela che ha cominciato ad importare sempre meno mentre cresceva la propensione alla spesa, conducendo ad un aumento incontrollato dell’inflazione, oggi stimata intorno al 56%. Paradossalmente, adesso in Venezuela ci sono milioni di smartphone ma manca la carta igienica.
Le risorse per l’istruzione sono terminate e la violenza dilaga, se si calcola che nel 2013 ci sono stati 23.000 omicidi, uno ogni 20 minuti. Il Venezuela oggi è una polveriera. Maduro probabilmente alla fine cederà : se vuole mantenere il potere dovrà introdurre delle riforme. A livello normativo e monetario creando le condizioni per attrarre investimenti diretti esteri e ridurre l’inflazione. La difficile situazione interna sta creando non poche difficoltà anche in politica estera. A dire il vero i pochi amici del Venezuela non godono di migliore salute: a Cuba, Raúl Castro ondeggia tra aperture timide e dichiarazioni di continuità col socialismo reale ed è molto concentrato su una difficile transizione da gestire, mentre l’Argentina sta cercando di recuperare credibilità internazionale dopo il default del 2001 e la vicenda Repsol e quindi non può farsi vedere troppo vicina ad un regime “scomodo” come quello venezuelano.
Forse l’amico più saldo che rimane a Maduro è l’Ecuador del presidente Correa, autodefinitosi “cristiano –socialista”, un altro esempio di attenzione alle condizioni del popolo e di contemporanea avversione a Washington. Insomma, la vecchia lezione dai tempi di Aristotele sembra essere sempre valida: non c’è sviluppo senza libertà .
Andrea Martire