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Bolsonaro, prove di nuova politica estera del Brasile

In 3 sorsiIl Presidente brasiliano eletto Jair Bolsonaro cambierà radicalmente la politica estera del suo Paese.

1. BOLSONARO È IL “TRUMP TROPICALE”?

Alle elezioni dell’ottobre scorso i brasiliani hanno scelto per la carica di presidente Jair Messias Bolsonaro, un politico ed ex militare noto principalmente per le sue affermazioni estreme e ai limiti del penale.
A causa delle sue posizioni la stampa non ha esitato a soprannominarlo, in maniera semplicistica, il «Trump tropicale». In effetti, Trump e Bolsonaro condividono alcune posizioni se non ideologiche almeno procedurali. Come il suo collega alla Casa Bianca, Bolsonaro ha mostrato disprezzo nei confronti delle Nazioni Unite («un raduno di comunisti») e nei confronti dell’Accordo di Parigi sul clima, da cui ha dichiarato di volersi ritirare (per sfruttare la Foresta Amazzonica). Inoltre ha affermato di preferire accordi bilaterali con altri Paesi, in netta cesura con la storia diplomatica del Brasile.
Tuttavia il suo slogan (che scimmiotta quello del Presidente USA), «make Brazil great again», è rivolto a rafforzare il Paese all’interno dei propri confini, piuttosto che all’esterno.
La politica estera non è stata uno dei principali soggetti trattati durante la campagna elettorale, pertanto Bolsonaro non ha esposto un programma chiaro e particolareggiato. A complicare la situazione, inoltre, concorre la mancata designazione al momento di un proprio proprio ministro degli Esteri. Pertanto, per ipotizzare lo sviluppo della politica estera del Brasile è necessario rifarsi alle affermazioni del neo Presidente.

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Fig. 1 – Il nuovo presidente Bolsonaro

2. I RAPPORTI VERSO L’AMERICA LATINA

È tradizione che il nuovo Presidente del Brasile, in occasione del suo primo viaggio all’estero, faccia visita al suo omologo argentino e viceversa, come segno del rapporto privilegiato tra le due più sviluppate economie del Sudamerica. Rompendo con la tradizione, Bolsonaro ha reso noto che come primo viaggio si recherà in Cile. La scelta dimostra sia la diminuita importanza del vicino albiceleste, piagato da un’inflazione galoppante e costretto a chiedere l’ennesimo piano di aiuti straordinario al FMI, sia la centralità del Cile per la nuova Amministrazione. Il Paese andino, infatti, con la sua solida economia liberista, è stato indicato come modello da seguire dal futuro ministro dell’Economia Paulo Guedes, formatosi presso l’Università di Chicago, culla dell’ultraliberismo di Milton Friedman. Inoltre, secondo alcuni osservatori, il presidente Bolsonaro è intenzionato a creare una alleanza di Governi liberali conservatori in America latina, della quale il Cile non può che essere uno dei tasselli principali.
A ulteriore riprova della perdita d’importanza dell’asse con l’Argentina, il futuro ministro Guedes ha avuto parole dure anche per il Mercosur, l’unione doganale che unisce Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela (anche se quest’ultimo è stato sospeso nel 2016). Il futuro membro del Governo ha infatti affermato che il Mercosur è un blocco molto restrittivo e dominato dall’ideologia politica bolivariana, e ha ribadito che il non sarà una priorità del nuovo esecutivo. Al momento non è chiaro se Bolsonaro voglia portare il Brasile nell’Alleanza del Pacifico (l’unione doganale che unisce Cile, Perù, Colombia e Messico) o addirittura nel nuovo Partenariato Comprensivo e Progressivo Trans Pacifico, ma le affermazioni del futuro ministro lasciano intendere questo possibile sviluppo.
Al di là delle scelte programmatiche, la prima emergenza che il neo Presidente dovrà affrontare è costituita dal Venezuela. Nonostante l’aumento del prezzo del petrolio la situazione economica e sociale del Paese non ha mostrato miglioramenti, senza che questo però minasse la forza di Maduro. Oltre a minacciare l’implosione del Paese caraibico, la crisi ha spinto 2,3 milioni di venezuelani all’esodo, in cerca di cibo e medicine. Nei confronti del Venezuela, Bolsonaro ha promesso di adottare una linea dura, tanto che, in seguito alla sua vittoria, in alcuni ambienti ha iniziato a circolare la voce che il neo Presidente, insieme al colombiano Duque e con l’appoggio USA, stesse organizzando unoperazione militare per rovesciare il Governo di Maduro. Bolsonaro si è affrettato a smentire l’ipotesi di un intervento armato − estremamente rischiosa in un Paese come il Venezuela, dove l’esercito è fedele al Presidente, − ma ha definito Maduro «un dittatore».

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Fig. 2 – Due futuri ministri del Governo che verrà: a sinistra il giudice Sergio Moro, a destra Paulo Guedes

3. RAPPORTI VERSO USA E RESTO DEL MONDO

Se negli anni di governo del Partito dei Lavoratori (PT) il Brasile si era orientato maggiormente verso una collaborazione Sud-Sud, privilegiando le relazioni con la Cina e i Paesi BRICS, il presidente Bolsonaro sembra intenzionato a spostare il focus nuovamente verso gli Stati Uniti di Trump. La Casa Bianca ha accolto con gioia la vittoria dell’ex militare in Brasile e si è detta pronta a collaborare su numerosi temi. Bolsonaro ha subito confermato la buonafede USA, annunciando il piano di trasferire l’ambasciata brasiliana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, come già fatto dall’Amministrazione Trump nel maggio del 2018.
L’annunciato asse tra Brasilia e Washington ha inquietato il Paese che più di ogni altri ha subito le prepotenti intemperanze commerciali di Trump, ovvero la Cina. Negli anni passati Pechino ha intrattenuto ottime relazioni politiche e commerciali con le Amministrazioni Lula e Dilma, che hanno avuto la conseguenza di far aumentare esponenzialmente gli investimenti del Celeste Impero, arrivati nel 2017 a 25 miliardi di dollari.
Già durante la campagna elettorale Bolsonaro ha attaccato gli investimenti cinesi, accusandoli di minare la sicurezza nazionale e «comprare» il Brasile. La vittoria di Bolsonaro ha creato inquietudini in Cina, dove molti temono che il nuovo “Trump tropicale” possa portare il proprio Paese dal lato degli USA nella guerra commerciale in atto.
Un eventuale peggioramento dei rapporti con la Cina avrà serie ripercussioni sull’economia verdeoro, strettamente legata a Pechino. La Cina infatti è il principale mercato per la soia e i minerali ferrosi brasiliani ed è la destinazione di circa il 20% delle esportazioni totali.
In generale, dalle sue affermazioni e da quelle dei suoi collaboratori, sembra che il Governo Bolsonaro voglia inaugurare una politica esterna in netta controtendenza con quella dei suoi predecessori. Solo il tempo e gli eventi ci diranno se questa volontà politica si tramuterà in un vero cambiamento o se rimarrà pura propaganda elettorale.

Umberto Guzzardi

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Umberto Guzzardi
Umberto Guzzardi

Nato a Novara nel 1991, appassionato di geopolitica, relazioni internazionali, storia antica e moderna, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna campus di Forlì. Ha trascorso vari periodi di studio all’estero, tra cui uno in Lituania ed un altro a Buenos Aires. Attualmente viaggia spesso per lavoro tra Europa e Africa.

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