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Qasem Soleimani, il guerriero della rivoluzione iraniana

Ristretto11 marzo 1957: nasce Qasem Soleimani, generale dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e protagonista di molti recenti conflitti in Medio Oriente. La sua uccisione all’inizio di quest’anno ha sconvolto gli equilibri della regione e portato Iran e USA sull’orlo di una guerra aperta.

Di umili origini, Soleimani lavora inizialmente nel settore edile per sostenere la famiglia. Col tempo entra nell’entourage di Ali Khamenei e finisce per essere coinvolto direttamente nella rivoluzione che abbatte il regime dello Shah nel 1979. Arruolatosi nei neonati Guardiani della Rivoluzione, Soleimani non ha alcun serio addestramento militare alle spalle ma si impone presto per personalità e dedizione alla causa, scalando rapidamente i vertici dell’organizzazione. A favorire la sua ascesa è anche la brutale guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, che apre le porte all’iniziativa e al coraggio (spesso suicida) dei giovani rivoluzionari iraniani. Durante il conflitto Soleimani combatte principalmente nel sud del Paese e si distingue in numerose operazioni contro le forze irachene, venendo anche ferito gravemente nel 1981. Più tardi conduce diverse azioni di guerriglia e sabotaggio in territorio nemico, stabilendo rapporti con le forze curde e sciite ostili al regime di Saddam. Questi contatti si riveleranno importanti in futuro e diventeranno uno dei perni della strategia politico-militare dell’Iran in Medio Oriente. Dopo la fine delle guerra con l’Iraq, Solemani ritorna nella provincia natale di Kerman e assume il comando dei locali Guardiani della Rivoluzione, guidandoli con successo nella lotta al narcotraffico proveniente dal vicino Afghanistan. Ma questa posizione secondaria dura poco: nel 1998 il regime lo mette infatti a capo delle Forze Quds, cioè le unità speciali e d’intelligence dei Guardiani, e gli affida il compito di rafforzare i legami del gruppo con i principali alleati di Teheran nella regione, tra cui Hezbollah e la Siria della famiglia Assad. La scelta è basata non solo sulle capacità militari di Soleimani, ma anche sulla sua fedeltà indiscussa alla rivoluzione islamica, testimoniata dal pieno supporto alla dura repressione delle proteste studentesche nel 1999. Il neo-comandante delle Forze Quds si rivela presto molto abile nel suo lavoro e finisce persino per collaborare indirettamente con gli USA nelle prime fasi della guerra contro talebani e Al-Qaeda in Afghanistan nel 2001.

Ma il flirt interessato con il “Grande Satana” americano dura poco: l’invasione dell’Iraq nel 2003 offre infatti all’Iran la possibilità di accrescere la propria influenza nel Paese vicino e Soleimani si mette subito al lavoro per sfruttarla adeguatamente, rispolverando i vecchi contatti sviluppati durante la guerra degli anni ’80 e supervisionando la creazione di varie milizie armate filo-iraniane. Queste azioni e il sostegno ad Hezbollah durante la guerra contro Israele nel 2006 lo trasformano in un bersaglio di primaria importanza per gli USA e i loro alleati regionali, ma il comandante iraniano riesce sempre a sfuggire ai tentativi di assassinio dei nemici. Nel 2011 Soleimani viene nominato generale da Khamenei e riceve l’incarico di aiutare Bashar al-Assad a reprimere la rivolta armata nata dalle proteste popolari contro il suo regime. Nella successiva guerra civile siriana, il generale iraniano gioca un ruolo chiave per la sopravvivenza politica di Assad e coordina con successo le operazioni di Hezbollah, Forze Quds e milizie sciite contro ribelli e jihadisti, riconquistando la città di Qusayr nel 2013 e sostenendo l’offensiva russo-siriana su Aleppo nel 2016. Nel frattempo Soleimani guida anche le milizie filo-iraniane in Iraq contro lo Stato Islamico, visitando spesso la linea del fronte. Grazie alla sua leadership, le milizie – insieme con curdi e Esercito iracheno – respingono le forze di Al-Baghdadi e riconquistano gradualmente il territorio del sedicente Califfato. Ma tale successo finisce per acuire il conflitto con Washington nel Paese arabo e per suggellare il destino finale del generale. Già nel mirino per il suo sostegno ad Assad, Soleimani viene ucciso con un drone a Baghdad il 3 gennaio 2020, per ordine diretto del Presidente Trump. L’omicidio porta letteralmente Iran e USA sull’orlo di una guerra aperta e la tensione si risolve solo dopo una breve rappresaglia missilistica degli iraniani contro le basi USA in Iraq, segnata però dal tragico abbattimento del volo ucraino PS752 vicino a Teheran. Ai funerali di Soleimani partecipa una folle immensa e ciò provoca persino dei morti a causa della calca durante la processione funebre. L’eredità del defunto generale è significativa: grazie a lui l’Iran ha rafforzato la propria influenza in Medio Oriente e Assad è sopravvissuto alla devastante guerra ancora in corso nel suo Paese. Resta però da capire se Teheran riuscirà a preservare tali risultati nel prossimo futuro, soprattutto in assenza del loro artefice principale.

Simone Pelizza

Usa 2020, Biden vince ancora contro Sanders nel “mini Super Tuesday”

Ristretto – Il mini Super Tuesday ha dato seguito al grande slancio dell’ex Vicepresidente Biden. Per Sanders ora si fa dura.

Libia: quale ruolo per l’Italia dopo la conferenza di Berlino?

In 3 sorsi- La conferenza di Berlino del gennaio scorso aveva l’obiettivo di stabilizzare la situazione sul campo ma non sono stati raggiunti i risultati sperati. Qual’è il ruolo dell’Italia in questa nuova fase?

Il Piano di Pace a forma di Israele

In 3 sorsi- Gli Stati Uniti hanno pubblicato il Piano di Pace (completo) per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Tuttavia la sua imparzialità e la problematicità del conflitto, lo rendono destinato a fallire.

Biden e Sanders alla sfida del “mini Super Tuesday”

In 3 sorsi Torna alle urne dopo il Super Tuesday il Partito Democratico: sei stati al voto e 365 delegati da assegnare. Vediamo insieme cosa accadrà nella sfida tra Biden e Sanders.

Riflessioni sulla quarantena del Basso Lodigiano

Pubblichiamo la testimonianza di un nostro collaboratore residente in uno dei Comuni che fanno parte della “zona rossa” sottoposta a quarantena in Lombardia nel tentativo di arginare l’epidemia di coronavirus. Una riflessione su come la globalizzazione e la tecnologia hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, messo a dura prova in queste difficili settimane.

Il Caffè di fronte alla Covid-19: continuare a raccontare ciò che accade nel mondo

EditorialeIn questi giorni, e chissà ancora per quanto a lungo ancora, l’Italia sarà sottoposta all’emergenza prodotta dall’epidemia del nuovo Coronavirus, che causa la sindrome Covid-19. Il dibattito è quasi interamente monopolizzato da questa vicenda, che sta avendo oggettivamente un impatto molto forte sulla vita quotidiana di chi vive nelle regioni più colpite, e più in generale in Italia. Si sente e si legge tutto e il suo contrario; in una situazione del genere, mai vissuta prima, è comprensibile che il cittadino medio – privo delle necessarie competenze medico-scientifiche – si senta disorientato e preoccupato per quello che potrebbe succedere.

Il destino di Idlib

Analisi – La regione di Idlib rimane a oggi una delle ultime roccaforti dei ribelli contro il regime di Assad, l’ultima battaglia da vincere in una logica di riconquista e controllo di tutto il territorio siriano. Dopo nove anni di guerra civile, la diplomazia tra gli attori in campo sembra non essere una strada percorribile, mentre l’emergenza umanitaria dei civili coinvolti continua a perpetrarsi sotto gli occhi di una comunità internazionale inerme.

Good morning Vietnam: approvato l’accordo di libero scambio con l’UE

In 3 sorsi Il 12 febbraio il Parlamento Europeo in seduta plenaria ha approvato il nuovo accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e la Repubblica Socialista del Vietnam. È il secondo accordo di libero scambio che il Parlamento Europeo approva con uno degli Stati membri dell’ASEAN, dopo quello con Singapore. Esso racchiude, oltre all’eliminazione della maggior parte delle barriere tariffarie per beni e servizi, anche delle sezioni dedicate al rispetto dei diritti umani e del lavoratore e alla lotta contro il cambiamento climatico.

L’Iran alle urne: i risultati e le delusioni

In 3 sorsi- Il vista delle elezioni parlamentarie del 21 febbraio, le continue ostilità tra l’amministrazione americana e l’apparato degli Ayatollah hanno portato ad una polarizzazione dell’arena politica iraniana, favorendo l’ala conservatrice.

USA 2020, nel Super Tuesday rimonta di Biden, Sanders al secondo posto

Ristretto – I risultati delle votazioni nella tornata del Super Tuesday hanno determinato la vittoria di Joe Biden in 10 stati USA. Sanders si è qualificato al secondo posto, con 4 stati tra cui la California (che assegna ben 415 delegati). Vediamo insieme cosa è successo nel dettaglio.

La Russia e la minaccia del jihadismo

Analisi – La Russia negli ultimi anni è stata colpita da diversi piccoli attacchi terroristici ed è in crescita la radicalizzazione in alcune aree del Paese. Cosa fa Mosca per affrontare tale minaccia?

L’EVOLUZIONE JIHADISTA

Le principali aree a rischio terrorismo sono indubbiamente quelle ove la Russia ha concentrato la maggior parte delle attività di antiterrorismo e controterrorismo: nel Caucaso settentrionale, nel Daghestan, in Cecenia, nell’Inguscezia e nel Kabardino-Balkaria. Nelle aree citate sono operative due organizzazioni jihadiste, quelle legate ad al-Qa’ida, come l’Emirato del Caucaso (Imarat Kavkaz – IK) e il Battaglione Imam Shamil, e lo Stato Islamico con la Wilayah al-Qawqaz, (ISWQ).  Negli ultimi anni, Stato Islamico (IS) e al-Qa’ida hanno reclutato numerosi combattenti nelle aree sopra citate, non solo sfruttando i frustrati sentimenti indipendentisti locali ma anche a causa degli abusi della polizia russa che hanno contribuito ad alimentare la radicalizzazione e il reclutamento jihadista. I reclutatori prendono di mira specificamente i ceceni, i lavoratori migranti in Russia e i giovani musulmani, sfruttando le loro difficili condizioni economiche e sociali. Tra i reclutati ci sono anche numerosi kirghisi emigrati in Russia che vengono radicalizzati dalla reti ribelli cecene attive nei centri di accoglienza russi. Al-Qa’ida e IS reclutano specificatamente i ceceni a causa del loro avanzato addestramento militare dovuto ad anni di combattimenti contro la Russia. 

L’attuale leader di al-Qa’ida, Ayman al-Zawahiri, ha trascorso diversi mesi nella regione del Caucaso nel 1996 prima di diventare il secondo in comando del gruppo qaedista.  Al-Zawahiri ha più volte affermato nei video del gruppo che il Caucaso deve essere un rifugio sicuro per i jihadisti di tutto il mondo.  Doku Umarov, alias Dokka Abu Usman, era un leader ribelle ceceno legato ad al-Qa’ida che ha combattuto contro la Russia in entrambe le guerre cecene.  Dopo che la Russia ha assunto il controllo della Cecenia nel 2007, Umarov è diventato l’emiro fondatore dell’Emirato del Caucaso (IK), con l’obiettivo di espellere le forze russe e formare un califfato nella regione.  In numerose dichiarazioni prima della sua morte, avvenuta nel 2013, Umarov affermò che il gruppo avrebbe preso di mira i russi e chiunque facesse la guerra contro l’Islam e i musulmani. L’IK ha ripetutamente dichiarato fedeltà ad al-Qa’ida e al suo leader, al-Zawahiri.  Umarov ha coordinato diversi attacchi terroristi interni, tra cui l’attentato del 2009 a un treno pendolare tra Mosca e San Pietroburgo, gli attentati suicidi del 2010 nella metropolitana di Mosca e l’attentato all’aeroporto di Mosca del 2011. 

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Fig. 1 – Sospetti membri dello Stato Islamico arrestati durante un raid della polizia a Mosca, dicembre 2019

Nel 2014 è divenuto operativo anche il Battaglione Imam Shamil, divenuto noto nell’aprile 2017, quando ha rivendicato la responsabilità dell’attentato alla metropolitana di San Pietroburgo.  Nella sua dichiarazione, il gruppo ha affermato che l’attacco era stato ordinato dal direttamente dal leader qaedista Ayman al-Zawahiri e che aveva quindi agito per conto di al-Qa’ida nel Caucaso per combattere la Federazione Russa.

Nel 2014, diversi jihadisti ceceni e del Daghestan dell’IK hanno promesso fedeltà al defunto leader dello Stato Islamico (IS) Abu Bakr al-Baghdadi, che nel giugno 2015, ha annunciato la creazione della Wilayat Qawqaz, con a capo l’ex militante qaedista Muhammad al-Qadarī. A giugno 2019, l’Islamic State Wilayat Qawqaz (ISWQ) ha pubblicato un breve video in cui i militanti della provincia del Caucaso, parlando in russo e definendosimujaheddin dello Stato Islamico in Russia”, rinnovavano il loro giuramento di fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdādī, giuramento confermato al nuovo califfo al-Qurayshi nei mesi scorsi.

La Russia, infine, nonostante abbia riconosciuto i talebani come un’organizzazione terrorista, ha, sin dal 2007, sempre mantenuto contatti con essi. Dal 2018 ha concretamente, iniziato a dialogare in modo informale, con i talebani, avviando così una strategia diplomatica volta alla riappacificazione tra talebani e il Governo di Kabul per motivi di sicurezza, in particolare lungo il confine afghano-tagiko-uzbeko, ove sono crescenti le infiltrazioni di rifugiati, narco-trafficanti, contrabbandieri di armi e del terrorismo transnazionale, in particolare della cellula afghana dello Stato Islamico (ISK).

IL RISCHIO FOREIGN FIGHTERS

La Russia teme l’ascesa del terrorismo jihadista nel Paese, in primis dello Stato Islamico. Il Cremlino ha stimato che tra i 3,500 e i 5000 foreign fighters russi stavano combattendo tra le fila dell’IS in Siria e in Iraq. La Russia è stato tra i primi Paesi a organizzare i ritorni di tali cittadini e delle loro famiglie. La maggior parte delle persone rimpatriate sono donne e bambini, originari principalmente delle repubbliche islamiche russe nel Caucaso.  La FSB ha identificato 70 cellule terroristiche, 38 delle quali affiliate all’IS, in 24 regioni del Paese. Il ritorno in Russia delle donne e bambini di membri dell’IS è complicato.  Distinguere le vittime dai carnefici non è facile, né lo è stabilire chi diventerà o meno una minaccia futura poiché molti foreign fighters sono stati usati dai leader jihadisti come reclutatori o autori di attentati terroristici. Ad oggi nessuno di quelli rientrati, donne e bambini compresi, sono stati sorpresi a partecipare alle operazioni jihadiste in Russia.  Tuttavia, il meccanismo di riabilitazione è complicato e c’è il rischio che i loro problemi e traumi psicologici li inducano a radicalizzarsi o a farlo di nuovo.

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Fig. 2 – Operazione antiterrorismo in un villaggio del Daghestan, novembre 2019

ANTITERRORISMO E CONTROTERRORISMO

L’attività terroristica rimane un importante problema per Mosca nelle aree indicate, nonostante gli aumenti delle attività di antiterrorismo e gli sforzi di consolidamento politico. Le forze russe impegnate nell’ambito dell’antiterrorismo e del controterrorismo sono la FSB, i servizi segreti della Federazione Russa e le forze della Guardia Nazionale, formate nell’aprile 2016, che hanno il compito di combattere l’estremismo, il terrorismo e di mettere in sicurezza i confini del territorio russo.

Per ciò che concerne la legislazione antiterrorismo, Mosca ha approvato nel luglio 2016 la Yarovaya law, composta da diversi emendamenti per il contrasto del terrorismo e dell’estremismo, tra cui l’ampliamento dei poteri delle forze dell’ordine, nuovi requisiti per la raccolta dei dati, potenziamento del controllo nel settore delle telecomunicazioni e una maggiore regolamentazione delle attività religiose, incluso il divieto di svolgere azioni missionarie in contesti non religiosi. La mancata denuncia di atti di terrorismo e la sua esortazione sui social media, inoltre, sono riconosciuti come reati. Nello stesso anno, è stata approvata la creazione di un sistema informale per la registrazione biometrica dei dati e delle operazioni di intelligence. A maggio 2019, la Russia ha modificato, inasprendola, la legge federale relativa alle procedure di uscita e ingresso nel Paese.

Per que che riguarda il contrasto al finanziamento del terrorismo, la Russia è un membro della Financial Action Task Force (FATF), del Council of Europe’s Committe of Exports, dell’Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism e del Comitato di esperti sulla valutazione delle misure antiriciclaggio e sul finanziamento del terrorismo (MONEYVAL).  Il servizio federale di monitoraggio finanziario russo (Rosfinmonitoring) è membro dell’Egmont Group of Financial Intelligence Units. La Russia è, inoltre, membro del Global Counterterrorism Forum (GCTF) e partecipa attivamente a diverse organizzazioni multilaterali, tra cui il Summit dell’Asia orientale (EAS), la Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) e il Forum regionale dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). Per quanto riguarda la cooperazione regionale e internazionale, la Russia ha aumentato significativamente i propri sforzi antiterrorismo, concludendo accordi bilaterali in materia di sicurezza con Afghanistan, Australia, Cina, India, Kirghizistan, Uzbekistan, Nigeria, Pakistan, Serbia, Turchia e Unione Europea.

 Daniele Garofalo