In 3 sorsi – Anche se non costituisce uno scenario prioritario, negli ultimi anni il Brasile ha sviluppato importanti relazioni politiche ed economiche con i Paesi arabi per rafforzare la propria posizione sia in Sud America, sia nel resto mondo.
1. GLI ANNI DI LULA: IL PROTAGONISMO DEL BRASILE VERSO I PAESI ARABI
I rapporti tra il Brasile e il mondo arabo risalgono agli ultimi decenni del XIX secolo, quando centinaia di migliaia di sudditi dell’allora Impero Ottomano si rifugiarono in Brasile, fuggendo dalla miseria. La maggior parte di loro era costituita da libanesi e siriani di religione cristiana, che si rifugiavano oltremare anche per sfuggire alle persecuzioni religiose. Nonostante la presenza di questa importante comunità, la diplomazia brasiliana si interessò molto poco del mondo arabo per gran parte del XX secolo, preferendo rivolgersi invece ad aree più vicine e più strategicamente rilevanti quali America latina, Stati Uniti ed Europa. È stato solo durante gli anni della presidenza di Luiz Inacio da Silva (2003-2011), meglio conosciuto come Lula, che il Brasile ha sviluppato una politica estera coerente e attiva verso il mondo arabo. Supportato da anni di robusta crescita dell’economia e incoraggiato da un contesto internazionale sempre più multilaterale, l’esecutivo brasiliano ha deciso in quel periodo di far valere il proprio peso politico ed economico anche su palcoscenici internazionali nuovi e poco frequentati in passato. Inoltre, la politica attiva di Lula verso il mondo arabo era collegata alla pretesa brasiliana, condivisa dagli altri Paesi del gruppo BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), di ergersi a nuovo polo internazionale in contrapposizione all’Occidente.
Mosso da queste motivazioni, l’esecutivo di Lula ha aperto nuove missioni diplomatiche in Oman, in Qatar, in Libano e anche in Palestina, dove ha fondato un ufficio a Ramallah. Nel 2010, inoltre, il Governo brasiliano ha deciso di riconoscere lo Stato palestinese all’interno dei confini del 1967, comprendenti quindi anche Gaza e Gerusalemme Est. La decisione del Brasile e il suo peso internazionale hanno spinto in pochi anni gli altri Paesi del continente (a eccezione della Colombia) a compiere la stessa mossa. Per non rovinare i rapporti con Israele, tuttavia, Brasilia non ha elevato allo status di ambasciata la propria missione a Ramallah e, allo stesso tempo, si è impegnata ad agire come mediatore nel processo di pace tra i due Paesi. Il Presidente inoltre ha dato il proprio contributo personale a questa politica di coinvolgimento con numerosi viaggi nelle capitali arabe, diventando il primo capo di Stato brasiliano a visitare questa regione del mondo dai tempi della visita dell’imperatore Pietro II nei territori dell’allora Impero Ottomano.
Oltre che sul piano politico, negli anni del presidente Lula il Brasile ha rafforzato le proprie relazioni con il mondo arabo anche dal lato economico, perseguendo sia la via bilaterale, sia quella multilaterale, con il coinvolgimento dell’intero continente. A tal proposito, le iniziative più importanti sono state la stipula del trattato di libero scambio tra l’Egitto e il blocco del Mercosur e la creazione del vertice ASPA tra i Paesi dell’Unasur e i Paesi della Lega Araba, la cui prima seduta si è svolta nel 2005 proprio in Brasile, a San Paolo. Grazie a queste iniziative, l’interscambio commerciale tra Brasile e Paesi arabi è passato dai 5,5 miliardi di dollari del 2005 ai 20 miliardi del 2008. Anche l’intera area sudamericana ha beneficiato, seppur in maniera minore, dell’azione di Brasilia, come dimostra la crescita dell’interscambio da 10 a 30 miliardi.
Fig. 1 – Il presidente Lula rende omaggio alla tomba di Arafat a Ramallah.
2. GLI ANNI DI DILMA: LE PRIMAVERE NEI PAESI ARABI
Dopo la sua elezione nel 2011, Dilma Rousseff ha proseguito la politica del suo predecessore, partecipando al III Summit dell’ASPA a Lima e sostenendo la richiesta della Palestina di acquisire lo status di Paese Osservatore presso l’ONU. Tuttavia, come per il resto del mondo, le relazioni del Brasile con i Paesi arabi hanno subito importanti modifiche a causa della serie di rivolte, generalmente conosciute come Primavere Arabe, che hanno sconvolto la regione dal 2011. Di fonte a questo mutato contesto, Brasilia in generale ha mantenuto una posizione di non ingerenza, condannando allo stesso tempo le violenze e auspicando una risoluzione pacifica dei conflitti interni attraverso la mediazione dell’ONU e della Lega Araba. Inoltre, il Brasile ha dimostrato il proprio supporto nei confronti dei nuovi Governi democratici di Tunisia ed Egitto, sorti in seguito al rovesciamento relativamente non violento dei precedenti regimi.
Quando però in seno al Consiglio di Sicurezza si è deciso di votare sulla Risoluzione 1973 a proposito del conflitto civile in Libia, che richiedeva un immediato cessate-il-fuoco e autorizzava la comunità internazionale a istituire e far rispettare una zona di interdizione al volo, il Brasile, insieme a Russia, Cina, India e Germania, ha deciso di astenersi. Il Governo verde-oro ha giustificato la propria scelta con la preoccupazione che un intervento militare potesse esacerbare le violenze e rendere ancora più difficile la vita dei civili, come in effetti è avvenuto. Il Paese sudamericano ha mantenuto la stessa posizione anche riguardo alla guerra in Siria, opponendosi a un intervento militare straniero e incoraggiando invece la mediazione internazionale.
Fig. 2 – Dilma Rousseff insieme ad altri leader mondiali.
3. GLI ANNI DI TEMER: LA DEBOLEZZA DEL BRASILE
La grave crisi economica e le clamorose inchieste giudiziarie che hanno sconvolto il Brasile dal 2013 hanno causato importati stravolgimenti anche nella politica estera. Privo di legittimità popolare e falcidiato da continui scandali (tra cui lo scandalo Odebrecht), il nuovo esecutivo guidato da Michel Temer è stato costretto a concentrarsi sulla gestione interna del Paese e a condurre una politica estera molto più dimessa e limitata. Complice l’intricata e instabile situazione dello scacchiere mediorientale, il Governo ha abbandonato ogni velleità di ergersi ad attore politico o di proporsi come paciere tra Israele e Palestina. Nonostante ciò, il Brasile ha continuato a coltivare le proprie relazioni economiche con tutte le principali economie dell’area, raccogliendo i frutti del lavoro svolto dalle precedenti Amministrazioni. A tale proposito, lo scorso aprile si è tenuta a San Paolo la riunione del Forum Economico tra Brasile e Paesi arabi. In quest’occasione, il presidente Temer, che ha partecipato all’incontro insieme al ministro delle Finanze Meirelles, ha ribadito l’importanza dell’interscambio commerciale con il mondo arabo, nonché la collaborazione in aree quali sicurezza alimentare, energie rinnovabili e turismo. Temer, inoltre, ha annunciato che il blocco Mercosur sta proseguendo i negoziati per la firma di un accordo di libero scambio con la Giordania e il Libano (Paese natale dei genitori del Presidente) e che ha ripreso il dialogo con il Marocco e la Tunisia.
Dietro queste dichiarazioni, tuttavia, si cela uno scenario molto meno promettente rispetto ai tempi della Presidenza Lula: l’interscambio con i Paesi arabi ammonta più o meno alla stessa cifra del 2008 e interessa principalmente i beni agricoli, mentre i negoziati in corso riguardano economie forse dinamiche, ma piccole e limitate, e per giunta continuamente minacciate dal rischio di instabilità politica.
Fig. 3 – Temer e il Ministro Meirelles al summit arabo-brasiliano.
Umberto Guzzardi
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Dopo la semifinale dei Mondiali brasiliani del 2014 si è verificato un altro acceso scontro diplomatico tra Brasile e Israele. Potete leggere qui la cronaca di allora [/box]
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